venerdì31 Marzo 2023
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Giornata mondiale contro l’AIDS

Il 1 dicembre, si celebra la giornata mondiale contro l’AIDS. Dal 1981 il virus dell’HIV ha contagiato circa 60 milioni...

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Il 1 dicembre, si celebra la giornata mondiale contro l’AIDS.

Dal 1981 il virus dell’HIV ha contagiato circa 60 milioni di persone e ne ha uccise circa 25 milioni, un numero, purtroppo, tutt’ora in crescita.

Questa giornata è dedicata alla conoscenza di questo virus, così che coloro che vengono contagiati siano ogni anno di meno per arrivare così, in futuro, a sconfiggere questa epidemia tra le più distruttive che la storia conosca.

Le origini

Il virus dell’HIV deriva dalla SIV, il virus dell’immunodeficienza delle scimmie, trovato su alcuni primati dell’Africa che, tramite caccia e vendita di pelle di scimmia, l’hanno trasmesso agli uomini. Il colonialismo ha poi probabilmente facilitato la diffusione umana con epidemie scoppiate tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX.

Era il 5 giugno 1981 quando l’AIDS, acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrom (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) venne riconosciuto ad Atlanta, associato a 5 casi di polmonite.

Inizialmente si notò che l’espansione del virus era limitata alle comunità omosessuali e haitiane e tra gli eroinomani ed emofiliaci, venendo inizialmente chiamata la malattia della 4h, anche se nel 1982, dopo aver notato come la malattia si diffondesse anche al di là di queste quattro comunità, il virus prese definitivamente il nome di HIV.

Virus e malattia

HIV e AIDS sono due cose diverse per quanto spesso associate fra di loro come sinonimi. In maniera molto semplificata, si può dire che l’HIV è il virus, l’AIDS è la malattia che può portare il virus.

L’HIV appartiene alla famiglia dei retrovirus che si trasmettono tramite il sangue e le mucose.

Una volta che il virus entra nelle cellule, ne modifica il DNA e si moltiplica assieme alle cellule ogni volta che queste si moltiplicano.

Esistono due tipi di trasmissione: a trasmissione orizzontale, cioè tramite rapporti sessuali, trasmissione di sangue infetto con trasfusioni o contaminazione tramite aghi sporchi con il virus.

La seconda modalità è la trasmissione verticale, ovvero da madre a figlio con il latte materno o durante il parto.

Impatto sociale

A causa della natura dei primi contagi, associati a comportamenti come il consumo di droghe, l’omosessualità e in generale uno stile di vita trasgressivo e fuori dai canoni di rispettabilità dei tempi, si tendeva a giudicare l’individuo malato come un “cattivo elemento”, non come un malato, portandolo ad essere pregiudicato.

Inoltre inizialmente la paura per questo virus era tanta e dovuta anche all’alta mortalità che comportava e all’ignoranza che vigeva su di esso: non si conoscevano bene le modalità di trasmissioni, si temeva che anche uno semplice scambio di saliva come un colpo di tosse o uno starnuto potesse portare al contagio.

Il risultato fu che si tendeva a nascondersi, a sentirsi non malati, ma infetti, diversi, timorosi del giudizio e delle condanne sociali a cui si andava in corso, anche se appunto non erano solo le persone che vivevano una vita estrema a contrarre il virus.

Famoso è stato il caso di Ryan Wayne White, ragazzo emofiliaco che nel 1984 fu contagiato dopo una trasfusione di sangue infetto.

Nonostante i medici avessero escluso la possibilità di contagio, lo stigma dato dal virus impedì al ragazzo di tornare a scuola a causa delle proteste di insegnanti e genitori.

Da lì si aprì una lotta giudiziaria che avrebbe portato il ragazzo a diventare una delle figure principali per la lotta contro le discriminazioni sui malati e sieropositivi.

La morte di Ryan White avvenne nel 1990, 6 anni dopo il contagio.

La sua storia ispirò star come Elton John e Michael Jackson che divennero amici del ragazzo, e personaggi come Magic Johnson che spiegò in televisione le modalità di diffusione della malattia, aiutando così l’America ad andare oltre i pregiudizi e le credenze sociali.

Nel 1990, poco dopo la morte di Ryan White, il Congresso degli Stati Uniti proclamò il Ryan White Care Act, atto per contrastare l’AIDS.

Il virus ai giorni nostri

Oggi le modalità di trasmissione sono conosciute e non avvengono quasi più tramite trasfusioni infette ma tramite rapporti sessuali non protetti.

La lotta per la prevenzione non è finita e ad oggi, secondo l’OMS, si contano circa 37 milioni di persone che vivono con il virus, la maggior parte di esse vive in Africa.

Grazie alle cure e alla profilassi, i casi di mortalità sono nettamente diminuiti, ma nei paesi più poveri ci sono circa 14 milioni di bambini lasciati orfani dal virus.

Questa guerra quindi è ancora in corso e viene combattuta su diversi fronti, come prevenzione, cura o ricerca.

Ricordiamo quindi oggi questo virus e le conseguenze che la sua diffusione ha comportato, sia a livello medico che a livello sociale e speriamo che ben presto la ricerca moderna riesca a trovare una cura definitiva e possa così debellare la malattia.

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