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Plastic Tax rimandata a gennaio 2023

Slittata al 2023 l’introduzione della Plastic Tax, la tassa sui manufatti in plastica con singolo impiego. Un passo avanti e...

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Slittata al 2023 l’introduzione della Plastic Tax, la tassa sui manufatti in plastica con singolo impiego. Un passo avanti e due indietro, dunque, non si farà prima del 14 gennaio 2023.

Ancora un rinvio per l’entrata in vigore della Plastic Tax nazionale, la tassa del valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto. L’imposta si pagherà sugli strumenti che hanno funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari. Questo è quanto si legge nella nota che segue l’approvazione del “Documento programmatico di bilancio” da parte del Consiglio dei ministri e confermato dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 1° gennaio 2022.

Ma in cosa consiste e cos’è la Plastic Tax?

La Plastic Tax è la tassa che fa riferimento alla Direttiva Europea 2019/904/UE, ovvero un’imposta fissata nella misura di 0,45 euro per ogni chilogrammo di materia plastica utilizzata, i prodotti su cui si applica sono principalmente quelli volti al contenimento e consegna di merci e/o prodotti alimentari: materie plastiche costituite da polimeri di natura sintetica, che non nascono in un’ottica di riutilizzo (come, ad esempio, la pellicola per la conservazione del cibo).

Come è possibile leggere nella Direttiva sopracitata, lo scopo sarebbe quello di: “promuove approcci circolari che privilegiano prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili e non tossici, piuttosto che prodotti monouso, con l’obiettivo primario di ridurre la quantità di rifiuti prodotti”.

Il fine sarebbe proprio quello di preservare “il valore dei prodotti e dei materiali il più a lungo possibile, generando meno rifiuti – e consentendo così all’economia – di diventare più competitiva e più resiliente, riducendo al contempo la pressione su risorse preziose e sull’ambiente”, si legge.

Che cosa prevede la direttiva

La Direttiva riporta chiaramente il problema ormai evidente dei rifiuti marini, problema trattato a cui segue questa soluzione identificabile nel terzo punto della stessa: “gli Stati membri sono tenuti ad assicurare una sana gestione dei rifiuti per prevenire e ridurre i rifiuti marini provenienti da fonti sia marittime che terrestri”.

Gli Stati membri si impegnano dunque a “trovare una soluzione alla dispersione di rifiuti in mare laddove compromette il raggiungimento del buono stato ecologico delle rispettive acque marine”.

La Plastic Tax in Italia

L’imposta, introdotta con la legge di bilancio di fine 2019, sarebbe dovuta entrare in vigore nell’estate del 2020. Tuttavia, tale data è prima slittata al 1° gennaio 2022, causa pandemia globale, per poi essere rinviata ancora una volta da luglio 2022 a gennaio 2023. La tassa, avente appunto lo scopo di far aumentare il costo degli imballaggi non riciclabili, non entrerà in vigore neanche quest’anno, nonostante la grande quantità di plastica prodotta nel nostro paese e promettenti dichiarazioni dell’Italia in sede G20 e COP26 sull’importanza della fiscalità ambientale per guidare la decarbonizzazione.

L’Italia, infatti, solo nel 2018, ha prodotto 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti d’imballaggio di plastica, il 44,6% delle quali sono state destinate al riciclo, rappresentando il secondo Paese consumatore di plastica a livello europeo.

Il problema della plastica riguarda l’intero globo, e non manca l’allarme lanciato anche da Greenpeace, che evidenzia l’altissimo rischio per il mare e il suo ecosistema. Sulla pagina ufficiale dell’organizzazione, infatti, si legge: “Con tutta la plastica che c’è nei mari potremmo fare 400 volte il giro della Terra”. 8 milioni di tonnellate, composte da microplastiche e plastica monouso e non riciclata finiscono ogni anno in mare, diventando “cibo per pesci”.

Si attestano a più di 700 le vittime tra le specie a rischio, che, come si legge, “scambiano la plastica per cibo e muoiono per indigestione o soffocamento”.

Un problema, che a detta dell’organizzazione ambientalista, non è più possibile ignorare, in quanto: “la plastica sta letteralmente invadendo il mare, in assenza di leggi ambiziose e di comportamenti responsabili delle imprese, che continuano ancora oggi ad inondarci di prodotti monouso, pur sapendo che il riciclo da solo non basta”, così conclude Greenpeace.

La classifica dei paesi che producono più rifiuti di plastica e il riciclo in Italia

Secondo gli ultimi dati riportati dall’ANSA, la Cina è il maggior produttore di rifiuti di plastica al mondo, con quasi 25 milioni di tonnellate solo nel 2019, seguita poi dagli Stati Uniti con 18 milioni di tonnellate, dall’India con oltre 5 milioni di tonnellate e dal Giappone con poco meno di 5 milioni di tonnellate.

Il paese con la maggior produzione di rifiuti di plastica pro-capite è invece l’Australia con 59 chili a persona. Seguono gli USA con 53 chili e la Corea del Sud e la Gran Bretagna a pari merito con 44 chili a persona. L’Italia è al decimo posto della classifica mondiale, con 23 chili.

Secondo gli ultimi dati diffusi dal Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi di plastica (Corepla), la raccolta e il riciclo degli imballaggi in Italia nel 2020 (nonostante la pandemia) è cresciuta del 4%. La raccolta conferita ai Centri di selezione è stata pari a 1.433.203 tonnellate, con un aumento dell’4% rispetto al 2019.

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