La vittoria del nazionalista Ersin Tatar alle presidenziali della Repubblica turca di Cipro Nord riaccende le tensioni greco-turche; Regno unito, Unione europea e Stati Uniti monitorano, le Nazioni unite rinnovano il mandato della missione di pace, la Turchia cerca l’affondo
Varosha città dell’oblio
Il 1 febbraio, a Washington, il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il ministro degli Esteri della Repubblica di Cipro, Ioannis Kasoulides, si sono incontrati per discutere del reinsediamento del quartiere di Varosha, a Famagosta, sotto la supervisione dell’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu). In cambio, Nicosia ha accettato il passaggio dei voli internazionali per l’aeroporto di Tymbou, sempre sotto l’egida Onu. Costruito dopo il secondo conflitto mondiale dal Regno unito, che sull’isola ha due territori d’oltremare che ospitano altrettante basi militari inglesi, questo aeroporto fu occupato nel 1974 dalla Turchia. In seguito, per iniziativa di Ankara, vi fu edificato lo scalo internazionale di Ercan, usato oggi come principale aeroporto civile di Cipro Nord, anche se gli aerei provenienti dall’estero, prima di atterrarvi, sono obbligati dalla comunità internazionale a fare scalo in uno degli aeroporti turchi. Oltre ad aver espresso «soddisfazione» per le relazioni tra Washington e Nicosia e l’intenzione di rafforzare la cooperazione con i greco-ciprioti, Blinken si è detto favorevole a una soluzione federale per la gestione dell’isola, impegnandosi a lavorare in tal senso. Nondimeno, secondo il presidente turco-cipriota, il nazionalista Ersin Tatar (che ha preso l’incarico a fine gennaio), il prerequisito indispensabile a qualsiasi negoziato è il riconoscimento internazionale dello status della Repubblica turca di Cipro Nord (Kktc). Nessuna apertura, invece, né a un dialogo informale, né ad altri garanti oltre alla Turchia, unico paese a riconoscere la Kktc. Quanto a Varosha (Maras in turco), lo scorso 6 ottobre, durante un incontro ad Ankara con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, Tatar aveva annunciato che la città e i luoghi turistici del litorale erano stati riaperti, ma che le proprietà sarebbero state restituite ai legittimi proprietari «una volta esaminate tutte le domande presentate».
Un conflitto sepolto nella sabbia
Immediata la condanna di Nicosia, che aveva accusato la Kktc di riportare l’isola ai tempi dell’invasione turca del 1974 e, considerando Varosha come proprietà della popolazione greco-cipriota, aveva annunciato di presentare ricorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Atene si era subito schierata con la Repubblica di Cipro, mentre, il 13 dicembre, a prendere posizione erano stati i ministri degli Esteri dell’Ue, che avevano ventilato l’ipotesi di imporre sanzioni ad Ankara. Sul fronte opposto, la Turchia aveva manifestato la propria contrarietà alle condizioni di abbandono cui è condannato questo quartiere di Famagosta (che in greco significa sepolta nella sabbia) e la spiaggia, divenuta terra di nessuno dopo l’occupazione turca del 1974. Attualmente, infatti, l’accesso al pubblico è consentito solo su 200 metri di spiaggia, mentre il resto della zona è circondata da filo spinato e sorvegliata da militari turchi. «Ci auguriamo che l’intera Maras sia aperta all’uso dopo che i lavori in corso sono stati completati nel rispetto dei diritti di proprietà», aveva commentato Erdoğan a ottobre, ma la disputa tra Atene e Ankara per la sovranità sulle zone contese del Mediterraneo orientale, ivi inclusi i diritti di sfruttamento energetico, rischia di prolungare la disputa su Varosha. Soprattutto in un momento in cui Grecia e Turchia sono guidate da governi nazionalisti costretti ad affrontare il crescente malcontento delle rispettive popolazioni a causa della crisi economica e dell’aumento delle diseguaglianze, al pari dei loro satelliti ciprioti. A Nicosia, peraltro, Transparency International ha assegnato la 52 posizione su 180 paesi nella classifica per indice di percezione della corruzione, scendendo di ben dieci posti in un anno: una valutazione che potrebbe avere ripercussioni sulle scelte degli investitori stranieri, malgrado l’interesse suscitato, soprattutto in Europa, dall’annuncio greco-cipriota della prossima emissione di green bond. Dal canto suo, la Kktc è alle prese con l’insoddisfazione di una parte della popolazione turco-cipriota per la soluzione a due Stati, nella convinzione che i legami con l’economia dissestata di Ankara, nel generale isolamento internazionale, peggiorino le condizioni di vita sulla parte dell’isola soggetta alla sua influenza.
