Burkina Faso, cronaca di un golpe annunciato

Il tenente colonnello Paul Henri Sandaogo Damiba, leader del neonato Movimento patriottico per la salvaguardia e il restauro [MPSR], è il nuovo presidente del Burkina Faso grazie a un colpo di Stato. Destituito il governo di Roch Marc Christian Kaboré, eletto nel 2015 e confermato nel 2020. L’annuncio è stato dato in diretta dalla giunta militare, sulla rete nazionale Radiodiffusion Télévision du Burkina (RTB). Queste le parole lette in TV dal capitano Sidaoré Kader Ouédraogo: “In considerazione del deterioramento della situazione della sicurezza e della manifesta incapacità del governo di Roch Marc Christian Kaboré di affrontare efficacemente la situazione e a seguito dell’esasperazione dei vari strati sociali della nazione, il Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione ha deciso di assumersi le sue responsabilità davanti alla Storia. Il movimento, che riunisce tutte le componenti delle forze di difesa e di sicurezza, ha così deciso di porre fine al potere di Roch Marc Christian Kaboré il 24 gennaio 2022”.

L’MSPR ha annunciato la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del governo, la chiusura delle frontiere e un coprifuoco notturno, con la volontà di ripristinare un ritorno all’ordine costituzionale in tempi brevi. Ha anche sottolineato che non c’è stato spargimento di sangue e che nessuna violenza è stata perpetrata nei confronti degli arrestati. Anche Kaboré ha cercato di evitare un bagno di sangue, prima cercando un dialogo con i militari, poi scrivendo una lettera di dimissioni, imposta dagli stessi militari. Non si sa però dove si trovi adesso. Fonti interne al suo partito, il People’s Movement for Progress (MPP), dicono che abbia subito un tentativo di omicidio. In effetti, davanti la sua residenza, sono state trovate automobili blindate crivellate di colpi, una perfino con delle macchie di sangue. Non si sa se ad essere ferito sia stato l’ormai ex presidente o gli agenti che lo proteggevano. Forse è stato arrestato, forse è al sicuro protetto dai suoi fedelissimi.

Si tratta del sesto colpo di stato in un anno e mezzo nell’Africa occidentale, in zone tenute sotto scacco dalle milizie jhiadiste, che hanno dovuto trovare nuovi fronti di attacco dopo le sconfitte subite in Siria. Ne sono avvenuti due in Mali e uno in Ciad, Guinea, Sudan e appunto Burkina Faso.

I giorni precedenti al golpe

Il 23 gennaio c’erano state diverse sparatorie nelle caserme e nei campi militari, da parte di soldati esasperati per la sicurezza interna del Paese, minata dai continui attacchi jihadisti. Non si sa se fossero ammutinamenti o tentativi di sommossa. Sabato, invece, una protesta civile, organizzata dal movimento Save Burkina, aveva sfidato il divieto di raduni ed era stata repressa con scontri e lancio di gas lacrimogeni. Il motivo era lo stesso: l’esasperazione per l’incapacità del governo di prevenire gli attacchi jihadisti nel Paese.

I motivi del malcontento

Dal 2015, ovvero da quando Kobaré si è insediato a capo del governo, gruppi jihadisti affiliati ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico, hanno ucciso più di duemila persone tra soldati e civili e costretto un milione e mezzo di abitanti a fuggire dalle loro case. L’attacco più sanguinoso è avvenuto nella notte tra il 4 e il 5 giugno del 2021 nel villaggio di Solhan, nel nordest del Paese. Pur non essendo mai stato rivendicato, le milizie coinvolte hanno incendiato numerose case e ucciso centosessanta persone, tra cui venti bambini, sepolti in tre fosse comuni dai sopravvissuti che hanno poi abbandonato il villaggio. Il 14 novembre del 2021, a Itana, sempre nel nordest, è stato preso di mira un distaccamento militare, con l’uccisione di almeno 49 soldati e 4 civili. Due giorni prima, il capo del distaccamento aveva chiesto un urgente approvvigionamento di cibo per i soldati, che da due settimane si nutrivano grazie al bestiame che trovavano attorno alle baracche del posto. Probabilmente la strage è stata compiuta dal movimento jihadista burkinabé Ansarul Islam, legato al Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani (GSIM), come sostiene il sito jeuneafrica.com. Il gruppo era forse a conoscenza dell’indebolimento delle truppe e ne ha approfittato. Lo scontento dei soldati è cresciuto così tanto che già a novembre si parlava di un colpo di Stato. Eppure l’ex presidente Kobare ha finanziato con sempre più soldi le forze di difesa e sicurezza. Come mai erano a corto di cibo nel campo di Itana?

L’esercito burkinabé è impreparato a fronteggiare le truppe islamiche, sia per la mancanza di cibo e acqua, sia per mancanza di formazione e di mezzi. In alcune zone, le comunicazioni telefoniche sono difficili e risulta complicato perfino chiedere rinforzi. Inoltre, l’esercito vive un conflitto generazionale tra i soldati più giovani e quelli formatisi sotto la dittatura di Blaise Compaoré. Nel 2015, periodo di transizione tra il governo di Compaoré e quello di Kobaré, ci fu un colpo di Stato da parte di Gilbert Diendéré, appoggiato dai vertici militari ma snobbato dai soldati più giovani. Una frattura interna che, forse, si è ricomposta ora con la presa di potere da parte di Paul-Henri Sandaogo Damiba.

Chi è il nuovo presidente

ll tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, 41 anni, si è formato alla scuola militare di Parigi e, a dicembre scorso, era stato nominato, da Kombaré, comandante della terza regione militare del Paese, con il compito di gestire il sistema antiterrorismo nella zona orientale e la sicurezza a Ouagadougou. Autore del libro “Eserciti in Africa occidentale e terrorismo: risposte incerte”, nel quale analizza le strategie antiterrorismo in Africa, è stato impegnato in diverse operazioni anti-jihadiste tra il 2015 ed il 2019. Ha avuto numerosi contatti con il colonnello Emmanuel Zoungrana, arrestato due settimane fa assieme a sette suoi colleghi, accusati di preparare un colpo di Stato. La carriera di Damiba è iniziata come guardia presidenziale del dittatore Blaise Compaoré, salito al potere, anche lui con un colpo di Stato, nel 1987 e rimasto in carica fino al 2014, quando si è dimesso dopo quattro giorni di intense proteste della popolazione.

Prima di Campaoré, al potere c’era Thomas Sankara, “Il Che Guevara africano”, un rivoluzionario che decise, tra l’altro, di non pagare il debito coloniale, di cambiare il nome del suo Paese da Alto Volta in Burkina Faso, di eliminare i privilegi delle classi agiate e gli sprechi finanziari per contrastare la povertà, attraverso anche l’emancipazione femminile. Campaoré era amico di Sankara, che lo aveva scelto come ministro della Giustizia, ma non si fece problemi ad ucciderlo grazie all’aiuto di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, preoccupati dal diffondersi delle ideologie e dei metodi di Sankara.

Nulla di buono all’orizzonte, quindi, se al potere arriva Damiba, seguace di Compaoré, anche se centinaia di burkinabé sono scesi in piazza a festeggiarlo.

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