Un campione mondiale in centro detentivo
La quarantena a Melbourne di Novak Djokovic si è rivelata più sgradevole del previsto scatenando conseguenze inaspettate. Il centro per rifugiati Park Hotel, in cui si trova attualmente come ospite, è ritenuto uno dei più inospitali luoghi di detenzione per richiedenti asilo; in effetti l’Australia è rinomata per le pratiche di esclusione dei migranti, per le quali le è stato affibbiato l’epiteto di “Fortezza Australia”. Intanto Djokovic riceve parole di sostegno dal suo paese d’origine, la Serbia, su Twitter e gli altri social, in cui i suoi fans si domandano perché sia capitato proprio a lui, a un campione mondiale, di essere accolto in modo così spregevole. Lo stesso modo in cui vengono trattate tante altre persone recluse, solo perché in cerca di protezione o di un destino migliore. Intanto un giudice dovrà decidere se sarà concesso a Djokovic di partecipare agli Open Australian, pur non essendo vaccinato. Nella stessa situazione si trova, in questi giorni, la tennista Ceca Renata Voracova, anche lei non vaccinata e ospite del Park Hotel di Melbourne, che ha però deciso di lasciare l’Australia e cancellarsi dal torneo. Il resto delle persone che soggiornano in questo enorme albergo, a differenza dei due sportivi, sono in attesa in stato detentivo, senza poter uscire fino della decisione dei giudici riguardo ai loro documenti. Attese che possono protrarsi per mesi o addirittura anni, tanto che alcuni di loro hanno vissuto lì buona parte della propria giovinezza.
Miccia esplosiva
La vicenda di Novak Djokovic ha causato il riaccendersi di una serie di tensioni legate alla presenza di migranti al Park Hotel; in particolare il Guardian ha raccontato la storia di un rifugiato iraniano, Mehdi Ali, che ha vissuto dentro quella struttura per più di dieci anni. Davanti al centro di detenzione, si sono ritrovate numerose associazioni che difendono i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, per protestare contro il governo australiano, insieme anche a preti ortodossi e cittadini comuni. I gesti di disapprovazione sono stati numerosi e in sostanza ciò che viene richiesto dai manifestanti è che siano liberati sia Novak che i rifugiati, come emerge anche da un cartello in una foto pubblicata da Androknos: “Free the refugees, free Novak”. Libertà da un posto terribile, dove il cibo scarseggia o è di scarsa qualità e le condizioni igienico-sanitarie lasciano a desiderare.
“Fortezza Australia”
Per comprendere il dissenso provocato nella popolazione, occorre addentrarsi nello specifico contesto pandemico australiano, in cui le risposte governative hanno avuto un forte impatto sulle politiche migratorie, già da sempre molto restrittive. Data la sua posizione geografica e la sua scarsa densità demografica, l’Australia era considerata all’inizio della pandemia uno dei Paesi che, più di tutti, era riuscito a contrastare la diffusione del virus. All’inizio del 2020 furono tempestivamente chiusi i confini, ma in seguito la crisi da Covid19 ha accentuato, come nel resto del mondo, le disuguaglianze sociali, per cui chi è bianco e benestante è stato sicuramente avvantaggiato, nelle cure e nella distribuzione dei sussidi, rispetto ai migranti. La definizione “Fortezza Australia” è infatti ambivalente, si riferisce sia alla capacità di difendersi dal virus che alla chiusura nei confronti dei nuovi arrivi (Cfr. Dossier Statistico Immigrazione Idos 2021). Le politiche di respingimento e detenzione dei richiedenti asilo a lungo termine, all’interno di centri situati in luoghi disagiati aveva già provocato all’Australia diverse condanne, per violazione dei diritti umani, da parte delle Nazioni Unite. Originariamente la pandemia si diffuse in Australia proprio a partire da uno di questi centri, cosicché la reazione fu di immediata chiusura dei confini, in particolare verso cinesi. Allo stesso tempo, a fine gennaio 2020, molti cittadini australiani residenti in Cina furono rimpatriati e dirottati presso uno di questi centri detentivi, per essere messi in quarantena, mentre aumentavano gli esempi di discriminazioni razziste, sia nei confronti dei cinesi che degli asiatici in genere. Una persona di origine cinese su cinque ha subito minacce fisiche o verbali a partire dallo scoppio della pandemia e circa il 45 per cento si è sentito trattato diversamente a causa delle proprie origini (Cfr. i sondaggi in N. Kassam, Being Chinese in Australia. Public opinion in Chinese Communities, Lowy Institute, 2021).
Cittadini di serie A e B
Anche la distribuzione del pacchetto di sostegni economici approvato dal governo per sovvenzionare i salari, in questo momento di difficoltà, è avvenuta in maniera non imparziale. Le persone che non hanno beneficiato di questi sussidi statali sono stati soprattutto rifugiati, migranti e studenti internazionali i quali erano anche stati le categorie di cittadini più colpiti dalla pandemia. In un contesto talmente iniquo risulta più comprensibile l’ondata di proteste suscitate dalla “detenzione” di Djokovic.
Vicenda legale
Nel frattempo la problematica creata dal visto che è stato negato al tennista, in quanto non vaccinato, potrà provocargli diverse difficoltà legali, a prescindere dalla partecipazione all’Australian Open. Dalla Serbia molti concittadini, tra cui anche il patriarca ortodosso Porfirijie, insieme alla famiglia di Djokovic e a un consistente numero di concittadini si sono scagliati contro il governo australiano, perché un campione mondiale è stato trattato come un prigioniero. Tuttavia la risposta del governo è stata chiara: il giocatore è libero di andare via, nel momento in cui lo ritenga opportuno. La vicenda è diventata spunto di polemiche per chi appoggia la posizione Novax del tennista, mentre per altri ha destato riflessioni sull’importanza di vaccinarsi.
Ultimi misteriosi sviluppi
Djokovic ha, nelle ultime ore, sostenuto di aver contratto il Covid a dicembre 2021 e di non essersi vaccinato per questo motivo. In realtà alcune foto sui social hanno messo in discussione la sua versione dei fatti, mentre il giocatore è in attesa che la corte federale prenda una decisione sulla sua vicenda. Intanto il suo visto è stato annullato e lui potrebbe essere espulso lunedì 10 gennaio.
In sua difesa il tennista serbo riferisce al quotidiano australiano Age di aver richiesto un visto che gli è stato concesso il 18 novembre e di avere avuto risposta positiva da parte della Federtennis australiana, riguardo a un suo certificato di esenzione dal vaccino. La documentazione presentata in tribunale rivela che il 16 dicembre Djokovic sarebbe stato dichiarato positivo al Covid, tuttavia il giornale Age fa notare che il giorno successivo, il 17 dicembre, il giocatore aveva presenziato ad un evento pubblico organizzato dal governo serbo. Il tennista avrebbe posato per diverse foto in quell’occasione, dunque gli avvocati di Djokovic potrebbero aver comunicato una data sbagliata della sua positività oppure egli è penalmente perseguibile perché ha partecipato ad eventi pubblici, piuttosto che stare in quarantena.