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Quirinale. Rinnovato l’incarico a Mattarella

Confermato Mattarella al Quirinale. Da domani si vedranno gli effetti di questa tornata elettorale sugli equilibri di governo. Nessun partito...

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Confermato Mattarella al Quirinale. Da domani si vedranno gli effetti di questa tornata elettorale sugli equilibri di governo. Nessun partito o coalizione può intestarsi una vittoria, e lo stallo del parlamento è sempre più evidente.

Dopo mesi di trattative segrete e di convergenze ostentate, dichiarazioni smentite, veti, aperture, minacce velate e ripensamenti, quando sembrava che tutto stesse per cambiare – con una donna al vertice della Repubblica o un governo da rifare in cambio di un Presidente prestigioso – alla fine, finalmente, ce l’hanno fatta, e anche questa volta non è cambiato nulla: Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica e Mario Draghi resta Presidente del Consiglio. Se un’ ampia convergenza delle forze politiche c’è stata, è stata su questo punto preciso: questo parlamento è ormai incapace di compiere scelte e di dare un orientamento politico al paese, inabile perfino allo svolgimento delle sue funzioni basilari. Prima dello scrutinio risolutivo, i capigruppo della maggioranza di governo si sono recati al Quirinale per formalizzare al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la richiesta di una sua disponibilità alla rielezione. La scelta di inviare i capigruppo e non i capi di partito offre due chiavi di lettura a seconda che si voglia vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: i primi ne faranno una questione di bon ton istituzionale e diranno che questa mossa testimonia come la richiesta esprima una volontà del Parlamento; i secondi non potranno non vedere un Parlamento ostaggio di partiti in crisi che, tuttavia, non può fare altro che assecondare le loro manovre. Più o meno mentre era in corso l’incontro tra i capigruppo e il Presidente della Repubblica, un lancio dell’agenzia ADN Kronos informava che anche il Papa dava la sua benedizione a Mattarella, ringraziandolo per il “sacrificio”. Da li in poi, è stato un profluvio di dichiarazioni di grandi elettori, amministratori di (quasi) tutti gli schieramenti, perfino personaggi dello spettacolo che si sono precipitati a dichiarare la loro soddisfazione e serenità per la decisione del reincarico a Mattarella. La rielezione era data talmente per scontata che il Parlamento avrebbe quasi potuto fare a meno dell’ultima chiama. Tra i capi partito delle principali forze di maggioranza invece è partita la solita gara a chi l’ha detto per primo. Il Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi dal San Raffaele dove è ancora ricoverato ha mandato una nota in cui, sganciando il suo partito dalle strategie della coalizione, tra le altre cose dichiarava: “Qualche giorno fa, per senso di responsabilità e nell’interesse del Paese, avevo rinunciato alla mia candidatura, anche per favorire una soluzione unitaria. Quello che è successo dopo è sotto gli occhi di tutti (…) Ma l’unità oggi si può ritrovare soltanto intorno alla figura del Presidente Sergio Mattarella, al quale sappiamo di chiedere un grande sacrificio, ma sappiamo anche che glielo possiamo chiedere nell’interesse superiore del Paese, quello stesso che ha sempre testimoniato nei 7 anni del suo altissimo mandato”. Per la Lega ci ha pensato Matteo Salvini, che sembra sempre più spaventato dai suoi stessi alleati: “Stamattina ho detto chiudiamola qua e chiediamo il sacrificio a Mattarella, la mia proposta, nelle ore, è diventata la proposta di tanti”. Il segretario del PD Enrico Letta, al netto di alcune proposte avventate, forse è l’unico che può vantare una vittoria: all’indomani della candidatura ufficiale di Berlusconi aveva dichiarato che la riconferma di Mattarella e il prosieguo di Draghi avrebbero rappresentato lo scenario migliore per l’Italia. E oggi si intesta la sua vittoria quasi scusandosi: “Noi siamo stati costretti a chiedere al presidente della Repubblica di essere rieletto, segno di una profonda crisi politica e istituzionale. Dobbiamo esserne consapevoli”. Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, chiunque ne sia il leader tra Conte, Di Maio e Grillo, avrà un bel da fare per spiegare al proprio elettorato come non siano riusciti a toccare palla in questa partita pur essendo ancora il gruppo più numeroso in Parlamento. Anche se da domani avremo lo stesso Presidente della Repubblica, lo stesso Presidente del Consiglio e la stessa maggioranza di governo, questa tornata elettorale non sarà priva di conseguenze. Ha avuto il grande merito di mettere a nudo l’inconsistenza dell’attuale quadro politico al di là delle dichiarazioni ufficiali. Ne escono incrinate le coalizioni, indebolite le posizioni dei partiti di maggioranza, inaspriti i conflitti tra i partiti, e perfino “bruciate” alcune figure istituzionali di primo piano che sono state buttate nella mischia in modo un po’ approssimativo. Chiuso questo passaggio tornano prepotentemente al centro le questioni finora eluse, anche grazie all’imminente elezione del Presidente della Repubblica. In Primis la Riforma del CSM di cui Mattarella non potrà più evitare di parlare, ma anche la crisi ambientale, quella energetica, quella sanitaria, quella geopolitica. Sempre che non arrivi prima quella di governo.

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