“Ma che stai sulla Salaria”? Professoressa accusa studentessa di mercificare il proprio corpo

Ma che stai sulla Salaria?

Queste parole sono state rivolte a una studentessa del liceo scientifico Righi a Roma da parte di una sua professoressa

La vicenda comincia una normale mattina di scuola in cui la ragazza e un suo compagno stavano facendo un balletto per il social TikTok.

«Lei è entrata senza dire nulla. Noi ci siamo rimessi a sedere e ci siamo scusati. A quel punto mi ha accusato di mercificare il mio corpo. E poi davanti alla vicepreside – denuncia la ragazza – la professoressa ha insistito, alzandosi la maglietta e muovendosi in modo sensuale per farmi capire che non voleva darmi della prostituta, ma tutelarmi. Ma a me ha detto un’altra cosa: che stavo vendendo il mio corpo».

«La prof non mi ha dato espressamente della prostituta, ma mi ha accusato di mercificare il mio corpo, per il modo in cui ero vestita».

Insulti sessisti rivolti quindi a una studentessa da parte di un membro del corpo docente. La ragazza non è stata accusata direttamente di prostituzione, ma è ciò che si può evincere dall’uso del termine Salaria, strada in un quartiere romano famigerato per essere un luogo in cui abbonda la prostituzione.

La ragazza ha comunicato all’agenzia Adnkronos che la professoressa si è scusata per la parola infelice “Salaria”, ma non per l’accusa malcelata di prostituzione.

Ciò che ha infastidito maggiormente la studentessa è stato il fatto che questi commenti siano stati rivolti esclusivamente a lei, esentando il suo compagno con cui stava facendo il video.

Parla la preside del Liceo

La preside del liceo Righi, la professoressa Cinzia Giacomobono, riferisce di avere saputo di quanto successo «L’altro ieri quando la studentessa è venuta da me a denunciare questa situazione a termine mattinata. Ieri ho ascoltato la professoressa e i rappresentanti d’istituto. La vicenda si snoda su tre piani: il primo l’insulto che la ragazza ritiene di avere vissuto come sessista e che denuncia di avere ricevuto dalla docente, “ma che stai sulla Salaria”. La ragazza ritiene di essere stata apostrofata come prostituta e che lo stesso insulto non sarebbe stato fatto al ragazzo con cui stava girando il video. Vorrei precisare che la professoressa ha ammesso di avere avuto una uscita infelice ed ha ribadito che non intendeva assolutamente influenzare nessuno. Il secondo punto su cui si snoda la vicenda è il dress code, per cui oggi i ragazzi sono venuti in minigonna e pantaloncini. L’argomento è stato sviscerato: più che di dress code parlerei di abbigliamento consono all’ambiente, come avviene ovunque. Viviamo in una società in cui ci si deve adeguare al contesto in cui ci si trova”, prosegue. Infine, c’è da considerare un terzo punto: la professoressa entrando in classe ha avuto il timore che la ragazza che stava facendo questo video troppo provocante, potesse farlo girare in rete. Preciso che la docente in questione si occupa di bullismo e cyberbullismo, affronta dunque questi temi. Il suo obiettivo era dunque impedire alla ragazza di mettere in rete un video, in cui ballava a corpo scoperto che avrebbe potuto rivelarsi pericoloso. Evidenziando tra l’altro che la scuola non è il luogo in cui fare certe cose. Il suo intervento era finalizzato a questo».

«Aprirò come atto dovuto il procedimento disciplinare nei confronti della professoressa, ma spero che questa vicenda si possa risolvere in modo costruttivo e formativo per tutti, corpo docente e ragazzi –  continua la Dirigente – Nei confronti della studentessa predisporrò interventi formativi, come incontri con la polizia postale, per farle comprendere che quelli che ha avuto sono comportamenti che nessuno dovrebbe mettere in atto perché possono ritorcersi contro».

Pare quindi che l’intenzione principale della docente fosse mettere in guardia la ragazza, il che è assolutamente legittimo, ma che dire del suo compagno maschio? Perché lui non è stato redarguito? È sempre il solito discorso: la donna sola può essere una preda, l’uomo può essere solo un cacciatore e si deve insegnare alla preda a scappare, così si persegue un esempio di patriarcato e mascolinità tossica in cui la colpa andrà sempre alle vittime, perché se succedesse qualcosa e i video della ragazza fossero davvero usati contro di lei (ci auguriamo che non succeda mai), quante sono le possibilità che la colpa vada effettivamente a chi ha commesso l’illecito e quante sono quelle che ci si scaglierebbe contro la ragazza, accusandola di aver provocato questi comportamenti con i suoi video?

La professoressa ha comunque esagerato

Per quanto si possa capire l’intento provocatorio della professoressa, il suo comportamento risulta comunque inqualificabile. Non solo per l’infelice frase “Ma stai sulla Salaria?” di cui poi si è scusata, ma anche per il balletto provocatorio avuto successivamente in cui si muoveva in modo sensuale mostrando la pancia. Quale che fosse il suo intento, il messaggio è stato veicolato nel modo sbagliato e se la ragazza non fosse intervenuta per difendersi, la cosa sarebbe passata in sordina come una frase goliardica, quando in realtà l’offesa è reale e la studentessa è legittimata a sentirsi lesa.

Considerando le varie età che un istituto superiore ospita, c’è da augurarsi che sia stato un caso isolato e che nessuna frase del genere sia mai stata rivolta alle studentesse più giovani.

Si può obiettare che un’aula scolastica non è il luogo adatto per registrare questi video, il che è un’obiezione legittima, anche se si potrebbe chiudere un occhio visto che è accaduto durante un’ora buca e che non appena la professoressa è entrata i ragazzi hanno spento e si sono scusati, sedendosi, ma comunque l’obiezione principale rimane, a quel punto però sarebbero dovuti essere entrambi i ragazzi a essere o puniti tramite nota disciplinare, o rimproverati per il loro comportamento non consono a un luogo di lezione.

Questo è successo? Stando alle parole della studentessa, no.

Se insegniamo alle nostre ragazze a coprirsi, a doversi sempre giustificare per come si vestono, per come si muovono, per cosa dicono e come lo dicono e mai ai ragazzi che devono rispettare le donne, che cosa significa il consenso e che le donne non sono oggetti sessuali su cui sfogarsi, allora che speranze abbiamo per un futuro sempre più equo?

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *