Russia-Usa: europeo, troppo europeo!

Il presidente francese tenta di riallacciare un dialogo tra Mosca e Washington, mentre aumentano le tensioni

La Russia riconosce le due repubbliche “separatiste” del Donbass e manda il suo inviato nei Balcani; e l’Europa promette sanzioni

In rotta di collisione?

Nella serata del 21 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato in diretta televisiva due decreti con i quali si riconosce la sovranità delle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk, in Ucraina, in linea con quanto richiesto in precedenza dalla Duma, dietro mozione del Partito comunista. Bocciata, invece, la mozione del partito al potere, Russia unita, che suggeriva che questa decisione fosse preceduta da consultazioni con i ministri degli Esteri, Sergej Lavrov, che sarebbe stato contrario, e della Difesa. Anzi, in un suo discorso televisivo, Putin ha difeso la sua decisione come necessaria, aggiungendo che «avrebbe dovuto essere presa molto tempo fa». Quindi, ha fatto appello al Parlamento affinché ratifichi i due trattati di amicizia, cooperazione e mutuo sostegno siglati con le due neonate repubbliche popolari, a seguito di un incontro con i due presidenti, Denis Pushilin del Donetsk e Leonid Pasechnik per il Lugansk. I colloqui si erano svolti nel quadro della riunione del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, i cui membri sono stati chiamati a riconoscere la sovranità delle due repubbliche.

Europa: Usa e getta

Nello stesso discorso, Putin ha chiarito che l’eventuale adesione di Kiev all’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato) sarebbe una minaccia diretta alla sicurezza della Russia. Secondo il presidente russo, l’Ucraina «fu creata interamente dalla Russia bolscevica, comunista», al punto che oggi è chiamata «l’Ucraina di Vladimir Ilych Lenin», ma le statue di quest’ultimo oggi vengono distrutte in quel paese, in nome della decomunizzazione: un discorso che Putin sembra accettare, purché sia portato alle sue estreme conseguenze. Kiev, ha aggiunto, non ha una tradizione di entità statale, anche perché, dopo l’implosione del sistema sovietico, preferì restare legata alla Russia, per ottenere da questa relazione benefici e vantaggi, senza pagarne gli oneri (ad esempio, un contributo al risarcimento riconosciuto da Mosca elle ex repubbliche sovietiche dopo la loro indipendenza). Quanto all’Europa, il presidente russo ha riconosciuto che molti alleati europei degli Usa hanno capito la portata della minaccia rappresentata dalla promessa di adesione alla Nato rivolta a Ucraina e Georgia nel 2008, ma Washington li ha usati per portare avanti una politica anti-russa. D’altro canto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiamato il suo omologo statunitense Joe Biden, non un rappresentante dell’Unione europea (Ue), né il capo di uno dei suoi autorevoli paesi membri.

Riuscirà l’Europa a balcanizzare anche l’Ucraina?

Pertanto, Putin ha respinto i tentativi di alcuni alleati di Washington di rassicurare Mosca sul fatto che l’eventualità di questa adesione non è così vicina. Gli Usa, d’altronde, continuano a lanciare allarmi su un’invasione imminente della Russia in Ucraina, mentre la Procura di Kiev ha annunciato l’apertura di un’indagine contro Putin e contro il Consiglio di sicurezza della Federazione russa, per la violazione dell’articolo 110 del codice penale ucraino, che vieta l’appello pubblico a compiere azioni finalizzate alla modifica delle frontiere dello Stato. Intanto, con un altro decreto, Putin (in quanto presidente è anche comandante supremo delle forze armate) ha ordinato al ministero della Difesa di dispiegare truppe russe per il mantenimento della pace nel territorio delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, sfidando in tal modo quanto affermato nelle scorse settimane dalle cancellerie euro-atlantiche, che avevano definito una simile operazione un’invasione. Immediata la reazione di Zelensky, che in un discorso televisivo alla nazione ha accusato Mosca di far naufragare i negoziati di pace, escludendo qualsiasi possibilità di concessione territoriale. Il presidente ucraino, inoltre, ha detto di attendere un chiaro sostegno da parte degli alleati contro la Russia, ma intanto ha invitato i rappresentanti di Mosca, Parigi e Berlino a un vertice di emergenza. Frattanto, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto di essere stato rassicurato dal capo della diplomazia europea Josep Borrel sul sostegno unanime dei paesi Ue, mentre fonti locali riportano che una lunga colonna di soldati e veicoli militari di Kiev si dirige verso il Donbass.

