Afragola (Na). Ieri mattina nella chiesa del Sacro Cuore è stato ricordato il maresciallo dell’Arma dei carabinieri Gerardo D’Arminio, originario di Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno, assassinato dalla criminalità organizzata il 5 gennaio del 1976. Dopo 46 anni, l’esempio e le gesta di un grande servitore dello Stato restano imperiture. Carabinieri, polizia Municipale, associazioni e rappresentanti delle istituzioni, tra cui la fascia tricolore Antonio Pannone, hanno ricordato il maresciallo D’Arminio, ponendo una corona sul busto in memoria dello sesso, situato in piazza Gianturco, lì, dove fu ammazzato con sette colpi di lupara, dinanzi alla vetrina di un negozio, mentre teneva la mano del figlio di soli 4 anni, intento a scegliere una bicicletta per il regalo dell’Epifania. Dopo l’omicidio, si costituì Vincenzo Moccia, all’epoca minorenne ed esponente dello stesso clan.
Il ricordo
D’Arminio ancora oggi viene ricordato come un fulgido esempio, investigatore di razza tra Palermo e Napoli, tante le operazioni e gli arresti messi a segno grazie al suo intuito, concepiva la divisa come una seconda pelle. Maria Saccardo, referente dell’associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie così si è pronunciata in piazza: “E’ doveroso ricordare il maresciallo D’Arminio ed il tenente colonnello Magazzeno, i due hanno lavorato insieme per anni, con Magazzeno, scomparso da poco, volevamo costruire un gemellaggio tra Montecorvino Rovella ed Afragola, purtroppo lo faremo senza di lui. A Montecorvino faremo arrivare il secondo busto di D’Arminio, realizzato dai ragazzi del liceo Artistico Isis Emilio Sereni, purtroppo il covid ha rallentato questi progetti. Come presidio di Libra, sapevamo bene di tre difficoltà: la prima, non si poteva nominare il clan storico, la seconda che non si doveva parlare del maresciallo D’Arminio e la terza occuparci dei beni confiscati. Avemmo quindi questa intuizione, di andare a posizionare il busto del maresciallo nella piazza dove fu assassinato, D’Arminio resta ed è un faro per l’intera collettività, come una sorta di riscatto per un popolo che è stato accusato sempre di essere omertoso, ma non è così, perché sappiamo bene che c’è tanta brava gente tra gli afragolesi, il problema è che non si riesce a fare squadra. A distanza di tanti anni, ancora oggi chiediamo verità e giustizia, l’ordine di uccidere D’Arminio non partì da Afragola, ma da più lontano, dopo l’omicidio il maresciallo fu accusato di essere un corrotto, ovviamente bastò poco per smontare queste sterili ed inesistenti calunnie”.