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Corea del Nord: missili contro sanzioni

Tokyo e Seoul lanciano l’allarme su un nuovo test missilistico di Pyongyang; Washington pianifica l’imposizione di nuove sanzioni, ma secondo...

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Tokyo e Seoul lanciano l’allarme su un nuovo test missilistico di Pyongyang; Washington pianifica l’imposizione di nuove sanzioni, ma secondo Pechino non sono una soluzione

Deterrenti nucleari e nuove sanzioni alla Corea del Nord

Il 17 gennaio, qualche giorno dopo la proposta statunitense al Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) di imporre nuove sanzioni alla Corea del Nord in risposta ai tre test missilistici di inizio gennaio, gli Stati maggiori riuniti della Corea del Sud hanno dichiarato che Pyongyang ha testato due «proiettili non meglio identificati», utilizzando come base l’aeroporto di Sunan, vicino la capitale del paese. A riportarlo è stata l’agenzia stampa sudcoreana Yonhap. Immediata e ferma la condanna del ministro della Difesa giapponese, Nobuo Kishi, secondo cui i «ripetuti» test missilistici nordcoreani sono un grave problema per la comunità internazionale, in quanto violano esplicitamente le risoluzioni Onu che vietano a Pyongyang di sviluppare questo tipo di armi. «Sembra», ha aggiunto Kishi, che i missili siano caduti al largo della costa orientale della Corea del Nord, dunque al di fuori della zona economica esclusiva di Tokyo. Nessun danno, quindi, né materiale, né tra la popolazione, ma l’eventualità che un paese vicino e ostile si doti di armi nucleari sofisticati preoccupa Corea del Sud e Giappone, che temono di essere teatro dello scontro per procura tra Stati Uniti e Cina. Come ha detto, il 17 gennaio, il segretario capo di Gabinetto Hirokazu Matsuno, che ha condannato «la serie di azioni della Corea del Nord, inclusi i ripetuti lanci di missili balistici, che minacciano la pace e la sicurezza del Giappone, della regione e della comunità internazionale».

Tra minacce e proclami

La settimana precedente, Pyongyang aveva ammonito gli Stati Uniti di una «reazione decisa» all’imposizione di nuove sanzioni ai danni di sei cittadini nordcoreani, che sarebbero coinvolti nella produzione di armi per conto delle autorità statali. Misure adottate dall’attuale amministrazione Usa il 12 gennaio, a seguito dei due test missilistici effettuati dalla Corea del Nord, rispettivamente, il 5 (questo era il primo dopo il 28 settembre 2021) e il 10 del mese, nel corso dei quali erano stati sperimentati missili ipersonici. Il 15 gennaio, invece, è stata Pyongyang stessa ad annunciare di aver svolto il giorno prima un’esercitazione sull’uso di due ordigni guidati da un treno, puntati verso il Mare Orientale. Secondo l’agenzia stampa nordcoreana di Stato, in entrambi i casi l’obiettivo sarebbe stato centrato, mentre la finalità ultima dei test è rispondere alle sanzioni imposte dagli Usa. Nondimeno, la Corea del Nord continua a rifiutare le offerte di trattativa, tanto degli Usa, quanto della comunità internazionale. Al contrario, lo stesso 15 gennaio, il ministero degli Esteri nordcoreano aveva minacciato nuovi test nel caso in cui Washington non avesse riconosciuto il «diritto all’autodifesa» di Pyongyang e la sua volontà di sviluppare un proprio programma nucleare militare, senza che quest’ultimo sia necessariamente rivolto contro un qualche paese specifico.

Reazioni incrociate

Le ultime sanzioni Usa, oltre ai sei cittadini nordcoreani, hanno colpito anche un privato e una compagnia russi, considerati responsabili della gestione degli aiuti umanitari provenienti da Russia e Cina. Il Tesoro statunitense, in tal modo, ha da un lato tentato di bloccare il programma che Pyongyang chiama di modernizzazione delle forze armate, dall’altro ha cercato di costringere la Corea del Nord alla trattativa adottando quella strategia che, durante l’amministrazione di Donald Trump, era definita di massima pressione. Una politica, che secondo Pechino non risolverà in alcun modo la situazione, anzi, minaccia la stabilità regionale. Infatti, dall’inizio del 2022, le tensioni tra Washington e Pyongyang si sono acuite, comportando gravi ripercussioni sugli attuali equilibri mondiali e regionali. Infatti, da un lato l’inasprimento della posizione statunitense nei riguardi della Corea del Nord si potrebbe ripercuotere sui colloqui sul programma nucleare iraniano, ripresi il 17 gennaio. Dall’altro, la linea della massima pressione in questo caso potrebbe minacciare gli interessi della Cina, il cui presidente Xi Jinping, nel luglio 2021, ha rinnovato il Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza, siglato dai due paesi nel 1961. Frattanto, le rare testimonianze sulle condizioni di vita della popolazione nordcoreana riferiscono di una catastrofe umanitaria che non dà segnali di miglioramento.

Una catastrofe umanitaria

È quanto emerge, ad esempio, da un rapporto pubblicato a marzo 2020 dal Consiglio di sicurezza Onu, secondo il quale a colpire duramente i civili nordcoreani non sono state tanto le sanzioni internazionali imposte nel 2006 (dette «smart sanction» e mirate a colpire privati ed enti economici implicati nella produzione di armi), quanto quelle decise nel 2016, che hanno inciso sul commercio di materie prime e di generi necessari e hanno imposto il rimpatrio dei cittadini nordcoreani residenti all’estero. Pertanto, l’ambasciatore cinese all’Onu aveva immediatamente chiesto flessibilità nei confronti di Pyongyang per alleggerire l’impatto umanitario delle sanzioni. Nondimeno, Washington ha perseguito la propria linea dura, mentre la posizione internazionale della Corea del Nord sembra deteriorarsi di giorno in giorno. Alle accuse di voler sviluppare un programma nucleare militare, si sono infatti aggiunte, il 14 gennaio, quelle della compagnia statunitense Chainanalysis, che ha puntato il dito contro le autorità nordcoreane per presunti furti di criptovalute, valutati in circa 400 milioni di dollari solo lo scorso anno. Un altro capo di accusa, che rischia non solo di aggravare le condizioni della popolazione civile, ma anche di deteriorare ulteriormente le relazioni internazionali. Il che significa, diminuire le probabilità che le attuali controversie geopolitiche si risolvano con il dialogo, ma rischia soprattutto di risvegliare le mire di potenze regionali dormienti, come India e Giappone, entrambi rivali della Cina.

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