Superstiti ad Auschwitz
Il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria, per ricordare le vittime dello sterminio nazista, secondo la legge n. 211 del 20 luglio 2000. La data riprende il 27 gennaio 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Nei giorni precedenti, i Tedeschi erano fuggiti, dopo aver fatto saltare i forni crematori, per nascondere le prove delle torture che i loro prigionieri avevano subito, così i soldati russi trovarono e liberarono circa settemila persone abbandonate nel campo, stremate dal freddo, dalla fame e dalle malattie.
Contro le discriminazioni
L’olocausto nazista ha provocato la morte di milioni di persone, appartenenti al popolo ebraico e ad altre minoranze, quali Rom, omosessuali e persone con disabilità. In seguito alla scoperta di Auschwitz e grazie alle pubblicazioni di testimonianze da parte dei sopravvissuti, si è iniziato a parlare di “genocidio”. L’obiettivo della Giornata della memoria non è soltanto ricordare la tragedia, quanto piuttosto evitarne il ripetersi, infatti ogni anno dal 2005, con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si svolgono eventi culturali e attività didattiche su questo tema, in tutte le scuole, nei teatri e nei luoghi di aggregazione. Lo scopo è riaffermare che la “soluzione finale” nacque da un lungo processo di emarginazione e razzismo nei confronti degli Ebrei, iniziato già a partire dal secolo precedente, per cui è essenziale riflettere sulle conseguenze delle discriminazioni sociali a lungo termine. Il processo di “nazionalizzazione delle masse”, secondo la storica definizione di Mosse, fu lento, graduale e arrivò all’esaltazione di un’idea priva di qualunque fondamento storico o scientifico.
L’idea di “razza pura”
Il concetto di “razza pura” espresso nella Germania di Tacito, intorno al 98 d. C., fu ripreso e decontestualizzato dagli storici nazisti, come ha dimostrato Canfora nel 1993, nel saggio L’usurpazione pangermanista della Germania di Tacito. Tacito sosteneva, infatti, che i Germani sono autoctoni e la loro è una razza “pura” perché nessuna popolazione hao attraversato il mare per raggiungere la loro terra, estremamente povera di risorse ed climaticamente inospitale, in sostanza non ne sarebbe valsa la pena. Dunque, secondo lo storico romano, il concetto di “purezza” etnica non era assolutamente positivo, ma fungeva da elemento di denigrazione di un popolo che egli riteneva “barbarico”. Non solo, la “razza pura” era un principio in netta contrapposizione con i valori del mondo romano, definito da Canfora “mondo della mescolanza, il più lontano dal culto di questi miti razziali”. Così la reinterpretazione in senso positivo del concetto di “razza pura” o “razza ariana”, da parte dei nazisti, fu generata dal travisamento di un’idea insensata e avulsa dal contesto di origine.
Le leggi di Norimberga
Dopo diversi decenni, il clima di esaltazione nazionalista ed emarginazione di alcune minoranze etniche culminò, nel 1935, nelle leggi di Norimberga, “per la cittadinanza” e per la “protezione del sangue e dell’onore e tedesco”. La prima privò gli Ebrei della cittadinanza tedesca (anche quelli convertiti al cristianesimo o chi aveva semplicemente avi di religione ebraica), nonché dei loro diritti fondamentali. La seconda legge, invece, vietava il matrimonio tra Ebrei e Tedeschi non ebrei, criminalizzando anche i rapporti extraconiugali tra di loro. Nacque così il reato di “contaminazione razziale” e in generale gli Ebrei furono da allora perseguitati non per la propria professione di fede, bensì per le loro origini o quelle dei loro genitori. In seguito queste leggi furono altresì applicate a persone di colore e Rom, mentre nel corso della Seconda Guerra Mondiale, i Paesi alleati con la Germania come la stessa Italia, adottarono simili leggi razziali.
