Il 9 gennaio 1950, la CGIL aveva organizzato a Modena uno sciopero perché erano stati licenziati numerosi operai delle Fonderie Riunite. In seguito a tafferugli, la polizia sparò sulla folla, uccidendo sei persone e ferendone più di cento.
Crisi industriale nel secondo dopoguerra
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, le industrie metallurgiche e siderurgiche dovettero affrontare un periodo di grave crisi economica, poiché la produzione di strumenti bellici era logicamente del tutto ridotta. Inoltre, in epoca fascista gli imprenditori erano stati liberi di soffocare le rivendicazioni dei lavoratori, abbattendo i costi di produzione, con la riduzione degli stipendi. Cosicché diverse proteste di operai furono represse con il sangue e anche se l’Italia era ormai una Repubblica, le modalità di intervento delle forze dell’ordine e dell’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba risentivano ancora della repressiva eredità fascista; molti operai e braccianti che erano stati partigiani in guerra furono, nel dopoguerra, arrestati a causa delle loro rivendicazioni di diritti e reddito. Nel 1948 fu promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana che segnava una forte cesura con il passato, ma le istituzioni e in particolare la polizia non smisero di mettere in atto meccanismi tipici dell’epoca appena conclusa. In effetti, alcuni elementi della legislazione precedente erano ancora in vigore, come il Testo Unico di pubblica sicurezza del 1931, dunque anche per questo motivo, il controllo dell’ordine pubblico avveniva secondo modalità non consone a uno Stato repubblicano. Con le elezioni del 18 aprile 1948 la Democrazia Cristiana vinse e molti agrari e imprenditori di estrazione cattolica riaffermarono il proprio potere sui luoghi di produzione. Parallelamente la CGIL cercava di insorgere a difesa dei lavoratori, così fu in questo clima postbellico che, a Modena, si creò una situazione di conflitto fra imprenditori e lavoratori, degenerata poi in eccidio.
Strage fra i manifestanti
Il 17 novembre del 1949 l’imprenditore Adolfo Orsi proprietario delle Fonderie Riunite aveva abolito il cosiddetto “cottimo collettivo”, nonché tutte le attività sindacali in fabbrica. I lavoratori reagirono con degli scioperi, ma alla fine di dicembre, Orsi affisse un comunicato, in città, in cui dichiarava che le Fonderie Riunite sarebbero state chiuse fino al 9 Gennaio 1950 (una “serrata”) e poi sarebbero state riaperte con la metà degli operai, che passavano così da 560 a 250. I lavoratori continuarono a creare picchetti intorno allo stabilimento, mentre la CGIL organizzò uno sciopero generale proprio per la giornata del 9 gennaio. C’erano diverse migliaia di manifestanti che volevano arrivare vicino alla fabbrica, furono lanciati alcuni sassi e scoppiarono dei disordini, per cui i carabinieri aprirono il fuoco sulla folla uccidendo alcuni lavoratori e ferendone moltissimi altri. Le vittime furono: Angelo Appiani, meccanico di 29 anni, Arturo Malagoli, bracciante di 20 anni, Arturo Chiappelli, netturbino di 42 anni, Roberto Rovatti, operaio di 35 anni, Ennio Garfagnini, carrettiere di 20 anni e Renzo Bersani, calzolaio di 21 anni. Circa 140 persone rimasero ferite e molti di loro non sporsero denuncia per paura di essere a loro volta denunciati o perseguitati. Ci furono infatti quasi cento arresti, di cui però la maggior parte furono rilasciati nel giro di pochi giorni. Dalle istituzioni fu dichiarato che la polizia e i carabinieri avevano agito a scopo difensivo, mentre i sindacalisti sostenevano che gli operai non erano armati. Proteste e scioperi furono organizzati in diverse città italiane, a sostegno delle persone uccise, mentre la CISL decise di non prendere parte alle manifestazioni.
La canzone
Per l’occasione fu scritta una canzone, sulla stessa melodia di altri canti dell’epoca per proteste affini: Il 12 dicembre a Matina, sugli operai licenziati a Terni nel ’53 oppure La canzone dell’Arneo, sull’occupazione delle terre in Puglia nel ’51. La melodia originale è tipica dei cantastorie e risale a un brano pacifista della Prima Guerra Mondiale, Addio Padre. Le parole sono state scritte da Bruna Montorsi una cantante e maestra, oggi in pensione, che porta avanti progetti sulla storia orale, laboratori di educazione alla cittadinanza ecc. Attualmente canta nel coro “Le cence allegre” che riscrivono canti sociali, riadattandoli a vicende contemporanee e porta avanti collaborazioni con cooperative femminili del Burkina Faso, dove si reca periodicamente per svolgere attività di volontariato.
Qui al link si può ascoltare una versione corale con le parole di Bruna Montorsi:
Fu nel ‘50, in un giorno nefasto
sparsero sangue il 9 di gennaio
han trucidato 6 giovani operai
che protestavano per chieder lavor.
Il proprietario delle fonderie
una serrata aveva ordinato
ma gli operai avevan lottato
ma per difendere il posto di lavor.
Il boss fascista Adolfo Orsi
e Mario Scelba suo degno compare
a sangue freddo fecero sparare
su quella folla seminando terror.
Angelo Appiani, Arturo Malagoli,
Chiappelli Arturo e Renzo Bersani
E poi Rovatti e Garagnani
Furon colpiti dal piombo crudel.
E Piazza Roma in due ore è gremita
di una gran folla tra rabbia e sgomento
qualcuno grida è arrivato il momento
della riscossa della rivoluzion.
Trecentomila lavoratori
ai funerali sfilarono muti
passi pesanti, Modena è in lutto
per cento anni nel lutto sarà.