Mentre la Turchia sostiene la necessità di instaurare un nuovo ordine mondiale, a Versailles i capi di Stato e di governo dei paesi europei si riuniscono per parlare di autonomia strategica e guerra ibrida
La Turchia e il nuovo ordine mondiale
Al Forum della diplomazia di Antalya, il segretario generale dell’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord, Jens Stoltenberg ha elogiato la Turchia come alleato chiave e per i suoi sforzi per fermare la guerra in Ucraina organizzando l’incontro tra i ministri degli Esteri di Mosca e di Kiev. Dodici capi di Stato e oltre cinquanta ministri degli Esteri si sono infatti riuniti l’11 marzo, per discutere le questioni geopolitiche attualmente più urgenti: non solo l’attacco russo all’Ucraina, ma anche la necessità di ricodificare la diplomazia. Per il ministro degli Esteri turco Mevlut Çavuşoğlu, organizzatore dell’evento, data la partecipazione di oltre un terzo dei paesi del mondo, il Forum di Antalya sembra trasformarsi nelle Nazioni unite. «L’Europa oggi cerca stabilità», ha aggiunto, «e se osserviamo il collasso del sistema post-coloniale, sarà un disastro». Per Ankara è chiaro che molti trattati e principi concordati nei decenni passati non sono più rispettati e i confini tra Stati non sono più stabili. Per questo, è necessario un nuovo linguaggio e una nuova comprensione, per risolvere pacificamente le controversie. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha preso parte virtualmente al vertice, come era previsto, ma al suo posto c’era il primo ministro Denys Shmyhal, che ha chiesto il sostegno della comunità internazionale a Kiev. Ad aprire le discussioni è stato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che ha sottolineato la necessità di stabilire una nuova architettura di sicurezza globale che protegga la pace invece dello status quo e che sia d’aiuto a tutta l’umanità anziché all’interesse di cinque paesi. Un riferimento ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (Onu), tutti con diritto di veto, inclusa la Russia, coinvolta nel conflitto. Una contraddizione che, per Erdoğan, si può risolvere solo riformando l’Onu. L’Ucraina è stata lasciata sola nella sua giusta causa, secondo il presidente turco, che ha velatamente puntato il dito contro il silenzio internazionale di fronte all’occupazione della Crimea del 2014.
L’Unione europea e il principio di legittimità
L’11 marzo, al termine dell’incontro informale di Versailles tra i capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Unione europea (Ue), la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che Bruxelles presenterà, entro metà maggio, una proposta di piano per porre fine alla dipendenza dal petrolio, dal gas e dal carbone russi. Secondo il presidente francese Emmanuel Macron, si tratta di questioni di sovranità, non di protezionismo, quindi, ma di volontà di essere indipendenti, non solo sul piano dell’approvvigionamento energetico, ma anche su quello della difesa. L’autonomia strategica, d’altronde, era uno dei cardini proclamati da Macron per la presidenza francese del Consiglio dell’Ue, ma ora viene rielaborata in vista dell’attuale conflitto in Ucraina. La dichiarazione congiunta finale, infatti, si apre con un riferimento all’«aggressione militare non provocata e ingiustificata della Russia, che ha riportato la guerra in Europa». La responsabilità del conflitto viene attribuita esclusivamente a Russia e Bielorussia e si plaude all’apertura di un’inchiesta da parte della Corte penale internazionale. Segue un appello a Mosca per l’immediata cessazione della campagna bellica e per il rispetto dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza di Kiev e l’espressione di apprezzamento del coraggio del popolo ucraino nel difendere il proprio paese e i nostri valori comuni di libertà e di democrazia. Per questo, le cancellerie assicurano che gli ucraini non saranno abbandonati, perché l’Ue continuerà a fornire sostegno politico, finanziario, materiale e umanitario coordinato, in particolare per l’accoglienza dei rifugiati. Inoltre, Bruxelles dichiara di aver preso atto dell’aspirazione dell’Ucraina (come anche di Moldavia e Georgia) ad aderire all’Ue, ma nel corso dei colloqui è emerso che non è in programma alcuna procedura accelerata.
Patto di instabilità
L’instabilità portata in Europa dal conflitto in Ucraina ha indotto, quindi, i paesi Ue a riflettere sul costo che ha la difesa della democrazia: rivedere i dogmi cui il vecchio continente è rimasto finora ancorato, per lanciarsi in investimenti innovativi, soprattutto in materia di energie rinnovabili e di nucleare. Come ha detto Macron, bisognerà inoltre finanziare grandi strategie per evitare la frammentazione dei mercati finanziari. Un altro tema centrale del vertice di Versailles, iniziato il 10 marzo sera, è stata la necessità di rafforzare le capacità di difesa europee, nel rispetto dei principi della Nato e del Consiglio europeo, come quelli di inclusività, reciprocità e autonomia decisionale. In altri termini, una Ue più forte che sia complementare alla Nato e che, su scala globale, sostenga l’ordine mondiale fondato sulle regole e imperniato sull’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu). In sostanza, come si legge nella dichiarazione finale, i paesi Ue si impegnano ad aumentare le spese e gli investimenti nel settore della difesa, incoraggiando progetti comuni, e a promuovere progetti strategici riguardandi sicurezza informatica e connettività spaziale. Il conflitto ucraino, infatti, ha posto l’Europa di fronte alla guerra ibrida, fatta di operazioni belliche tradizionali e azioni di guerra informatica, che rendono necessaria la protezione delle infrastrutture correlate. Affinché l’Ue acquisti vera autonomia strategica, occorre tuttavia anche creare una base economica solida, più competitiva e più resiliente, in relazione alla transizione ecologica e digitale. Di conseguenza, è essenziale diversificare le forniture di materie prime strategiche, quali i semiconduttori, favorendo al contempo l’uso efficace delle risorse e l’economia circolare. Le cancellerie europee, infine, hanno riflettuto su ulteriori sanzioni da imporre alla Russia, fino all’arresto graduale delle importazioni di idrocarburi, pur non essendo pronti per un embargo drastico. La difesa della democrazia ha un costo, ma è meglio, se possibile, ammortizzarlo.