Il caso italiano
Le leggi razziali in Italia furono emanate nel 1938, e stabilivano, come in Germania, il divieto di matrimonio con Ebrei, i quali furono anche licenziati dalle pubbliche amministrazioni, dalle banche, da numerosi altri posti di lavoro e non poterono più svolgere professioni quali l’insegnante, il giornalista ecc. Uno degli aspetti che più ha segnato la memoria collettiva fu l’esclusione dei bambini ebrei dalle scuole. Soprattutto per questo motivo la Giornata della memoria è dedicata principalmente alla sensibilizzazione delle giovani generazioni, riguardo agli effetti gravi che intolleranza e bullismo possono determinare. Come ha affermato Roland Schilling, rappresentante UNHCR per l’Italia “Queste azioni rappresentano il miglior antidoto contro il ripetersi della storia nelle sue forme più aberranti, e gettano le basi per una convivenza pacifica e dignitosa nel futuro.” Soprattutto quando questi eventi culturali diventano uno spunto per approfondire altri genocidi e guerre, anche più vicini temporalmente a noi, nonché contemporanei. Un elenco delle attività previste per il 27 gennaio 2022 è consultabile all’indirizzo:
https://www.studenti.it/giornata-della-memoria-2022-iniziative-italia.html
Lettera di Chaim
La canzone scelta è tratta da una lettera scritta da Chaim, un ragazzo prigioniero del campo di Pustkòv, in Polonia, ucciso nel 1944. La sua lettera in yiddish fu lanciata oltre il filo spinato e recuperata da un contadino, giungendo fino a noi come una preziosa testimonianza sui campi di sterminio nazista. Il cantautore Ivan della Mea la mise in musica e il suo titolo “Se il cielo fosse bianco di carta” è una frase tratta dal Talmud, testo sacro dell’ebraismo. Ivan della Mea è stato uno dei fondamentali autori di canti politici in Italia, nato nel 1940 e vissuto prevalentemente a Milano. Coniugò musica e impegno politico insieme ad altri cantautori, quali Fausto Amodei, Gualtiero Bertelli, Alfredo Bandelli, Giovanna Marini ecc. Fu giornalista e scrittore e fondò con Gianni Bosio il Nuovo Canzoniere Italiano.
La canzone: Se il cielo fosse bianco di carta
La versione qui proposta della lettera di Chaim, musicata da Ivan della Mea, è interpretata da un’altra importante esponente della canzone sociale italiana, una delle più interessanti voci nel panorama della musica di tradizione orale, Sara Modigliani. Negli anni Settanta cantò e suonò il flauto nel Canzoniere del Lazio, approfondendo il suo repertorio prediletto, oltre al canto politico, cioè la canzone romana. Il suo attivismo e la trasmissione della tradizione appresa dai cantori si concretizza nella didattica, oltre che nei suoi numerosi spettacoli musicali, ha infatti contribuito alla fondazione della Scuola Popolare di Musica di Testaccio.
Qui al link si può ascoltare la versione cantata da Sara Modigliani, nel cd Calendario Civile:
Per altre informazioni su lotte civili e canti cfr. anche “La storia cantata” del sito ildeposito.org:
https://www.ildeposito.org/storia-cantata
La lettera di Chaim
Se il cielo fosse bianco di carta
e tutti i mari neri d’inchiostro
non saprei dire a voi, miei cari,
quanta tristezza ho in fondo al cuore,
qual è il pianto, qual è il dolore intorno a me.
Si sveglia l’alba nel livore
di noi sparsi per la foresta,
a tagliar legna seminudi,
coi piedi torti e sanguinanti;
ci hanno preso scarpe e mantelli,
dormiamo in terra.
Quasi ogni notte, come un rito,
ci danno la sveglia a bastonate;
Franz ride e lancia una carota
e noi, come larve affamate,
ci si contende unghie e denti
l’ultima foglia.
Due ragazzi sono fuggiti:
ci han raccolti in un quadrato,
uno su cinque han fucilato,
ma anche se io non ero un quinto
non ha domani questo campo…
ed io non vivo,
Questo è l’addio a tutti voi,
genitori cari, fratelli e amici,
vi saluto e piango.
Chaìm.