Martedì e mercoledì scorso dei gruppi di attivisti appartenenti al movimento Extinction Rebellion hanno attaccato la sede del Ministero per la Transizione Ecologica. I dimostranti, tutti poco più che ventenni, hanno imbrattato con vernice rossa la facciata del Ministero e sono riusciti ad introdursi all’interno degli uffici dove hanno continuato a sporcare pavimenti e arredi con bombolette spray, lasciando sui muri messaggi come “act now” o “more action”. Al di là della costernazione espressa dal Ministro Cingolani, non risulta siano state danneggiate cose o aggredite persone. Non è stato fatto nessun danno che non può essere riparato con un buon solvente sicuramente già in dotazione alla ditta delle pulizie. All’arrivo delle forze dell’ordine, la decina di ragazzi presenti non ha opposto resistenza al fermo. Quatto i denunciati. Durante l’azione, ripresa da alcuni dipendenti presenti in quel momento, un attivista ha spiegato: “Di fronte al disastro che sta combinando l’umanità sul clima, cosa volete che siano due macchie di vernice?”
Cosa chiede Extinction Rebellion
“Siamo disperati. Non ci fa piacere imbrattare. Abbiamo mandato tante mail, abbiamo chiesto un incontro col Ministro. Gli abbiamo chiesto di guardarci negli occhi e dirci qual è la direzione dove stiamo andando, perché la scienza è d’accordo che stiamo andando verso il collasso. Stiamo distruggendo gli ecosistemi che ci sostengono e facciamo solo interessi economici”. Con queste parole un altro attivista ha motivato le azioni dimostrative di questi giorni. Mentre in un comunicato apparso poco dopo i fatti si legge: “Ultima Generazione ha già da tempo chiesto un incontro pubblico non solo con Cingolani, ma anche con Draghi, Patuanelli, Giorgetti, Orlando e Carfagna; oltre ventisei mila e-mail sono state inviate dalle persone che sostengono la campagna a queste 5 figure del governo, alle quali non è giunta alcuna risposta. Perciò le persone attive in Ultima Generazione sono tornate ad alzare il tiro della loro contestazione, e continueranno finché il governo non concederà un incontro pubblico dove discutere in merito alla necessità di agire radicalmente per contrastare la crisi ecologica e climatica, e usare nuovi strumenti partecipativi come le Assemblee di Cittadine/i.” L’associazione nasce nel 2018 nel Regno Unito come movimento ecologista non violento per chiedere ai governi di tutto il mondo azioni radicali ed immediate per affrontare la crisi climatica, percependo come imminente il rischio di estinzione umana a causa del collasso ecologico. La loro attività è volta ad ottenere, anche attraverso azioni di disobbedienza civile, che:
- Il Governo deve dire la verità su quanto grave/mortale sia la nostra situazione, dichiarare l’emergenza climatica e della biodiversità, deve invertire tutte le politiche non in linea con questa situazione e deve lavorare a fianco dei media per comunicare l’urgenza del cambiamento, compreso ciò che gli individui e le comunità devono fare.
- Le emissioni di gas serra in tutti i settori devono venir ridotte allo zero netto entro il 2025 e l’overshoot ecologico deve venir invertito attraverso una massiccia mobilitazione d’emergenza. I nuovi obiettivi della società devono essere quelli di ripristinare rapidamente un clima più sicuro e fresco e di fornire la massima protezione a tutte le persone ed a tutte le specie, specialmente a quelle più vulnerabili.
- Assemblee di cittadini a livello locale, cantonale, nazionale ed internazionale, basate su forme più solide di democrazia partecipativa, devono venir create per capire come i due obiettivi qui sopra potranno essere realizzati nei loro particolari contesti, dando priorità ai bisogni delle persone e delle specie più colpite dalla crisi ecologica e per assicurare che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sia rispettata.
Contraddizioni
Queste persone hanno paura. Sono spaventate dall’incapacità di azione che i governi manifestano sulle politiche ambientali. E per quanto ingenue possano essere le azioni messe in campo, i timori di una generazione che si vede condannata a vivere in un mondo peggiore sono tutt’altro che ingenui. Le proiezioni ufficiali descrivono un mondo dove fra meno di 30 anni l’umanità vedrà ridurre notevolmente l’accesso a beni essenziali come l’acqua potabile, il cibo o le cure sanitarie di base. Un mondo in cui crisi climatiche e carestie renderanno impossibile abitare zone oggi abitate. E questo non nella lontana Asia o nell’arretrata Africa, ma nella vecchia Europa, nel bacino del mediterraneo e in altre aree tradizionalmente abitate con favore dall’essere umano. Forse vale la pena ricordare che questi cosiddetti “beni essenziali” sono già oggi appannaggio della sola parte ricca della popolazione mondiale. L’ultimo rapporto UNICEF-OMS su acqua e igiene ci ricorda che mentre alle nostre latitudini siamo soliti defecare più o meno spensieratamente in un vaso ceramico colmo di acqua potabile, circa due miliardi e mezzo di abitanti del pianeta non dispongono di un accesso all’acqua potabile e altri quattro miliardi, ovvero circa la metà della popolazione mondiale non dispone di servizi igienici adeguati neppure per lavarsi le mani. Ma se fino a pochi anni fa la parte giovane e responsabile della popolazione poteva impegnarsi per migliorare le cose facendo pressione sui governi e i governi potevano impegnarsi cedendo alle pressioni, se fino a pochi anni fa si poteva implementare un piano di intervento a dieci o venti anni per ridurre la fame nel mondo, per poi rinnovare l’impegno una volta mancato l’obiettivo, oggi questi giovani non possono più esternalizzare la paura. Diverse indagini psicologiche individuano nell’ansia climatica, nella solastalgia, i principali fattori di rischio per la salute mentale dei giovani dei paesi ad economia avanzata.
Questa generazione si vede esclusa dai processi decisionali che li riguarda direttamente. Rivendica un protagonismo che forse non potrebbe neanche gestire visto il livello di complessità richiesto, ma che non trova intermediari nella classe politica e dirigente. I processi decisionali sono saldamente in mano ad una generazione che invece non solo non vivrà abbastanza a lungo per subire le conseguenze delle scelte che compie, ma che è anche responsabile dei problemi che oggi richiederebbero azioni urgenti. Una generazione che, tra l’altro, si sta dotando di risorse finanziarie prese a prestito dalla generazione futura, proprio per mettere in atto le azioni che questi giovani reclamano. E Cingolani per parlarci, pretende anche le scuse.