“Mi manchi come un concerto”. E i Metallica per suonare dal vivo si fanno annusare dai cani anti-covid.

“Mi manchi come un concerto”. E i Metallica per suonare dal vivo si fanno annusare dai cani anti-covid. “Mi manchi come un concerto”. E i Metallica per suonare dal vivo si fanno annusare dai cani anti-covid.

“Mi manchi come un concerto” è stato uno degli slogan più romantici durante la pandemia. Quello della musica dal vivo, infatti, è stato uno dei settori più danneggiati in questi due anni di emergenza sanitaria, in cui sono state chiuse le discoteche, i locali e gli stadi per le esibizioni live. Per riprendere a cantare dal vivo, alcune band degli Stati Uniti si sono affidate al fiuto dei cani per controllare la positività al Covid – 19. Uno studio confermato di recente anche dall’Università Politecnica delle Marche.

I Metallica e i cani

Immaginate i Metallica, il gruppo heavy metal più famoso degli Stati Uniti, mettersi in fila prima di ogni concerto per farsi annusare dai cani anti-covid, che gli dicono se sono positivi o meno al virus Sars CoV-2. È cio che è successo nel backstage di due concerti dei Metallica, organizzati a Fort Lauderdale e Atlanta. Visto il successo dell’operazione, è stato deciso di ripetere l’esperimento anche per lo show del quarantesimo anniversario della band a San Francisco, che si è svolto in due serate, il 18 e il 19 dicembre. Tutto lo staff, fino a duecento persone lavorano nel backstage dei loro concerti, si è messo in fila con il dovuto distanziamento ed ha fatto annusare ai cani la propria mascherina, indossata per almeno dieci minuti. Se la persona che la indossava risultava positiva al Covid, il cane si sedeva davanti a lui a fissarlo. Questo grazie agli animali della compagnia Bio-Detection K9 dell’Ohio, una società che addestra cani alla rilevazione di batteri, virus e funghi e che collabora con il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti da circa dieci anni. Con un addestramento di sei mesi, la Bio-Detection K9 ha insegnato agli animali a fiutare e a scovare il virus Sars CoV-2 negli esseri umani, con una sicurezza quasi assoluta, tra il 98 e il 99 per cento dei casi. La concentrazione di odori che si riversano nella mascherina, ha infatti permesso ai cani di individuare i soggetti infetti e di distinguerli da chi aveva una semplice influenza. John Peets di Q Prima, la società di management che rappresenta i Metallica, ha confermato: “Toccando ferro, finora i cani hanno fatto un ottimo lavoro e non hanno mai sbagliato”. Un’esperienza dii successo che è stata seguita dai Tool, dai Black Keys e anche dai Twenty One Pilots, per far si che i concerti si svolgessero in sicurezza, aiutando un comparto gravemente danneggiato dalla pandemia.

“Covid-19 screendog”: lo studio dell’Università Politecnica delle Marche

Sono stati presentati ad Ancona, nell’Aula Magna dell’Università Politecnica delle Marche, i risultati del primo studio scientifico italiano “C19-screendog”, ovvero i cani che rilevano il Covid-19 con uno screening diretto sulla persona. Lo studio è stato promosso dalla professoressa Maria Rita Rippo dell’Università, mentre il protocollo è stato ideato dal dottor Roberto Zampieri, fondatore dell’associazione cinofila “Progetto Serena Onlus” di Verona, che ha già lavorato affinché i cani scoprano variazioni glicemiche sui loro esseri umani di riferimento affetti da diabete.

Il protocollo prevede l’addestramento di cani da parte di cinofili esperti, atto a fiutare la presenza di Sars CoV-2 negli umani senza ricorrere al prelievo di campioni biologici da far annusare. I risultati sono comparabili, se non migliori, di quelli dei test antigienici rapidi, che sono però invasivi e costosi. Alcune recenti ricerche scientifiche, già pubblicate su prestigiose riviste internazionali, avevano dimostrato che i cani da rilevamento sono in grado di riconoscere campioni di sudore ascellare prelevati da soggetti positivi al SARS-CoV-2, con sensibilità e specificità comparabili a quella dei migliori test rapidi. Da qui è partito lo studio italiano, che si è svolto tra luglio e dicembre del 2021. All’inizio, infatti, lo screening è stato effettuato su campioni di sudore conservati nei laboratori di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche e dell’ATS Sassari. Dopo questa prima fase si è passati alla validazione dei test in drive in, quindi in una situazione reale in cui ad essere annusati dai cani non erano più i campioni di sudore ma la persona stessa. La segnalazione dei cani è stata incrociata poi con il referto del test molecolare effettuato nello stesso giorno, mostrando, tra il 98 e il 100 per cento dei casi, lo stesso risultato dei cani. In cinque mesi sono state testate, o meglio annusate, 1251 persone, tra vaccinati e non, di cui 206 risultate positive. Anche in questo caso, come negli Stati Uniti, i cani sono stati educati dai cinofili a distinguere i campioni positivi dai negativi, segnalando, sedendosi, solo i positivi e seguendo uno specifico protocollo ad hoc ideato ed elaborato da Roberto Zampieri.

Nessun cane è stato maltrattato

Come segnala il sito dell’Università Politecnica delle Marche, grazie alla collaborazione dei ricercatori veterinari dell’Università, è stata inclusa nello studio l’analisi del benessere dei cani in tutte le fasi, dall’imprinting alla validazione del test, giungendo alla conclusione che nessun indicatore comportamentale di stress, stanchezza o esaurimento è stato rilevato durante tutte le fasi, inclusa la sessione di screening e che pertanto questa attività non ha avuto un impatto negativo sul benessere del cane.

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