Impasse internazionale
Intanto, il 28 gennaio il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rinnovato di sei mesi il mandato della missione di pace a Cipro (Unficyp) con la risoluzione n. 2618/2022, ribadendo gli appelli alle due amministrazioni a rafforzare gli sforzi diplomatici per una soluzione duratura. Dopo il processo denominato Track I, fondato su accordi ufficiali tra le autorità greco-cipriote e turco-cipriote, l’Onu invita a elaborare un Track II, che includa anche colloqui informali, per la cui supervisione il Consiglio di sicurezza può nominare un inviato speciale. Decisioni che hanno suscitato l’irritazione di Ankara, che accusa la comunità internazionale di imporre la volontà di Atene e Nicosia senza curarsi del consenso turco-cipriota, e di ignorare le mosse unilaterali dei greco-ciprioti. Un riferimento non solo alla questione di Varosha, ma anche all’intraprendenza della Repubblica di Cipro nel Mediterraneo orientale. Secondo la Turchia, il mancato riconoscimento di pari diritti di sovranità per le due amministrazioni dell’isola impedisce, di fatto, una soluzione condivisa. Ad acuire le tensioni, a fine gennaio, sono state poi le dichiarazioni del ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu. che ha accusato la Repubblica di Cipro di offrire ospitalità alle «organizzazioni terroristiche» legate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), in riferimento al Partito di unione democratica (Pyd) curdo siriano, che aveva appena inaugurato, a Nicosia, l’Associazione di solidarietà curdo-cipriota, in presenza dei due rappresentanti del Pyd e del Pkk. Çavuşoğlu ha quindi minacciato la Grecia e i greco-ciprioti di gravi conseguenze nel caso in cui gli interessi della Turchia o della Kktc siano minacciati. Frattanto, l’Ue ha approvato lo stanziamento di 657 milioni di euro per portare a termine il progetto EuroAsia Interconnector, un corridoio elettrico costituito da un cavo sottomarino dalla capacità di 2000 MW, che, attraverso Cipro e Creta, collegherà il Mediterraneo orientale all’Europa. In tal modo, si porrà dunque fine all’isolamento energetico della Repubblica di Cipro, che a marzo 2021 aveva aderito al progetto firmando un accordo con Grecia e Israele. La Commissione europea aveva dato una valutazione positiva all’EuroAsia Interconnector, inserito nel Piano di ripresa e resilienza di Cipro, e lo scorzo luglio aveva approvato un primo contributo da 100 milioni di euro.
A colpi di cooperazione
Il 17 gennaio, il presidente della Repubblica di Cipro Nicos Anastasiades ha diffuso un comunicato scritto a proposito del progetto del gasdotto EastMed, che dovrebbe portare in Europa il gas naturale estratto nel Mediterraneo orientale. I piani energetici di Nicosia, ha commentato, saranno attuati nell’interesse del suo popolo e dei paesi amici. L’accordo per la realizzazione del progetto era stato firmato a gennaio 2020 da Repubblica di Cipro, Grecia e Israele, i tre paesi per i quali passerà il gasdotto, che dalle riserve israeliane di gas naturale, presso il giacimento del Leviatano, si dirigerà presso il giacimento cipriota di Afrodite, per poi raggiungere Creta e la Grecia. Di qui, mediante un altro gasdotto, il gas israeliano arriverà anche in Italia. Contestualmente, al Cairo, gli stessi tre paesi, con Egitto, Italia, Giordania e Autorità palestinese, si erano incontrati nel quadro del Forum del gas del Mediterraneo orientale, per discutere di approvvigionamento energetico, ma soprattutto di equilibri geopolitici. In particolare, l’intensificazione della cooperazione tra Tel Aviv e Nicosia e l’elaborazione di un’alternativa alla Russia per soddisfare il fabbisogno europeo di gas naturale. Di riflesso, progetti come EastMed ed EuroAsia Interconnector sono potenziali strumenti di pressione su Ankara, se dovesse avanzare eccessive pretese geo-strategiche. Intanto, sia la Turchia, sia la Repubblica di Cipro cercano di ampliare l’orizzonte delle intese tattiche, con particolare riguardo per Israele (anche Ankara ultimamente ha manifestato l’intenzione di migliorare le proprie relazioni con Tel Aviv) e per le monarchie del Golfo (gli Emirati arabi uniti per Ankara, il Kuwait per Nicosia). La diplomazia greco-cipriota, inoltre, ha aperto ultimamente alla Cina, per la fornitura di gas naturale alla centrale elettrica di Vassilikos, e all’Armenia, storica avversaria della Turchia, in materia di cooperazione militare. Le tensioni tra turco-ciprioti e greco-ciprioti, dunque, continuano ad aumentare, come avviene ovunque si intreccino i conflitti per procura tra potenze mondiali e regionali.