Yemen: la rappresaglia continua

Nuovi bombardamenti della Coalizione a guida saudita su Sanaa colpiscono un sistema di comunicazione per droni; Abu Dhabi chiede una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite; conferenza stampa del Pentagono

Bombe su Sanaa

Per la seconda notte consecutiva, tra il 18 e il 19 gennaio le forze della Coalizione militare a guida saudita impegnate in Yemen hanno bombardato ancora la capitale Sanaa, dove sono stati colpiti siti identificati come accampamenti dei ribelli sciiti Houthis, e il monte Jabal al-Nabi Shu’ayb, dove è stato distrutto un sistema di comunicazione per droni. La Coalizione, inoltre, ha dichiarato di aver abbattuto in precedenza le due piattaforme da cui sono stati lanciati i missili balistici che avevano colpito Abu Dhabi e di aver lanciato 17 operazioni mirate nel governatorato di Ma’rib, nel corso delle quali 80 Houthis sono stati uccisi e 9 veicoli militari sono stati distrutti. Fonti vicine agli Houthis hanno riferito invece di bombardamenti della Coalizione sull’aeroporto internazionale di Sanaa e sulla base aerea di al-Daylami, a Nord della capitale. Inoltre, hanno riportato che i raid su Sanaa hanno provocato la morte di 14 civili, soprattutto donne e bambini, e il ferimento di altri 11. A tal proposito, un membro dell’ufficio politico dei ribelli yemeniti ha puntato il dito contro la Coalizione, sostenendo che i bombardamenti degli ultimi giorni non sono una risposta agli attacchi ad Abu Dhabi, trattandosi piuttosto di operazioni ordinarie, che si verificano da anni.

Appello emiratino alla comunità internazionale

Intanto, la missione degli Emirati arabi uniti presso l’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) ha chiesto al Consiglio di sicurezza, di cui Abu Dhabi è membro non permanente e a marzo 2022 sarà presidente di turno, una riunione straordinaria sugli attacchi subiti da Abu Dhabi il 17 gennaio. Dal canto suo, Washington, che aveva immediatamente condannato le azioni degli Houthis, ha fatto sapere, tramite il portavoce del Pentagono John Kirby, di mantenere il suo impegno per la sicurezza e la capacità di autodifesa dei «partner emiratini» da ogni tipo di minacce al loro territorio. Kirby ha altresì assicurato che gli Stati Uniti faranno in modo da intensificare il partenariato con Abu Dhabi, in particolare nella vendita di armi. Il riferimento è al contratto da 29 milioni di dollari che include l’acquisto da parte degli Emirati di caccia F-35 e di aerei a pilotaggio remoto MQ-9B. Le trattative per la firma del contratto erano state sospese a dicembre dalla stessa Abu Dhabi, a seguito delle rimostranze statunitensi per la scelta emiratina di comprare tecnologia 5g Huawei: Washington potrebbe quindi essere disposta a tornare sui suoi passi. Di contro, un funzionario del Pentagono citato dall’emittente Al-Jazeera e che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha dichiarato che gli attacchi degli Houthis contro Abu Dhabi avevano messo in allarme la base aerea emiratina di al-Dhafra (la più grande del paese), dove stazionano le aviazioni di Emirati, Stati Uniti e Francia, e la più vasta base statunitense in Medio Oriente, quella di al-Udeid, in Qatar.

Perché colpire gli Emirati?

Da parte sua, il primo ministro israeliano Naftali Bennett ha offerto ad Abu Dhabi sostegno tecnologico e di intelligence e, in una lettera indirizzata al principe ereditario Mohamed bin Zayed, ha detto di aver ordinato alle forze di sicurezza di Tel Aviv di fornire ai loro omologhi emiratini qualsiasi tipo di assistenza richiesto. Frattanto, gli analisti si domandano perché gli Houthis abbiano preso di mira gli Emirati, che, peraltro, agli inizi dello scorso dicembre, si erano impegnati a migliorare le proprie relazioni con l’Iran, inviando nella Repubblica islamica il consigliere per la Sicurezza nazionale sheykh Tahnoon bin Zayed al-Nahyan. Eppure, gli attacchi del 17 gennaio non sono stati i primi contro Abu Dhabi, giacché due settimane prima gli Houthis avevano sequestrato nel Mar rosso la nave Rwabee, battente bandiera emiratina, che trasportava assistenza medica destinata all’ospedale da campo dell’isola di Socotra. Finora, l’imbarcazione non è stata restituita, malgrado la richiesta del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il 10 gennaio, tuttavia, la brigata yemenita dei Giganti, sostenuta dagli emiratini, aveva conquistato il governatorato di Shabwa, ricco di petrolio e prossimo a quello di Ma’rib, su cui gli Houthis cercano di imporre il loro controllo. È dunque probabile che i recenti attacchi dei ribelli sciiti siano, in primo luogo un segnale ad Abu Dhabi, che dal 2019 ha aumentato il suo impegno in Yemen supportando brigate locali, come quella dei Giganti, che combattono contro gli Houthis. Ma, dopo la battaglia di Shabwa del 10 gennaio, che avrebbe comportato una significativa sconfitta strategica per gli Houthis, questi ultimi avrebbero intensificato le ostilità nei confronti degli Emirati per indurli a ripensare il loro impegno in Yemen.

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