Il 7 gennaio 1899 nasce a Parigi Francis Poulenc.
Pianista e compositore, fa parte con Darius Milhaud, Arthur Honegger, Germaine Tailleferre, Georges Auric e Louis Durey del cosiddetto gruppo dei sei che, nel primo dopoguerra, con l’appoggio dello scrittore Jean Cocteau – per dirlo molto sinteticamente – raccoglie l’eredità di Erik Satie.
Tra ironia e meditazione
Con uno spirito nazionalista che tende alla rifondazione della musica dell’epoca, e prendendo le distanze dal wagnerismo, dai romantici e da Debussy, le sue composizioni sono pervase da un’anima squisitamente francese e mirano a tradurre, talvolta senza privarsi di una chiave ironica, le sfumature tipiche delle atmosfere indefinite dell’impressionismo, inserendo spesso, accanto ad un gusto per l’umorismo e lo scherzo, una vena di una malinconia meditativa.
Il connubio di musica e parola
Tra i risultati della copiosa produzione di Poulenc, è interessante ricordare gli splendidi componimenti che nascono affiancati ai testi poetici di grandi della letteratura francese, quali quelli di Jean Cocteau, con l’opera teatrale La voix humaine del 1959, di Guillame Apollinaire, con le liriche per canto e pianoforte Le Bestiaire del 1919 e, sempre per voce e pianoforte Tel jour, tel nuit del 1937 su versi di Paul Éluard; si tratta di alcune tra le opere più belle di Poulenc, in cui tutta la musicalità del linguaggio verbale e di quello musicale si fondono alla perfezione in un unico sublime discorso.