Dopo anni di lotte da parte degli ambientalisti, l’alta moda sceglie di abbandonare le pellicce.
Quest’anno appena iniziato ha inaugurato grandi cambiamenti a tutela degli animali. Solo qualche giorno fa, per la precisione l’8 febbraio, la Camera dei deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge che introduce la tutela dell’ambiente e della biodiversità nella Costituzione (puoi leggerne di più in questo articolo).
Tale tema sembra essere sempre più al centro dell’attenzione, coinvolgendo come mai prima d’ora numerosi settori. Non poteva di certo mancare l’industria della moda, che proprio in questi giorni ha visto alcune delle più grandi aziende del settore prendere decisioni importanti. Non solo, il 1° gennaio, con un emendamento alla Legge di Bilancio 2022, il governo italiano ha detto stop agli allevamenti di animali da pelliccia come visoni, volpi, cincilla e procioni. Si tratta certamente di una svolta, promossa e auspicata da attivisti e associazioni animaliste da almeno dieci anni.
Come si può leggere in chiaro dal documento sulla Legge di bilancio 2022, vige il “divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di visoni, volpi, cani procione e cincillà e di animali di qualsiasi specie utilizzati per ricavarne pelliccia e l’istituzione, presso il MIPAFF, di un Fondo, con una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 volto a indennizzare gli allevamenti di animali da pelliccia (commi 980-984)”.
Dolce e Gabbana verso la sostenibilità
Tra i primi fra le prime case di moda ad aver rinunciato alle pellicce in questo 2022, troviamo Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che nonostante non abbiamo ancora fatto annunci ufficiali sulla scelta di non usare più pelliccia, a Il Sole 24 Ore hanno dichiarato “La pandemia non è ancora finita, i cambiamenti sociali e culturali che ha innescato però sono già in atto – spiegano – Seguiamo da sempre il nostro istinto e teniamo alla nostra indipendenza, ma ogni collezione nasce dall’osservazione ed elaborazione, anche inconscia, di ciò che accade intorno a noi, nel mondo reale e sempre di più in quello digitale, ed è stato così anche questa volta”.
Cambiamenti che li hanno portati, nel corso degli anni, a voler cambiare qualcosa nel loro modo di produrre. Per i due stilisti e imprenditori, infatti, la sostenibilità non può essere divisa tra ambientale, sociale ed economica: “È un percorso di cambiamento che richiede idee, investimenti e tempo – hanno dichiarato – Sono due anni che puntiamo a non usare più pellicce e avevamo già introdotto quelle sintetiche. Ci sono però due problemi: primo, i materiali non sono ecosostenibili, bensì inquinanti. Secondo, la qualità non ci ha mai soddisfatto. Ora abbiamo trovato una terza via, molto Dolce&Gabbana”.
La soluzione sarebbero proprio materiali più ecosostenibili e il sogno sarebbe arrivare a usarne di biodegradabili.
“L’artigianalità è la nostra stella polare, nell’alta moda, ovviamente, e sempre di più nel prêt-à-porter – spiegano Domenico Dolce e Stefano Gabbana – Sappiamo tutti che la transizione verso un’economia verde ha dei costi: nel nostro piccolo, abbiamo pensato a preservare il lavoro dei pellicciai, messo a rischio dalle nuove sensibilità, ad esempio, sugli allevamenti di animali”.
Anche Ermenegildo Zegna dice no alle pellicce
Anche il gruppo Zegna dice stop alle pellicce. Ad annunciarlo è stato proprio il presidente e CEO dell’azienda, Ermenegildo. Fondata nel 1910, la società produttrice di tessuti e abbigliamento nata 111 anni fa a Trivero, in provincia di Biella, vanto del tessile italiano nel mondo, oggi realizza quasi metà del fatturato in Cina. La decisione di Zegna segue di pochi giorni quella di Dolce&Gabbana, e anni dopo quella di altre case di moda in tutto il mondo.
“Parte dell’etica di Zegna, sin dalla nostra fondazione nel 1910, è stata la convinzione che la creazione di prodotti della massima qualità vada di pari passo con la cura del mondo naturale che ci circonda – ha detto Zegna a seguito della diffusione dei ricavi preliminari 2021 del gruppo – Attingendo a questi valori, il gruppo Zegna ha deciso che le collezioni 2022 saranno le ultime a utilizzare pellicce sia per Zegna sia per Thom Browne”, si legge su La Repubblica.
“Concentrandoci sul nostro marchio legacy – ha aggiunto Zegna – che sta attraversando un importante rebranding, e sull’ulteriore rafforzamento della nostra piattaforma tessile di lusso Made in Italy, unica nel suo genere, unita al ritmo dinamico con cui Thom Browne continua, siamo stati in grado di fornire una solida performance finanziaria nel 2021″, motivazione che probabilmente permette al marchio di svoltare verso una direzione più favorevole in termini di ecosostenibilità.
Gli altri brand che da quest’anno diventeranno fur-free
L’Italia si aggiunge così ad una lunga lista di paesi europei con norme del genere già in vigore, come Regno Unito e Svizzera.
A partire dalle collezioni autunno 2022, nessuna delle maison del gruppo Kering utilizzerà la pelliccia animale. Dall’anno prossimo, infatti, nessun animale verrà utilizzato per creare le pellicce in casa Kering, la holding francese proprietaria di marchi come tra cui Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, Alexander McQueen. Era stato proprio Gucci, infatti, il primo brand ad annunciare l’abbandono all’uso delle pellicce nel 2017, impegnandosi a sensibilizzare gli altri marchi, che progressivamente hanno seguito la stessa strada.
“Kering ha deciso di smettere di usare la pelliccia animale. A partire dalle collezioni Autunno 2022, nessuna delle Case del Gruppo utilizzerà la pelliccia – aveva dichiarato a fine 2021 l’azienda tramite i canali social, aggiungendo una dichiarazione di François-Henri Pinault, Presidente e CEO di Kering – “Diventare completamente fur free come gruppo è proprio la cosa giusta da fare: lo facciamo per convinzione, per amore dell’etica e della modernità“, ha dichiarato.
Giorgio Armani e la decisione presa nel 2016
“Sono lieto di annunciare – aveva dichiarato Giorgio Armani – il concreto impegno del Gruppo Armani alla totale abolizione dell’uso di pellicce animali nelle proprie collezioni. Il progresso tecnologico raggiunto in questi anni ci permette di avere a disposizione valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali”, aveva aggiunto.
“Proseguendo il processo virtuoso intrapreso da tempo, la mia azienda compie quindi oggi un passo importante a testimonianza della particolare attenzione verso le delicate problematiche relative alla salvaguardia e al rispetto dell’ambiente e del mondo animale”.
Ad aggiungersi a Giorgio Armani e agli altri brand citati in precedenza, ci sono anche Calvin Klein, Hugo Boss, Ralph Lauren, Furla, Versace, Micheal Kors, Jimmy Choo, Valentino e altri che hanno compiuto questo passo negli ultimi anni.