Giacinta Pezzana nasce a Torino il 27 gennaio 1841.
Come riporta Luigi Rasi nel suo vasto dizionario biografico degli attori italiani, I comici italiani, 1897-1905, testo fondamentale nella storia della letteratura teatrale, Giacinta entra a far parte dell’Accademia Filodrammatica di Torino il ’57, ma ne viene cacciata per mancanza di disposizioni per l’arte.
Si unisce nel 59 alla Malfatti, nel suo Comitato femminile per i soccorsi ai feriti delle patrie battaglie, con buoni risultati e nello stesso anno è interprete al Rossini di Torino nella Francesca da Rimini.
Di figura esile e alta, con fitti capelli neri e ricci, dotata di un’intelligenza acuta e di una voce ammaliante, la Pezzana ha un carattere forte, e non si arrende di fronte a nessuna difficoltà. Neanche di fronte alle reticenze della critica, talvolta spietata nei suoi confronti. Ribelle ai compromessi, vive forti passioni politiche, ed è una donna di grande emancipazione femminista.
Giacinta Pezzana – alla cui gloria è mancata quella continuità di fulgore la quale non si può ottenere senza che al valore immenso sia accoppiata l’agilità degli espedienti che mantiene viva la comunione col pubblico irrequieto e variabile – resta, comunque, nella drammatica italiana un sole inoffuscato. E per questa insigne donna, che non ha mai troppo amato l’eleganza, che ha sempre eliminato stranamente dalla sua personalità quella forza muliebre che dai palcoscenici ha tanta virtù soggiogatrice, per questa donna che non s’è mai riscaldata alla fiamma d’una grande ambizione, per questa donna che ha facilmente rinunziato alle lotte contemplando senza rancore i fulgidi astri che l’ hanno seguita e indicandoli con fiducia ai diffidenti, io ho una speciale predilezione fatta di convincimenti e di reminiscenze.
In arte, niente mi sembra più meraviglioso e più bello di ciò che pare scaturisca dalla natura stessa d’un artista come un’acqua limpida e fresca da una roccia vergine. E la recitazione di Giacinta Pezzana, con tutte le armonie di quella voce dolcissima, con tutta l’eccellenza dei suoi effetti immediati, con tutte le profondità del sentimento che sa destare, con tutte le sue gradazioni di comicità e di drammaticità, con tutto ciò che in altri artisti della scena può essere il risultato di magistero magnifico, ha avuto sempre, per me, quel carattere di vera sincerità e di congenita bellezza che esclude ogni supposizione di sforzo, di ricerche, di lavorio cerebrale e di attività volitiva.
E queste manifestazioni genuine di arte somma paiono specchi che riflettano tutto quanto accade dinanzi ad essi. Nella recitazione di Giacinta Pezzana si sono potuti ritrovare gli atteggiamenti estetici più diversi. La sua recitazione è stata sempre la medesima; e nondimeno non è improbabile che essa sia apparsa, a volte, romantica, classica, verista, simbolica. Eleonora Duse, ricordando le sue primissime armi fatte accanto a Giacinta Pezzana – l’unica attrice da cui traesse qualche alimento la meravigliosa genialità dusiana, – mi raccontava come in una scena dolorosa d’ un dramma del quale le sfuggiva il titolo, Giacinta Pezzana, una sera, all’ improvviso, prendesse a ripetere una parola camminando concitatamente e mettendo in ogni ripetizione un suono di voce strano, intenso, irresistibile. Eleonora Duse, giovinetta, ne ebbe una impressione nuova. Ne fu scossa, ne fu meravigliata. E più tardi – cosi ella mi raccontava – provò ancora quella impressione ascoltando certe prodigiose e sublimi insistenze wagneriane.(Corriere di Napoli, 19 febbraio 1899)
Insegnante della grande Eleonora Duse, Giacinta Pezzana è attrice capace nelle parti comiche come in quelle drammatiche, abile nel passare da Schiller a Goldoni con pertinenza, passione, grazia e un intenso carisma.
Memorabile la sua interpretazione di Maria Stuarda di Schiller, e di forte rilievo la sua recitazione di Amleto nei panni maschili, ancora prima di Sarah Bernhardt, dimostrando tutto il suo grande coraggio e il suo spirito di innovazione.
Partecipa attivamente ad una serie di convegni internazionali sul ruolo delle attrici, guardando con diffidenza i movimenti femministi di inizio secolo, per lei troppo borghesi e, nel 1904, ricostituisce la sezione romana dell’Unione femminile. Troppo in anticipo con i tempi, evidentemente ancora acerbi per il suo femminismo così innovatore, l’esperienza risulterà fallimentare. Molte le iniziative benefiche della Pezzana nel corso della sua intensa attività: varie rappresentazioni a Madrid per fondare un ospedale italiano, altre a Buenos Aires per istituti di beneficenza, ed altre ancora a Rosario per la Società patriottica italiana.
Nel 1909 fonda una scuola di teatro in Uruguay, impegnandosi ancora una volta nel sogno di tutta la sua vita: il riscatto della donna tramite il teatro.