Delirio eurasiatico

Kuleba, inoltre, in attesa del prossimo incontro con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, ha scritto sulla rete sociale twitter che le prossime azioni della Russia dipendono dalle reazioni alle sue ultime mosse, annunciando che chiederà sanzioni contro Mosca all’Assemblea generale dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu). Parimenti unanime è stata, peraltro, la condanna da parte delle cancellerie euro-atlantiche delle ultime decisioni del Cremlino, tanto del riconoscimento delle due repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale, quanto dell’invio di truppe russe nei loro territori, al punto da convocare una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza Onu. Entrambe le mosse, infatti, sono definite illegali da Washington, Kiev e dai capi di Stato dei principali paesi europei, oltre che dalle istituzioni comunitarie, dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e dal segretario generale dell’OnuAntónio Guterres: illegali, perché violano il diritto internazionale (sulla sovranità degli Stati) e gli accordi di Minsk, in merito ai quali, nei giorni scorsi, si è intensificato lo scambio di accuse tra Russia e Ucraina. Di conseguenza, il blocco occidentale ha già annunciato l’imminente imposizione di sanzioni a Mosca, a partire dal Regno unito, che anche in questa occasione si è dimostrato il più solerte alleato degli Usa. Anche Parigi, condannando la deriva ideologica e il «discorso paranoico di Putin», ha parlato di sanzioni europee, anche se in precedenza, dopo un tour diplomatico telefonico con i suoi omologhi russo e ucraino, il presidente francese Emmanuel Macron era riuscito a concordare un impegno comune per il cessate il fuoco e a fissare un incontro tra Putin e Biden per gli ultimi giorni di febbraio.

Delirio balcanico e caucasico

Contestualmente, Putin ha inviato il segretario generale del Consiglio di sicurezza russo, Nikolaj Patrushev, nei Balcani, dove, a Belgrado, incontrerà il presidente serbo Aleksandar Vučić. Quest’ultimo, inoltre, ha convocato una riunione degli ufficiali dele forze di sicurezza per discutere, tra le altre questioni, delle accuse rivolte da Lavrov la scorsa settimana a Bosnia, Albania e Kosovo (che le avevano prontamente smentite), di inviare mercenari in Ucraina per combattere contro i separatisti del Donbass. Formalmente, la Serbia si è dichiarata neutrale nello scontro tra Mosca e Kiev, ma negli anni scorsi decine di serbi erano andati nel Donbass per sostenere le due repubbliche auto-proclamate, spesso non come mercenari, ma per sostenere i fratelli russi che erano dalla parte di Belgrado nel 1999, in occasione del conflitto in Kosovo. Il legame serbo-russo, dunque, è stato cementato proprio dal sostegno di Mosca all’integrità territoriale della Serbia, ovvero contro il separatismo kosovaro.

Pretesti europei

D’altra parte, all’inizio di febbraio, l’ambasciatore ucraino a Tirana, Volodymyr Shkurov, aveva ringraziato il Kosovo per le dichiarazioni di solidarietà a Kiev della sua classe politica, anche se ha precisato che il riconoscimento della sua sovranità è in discussione ma non è imminente. Motivo di questa titubanza, secondo Shkurov, sarebbero le implicazioni rischiose per la questione della Crimea, altra regione formalmente ucraina ma a maggioranza russa. Per non parlare del Caucaso e, in particolare, della Georgia, nel cui territorio Putin, nel 2008, lo stesso anno della proclamazione dell’indipendenza kosovara, aveva riconosciuto il medesimo status ad altre due piccole repubbliche separatiste, Abkhazia e Ossezia, ancora una volta con il pretesto dell’indipendenza di Pristina. Così, i conflitti balcanici, oltre a essere emblema dei fallimenti diplomatici e dell’inconsistenza geostrategica dell’Europa, sono stati precursori delle tensioni attuali, che lasciano emergere il dissesto dei tessuti sociali causato dalle fratture che la globalizzazione implica. Un logoramento che sfocia nell’instabilità e nella guerra ogni volta che la superpotenza di turno favorisce la sublimazione delle tensioni legate alla diseguaglianza attraverso deliranti narrazioni nazionaliste o etno-confessionali.

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