Clima: potranno ancora svolgersi le Olimpiadi Invernali in futuro?

Le Olimpiadi invernali potrebbero scomparire a causa del clima che cambia

Le Olimpiadi in corso segnano una svolta storica nel loro svolgimento, infatti, sono le prime a svolgersi soltanto su neve artificiale. La decisione è stata presa proprio a causa della mancanza di neve, che se non ha ostacolato Pechino, potrebbe essere un grande problema per quelle future.

Secondo i dati contenuti in uno studio pubblicato su Current Issues in tourismIl cambio climatico ha modificato per sempre il futuro degli sport invernali“, la notizia è sconvolgente, ma se non verrà applicato l’Accordo di Parigi, entro la fine del secolo si potrebbe sciare ancora soltanto a Sapporo, sede dei Giochi nel 1972.

Come riportato da La Repubblica, “i ricercatori sottolineano infatti che l’inverno sta cambiando nelle località dei passati Giochi Olimpici Invernali e le mutate condizioni della neve o la necessità di sciare su quella artificiale possono mettere a rischio gli atleti durante questi mega eventi sportivi“.

Cosa dice lo studio sul clima

Lo studio in questione, come riportato da La Repubblica, si basa su un sondaggio effettuato su ben 339 atleti d’élite e allenatori di 20 Paesi “per definire le condizioni eque e sicure per le competizioni degli sport invernali”.

Queste condizioni, riguardano determinati stati atmosferici come la nebbia, la neve fresca farinosa, la neve artificiale, il ghiaccio e il vento. I risultati mostrano che “la frequenza di condizioni non eque e non sicure è aumentata negli ultimi 50 anni nelle 21 località che hanno ospitano i Giochi invernali e la probabilità di condizioni non sicure aumenta in tutti gli scenari futuri di cambiamento climatico“.

Non ci sono altre parole per dirlo, se le politiche per limitare l’aumento delle temperature non venissero attuate, entro la metà del secolo l’allarme è chiaro: non si potrà più sciare a Torino, Cortina d’Ampezzo (dove si terranno i giochi nel 2028), St. Moritz, Albertville, Chamonix, Insbruck, per citare alcune ex sedi olimpiche europee. No solo, dalla lista si dovranno eliminare anche Calgary, Salt Lake City, Vancouver o Nagano: si salverebbero Lillenhammer in Norvegia, Lake Placid negli Stati Uniti e Sapporo in Giappone.

Il futuro per gli atleti olimpici

Uno dei problemi evidenziato dallo studio mette in evidenza come la direzione climatica vada invertita il prima possibile, anche per tutelare le gare degli atleti. Una parte dell’analisi, si basa sui dati climatici dal 1920 a oggi, delle città che hanno già ospitato le Olimpiadi invernali. Attraverso dei modelli sono stati anche stimati gli scenari futuri sull’impatto del cambiamento climatico, in particolare per gli anni 2050 e 2080. “I ricercatori hanno anche interpellato diversi atleti e allenatori internazionali, che hanno confessato di aver già sperimentato un impatto sulle condizioni delle competizioni: il 94% degli intervistati teme anche che il cambiamento climatico possa influire sullo sviluppo futuro delle loro discipline sportive”, si legge.

Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr e docente di Fisica del clima all’università di Roma Tre, si è espresso sullo studio per La Repubblica, sostenendo: “al di là delle ex sedi olimpiche la situazione è critica un po’ dovunque sulle montagne del mondo. I ghiacciai stanno arretrando e la quota neve sta aumentando“.

I ghiacciai montani stanno ancora rispondendo lentamente al riscaldamento degli ultimi decenni – spiega Pasini – e non sono in equilibrio con la temperatura attuale, cosicché se anche la temperatura si stabilizzasse ai valori attuali, i nostri modelli mostrano come essi perderebbero comunque un 30-35% della loro superficie (e del loro volume) nel 2100” dichiara. “Ciò che dobbiamo evitare è che i ghiacciai si riducano al 5% della superficie attuale, come potrebbe avvenire nello scenario climatico business as usual, cioè se non facessimo nulla per limitare le emissioni di gas serra“, conclude il climatologo.

Le Olimpiadi di Pechino e la neve artificiale

Come anticipato, queste Olimpiadi si stanno svolgendo con la neve artificiale, tale scelta tuttavia non ha gravato poco sul paese. Da anni, infatti, la Cina ha grossi problemi di approvvigionamento di acqua, e per riuscire ad alimentare i cannoni che hanno costellato di neve le piste “ha dovuto riempire un fiume in secca svuotando un importante serbatoio idrico della zona, oltre a bloccare l’irrigazione di diversi terreni agricoli e “ricollocare” centinaia di agricoltori con le loro famiglie”, come spiega chiaramente Focus.

Come riporta la nota rivista sull’ambiente e la scienza, i dati disponibili nel 2020 evidenziano come le risorse di acqua dolce annuali per abitante a Pechino erano di circa 117 metri cubi, mentre quelle della provincia dell’Hebei, dove si trova Zhangjiakou, la città che ospita alcune delle gare di sci e snowboard, raggiungevano i 197 metri cubi pro capite.

Il problema dell’acqua

Il Post ha di recente riportato le dichiarazioni di Carmen de Jong, esperta di idrologia all’università di Strasburgo, che ha spiegato l’importanza dei bacini per la raccolta d’acqua nelle zone aride, durante queste Olimpiadi. Questi bacini, nonostante la loro utilità, sono in grado di raccogliere “solo alcune centinaia di migliaia di metri cubi di acqua: secondo una sua stima, per produrre abbastanza neve per i Giochi alla Cina ne servono fino a 2 milioni di metri cubi, l’equivalente dell’acqua contenuta in 800 piscine olimpiche”.

Dunque, per produrre abbastanza neve per le Olimpiadi a Zhangjiakou “si userà anche il 10 per cento dell’acqua usata dalla popolazione della vicina Chongli”, ha dichiarato.

Tale fenomeno non è la prima volta che si verifica, infatti, è già successo che l’acqua usata per la neve artificiale andasse a intaccare le riserve idriche destinate alla popolazione locale: “alla fine del 2018, durante un periodo di grande siccità, ai residenti di diverse zone delle Alpi francesi era stato raccomandato di limitare l’uso domestico dell’acqua proprio perché ce ne fosse a sufficienza per alimentare i cannoni sparaneve”, si legge sul Post.

Un futuro più incerto che mai

Insomma, se non ridurremo le emissioni di gas a effetto serra, come l’anidride carbonica (CO2) e il metano, entro il 2100 a causa dei cambiamenti climatici resterà solo Sapporo in Giappone, in grado di permettere lo svolgimento delle Olimpiadi Invernali in condizioni ottimali.

Nessuno sport può sfuggire agli impatti del clima che cambia”, ha commentato Scott, a capo dello studio. “Il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi è fondamentale per salvare gli sport sulla neve così come li conosciamo e garantire che ci siano luoghi in tutto il mondo dove ospitare le Olimpiadi invernali“, ha concluso.

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