Quanto ci mancherà il giornalismo etico di Letizia Battaglia

Prospettiva empatica e critica

Uno scatto svelto eppure sempre rispettoso dei soggetti: ritrasse non solo la mafia, anche la gioia e la morte, la spensieratezza, l’allegria e la rabbia. Non fu l’unica a fotografare omicidi storici, ma si è distinta per l’attivismo politico, esponendo le sue foto in mostre anti-mafia

Letizia Battaglia è venuta a mancare all’età di 87 anni, dopo una vita dedita alla fotografia e alla denuncia sociale. I suoi scatti l’hanno resa famosa nel mondo, è stata infatti la prima donna europea, nel 1985 a ricevere il premio internazionale Eugene Smith e nel 1999 il premio Mother Johnson Achievement for Life a New York. Ha immortalato alcuni delitti di mafia che coinvolgevano gente del calibro dei Corleonesi o di Giulio Andreotti, il quale fu incastrato dalle foto di Battaglia che costituirono gli atti del processo. Sono stati numerosi gli scatti di Battaglia che hanno segnato la storia della mafia in Italia, come quello dell’omicidio del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica, nel 1980, tuttavia lei ci teneva a non essere ricordata solo per questo genere di foto, come ha dichiarato in una intervista a Soul, trasmissione di TV2000, rivendicando la sua propensione a fotografare persone, caratteri e soprattutto donne e bambine. Non era la “fotografa della mafia”

Giornalismo e politica

Nata nel 1935 iniziò a lavorare prima come giornalista e poi per necessità, si occupò anche di foto. Aveva tre figli nati da un matrimonio all’età di 16 anni e nel 1969 a 34 anni, unica donna fra tanti uomini, cominciò a scrivere con il giornale di Palermo L’Ora. In seguito si trasferì a Milano e nel 1974 ritornò a Palermo, dove fondò l’agenzia “Informazione fotografica” collaborando con Josef Koudelka, Franco Zecchin e Ferdinando Scianna. Palermo fu uno dei suoi sfondi preferiti, la “Palermo che puzza”, quella del centro storico, come ha spiegato nella suddetta intervista, definendo la sua città una “potente decadenza che tenta di rialzarsi”, considerata dai mafiosi un grande bacino di voti. 

Impegno politico e fama

Nel 1979 fondò il Centro di Documentazione “Giuseppe Impastato”, fu consigliera comunale con i Verdi e assessore a Palermo all’inizio degli anni ’80. Nel ’91 fu eletta deputata con La Rete un partito anti-mafia di Centro-sinistra. Dopo essere stata cronista per lungo tempo, ha iniziato a esporre le sue foto nei musei di diverse parti del mondo, richiesta ovunque per il suo genere a metà fra il documentaristico e l’artistico. A seguito della morte di Giovanni Falcone nel ’92 decise di allontanarsi dalla fotografia, dirigendo poi alcuni una rivista bimestrale di donne “Mezzocielo” e nel 2003 si trasferì a Parigi per due anni. Nel 2008 Battaglia comparve in una scena del film di Wim Wenders Palermo Shooting, dove fu rappresentata come uno dei simboli della sua città, mentre nel 2018 ai Cantieri Culturali della Zisa inaugurò il Centro Internazionale di Fotografia, un museo con annesse galleria e scuola di fotografia. Infine nel 2019 a Venezia c’è stata una grande mostra retrospettiva a lei dedicata. Come ha dichiarato il sindaco Orlando all’Androknos, “Palermo perde […] un simbolo internazionalmente riconosciuto nel mondo dell’arte, una bandiera nel cammino di liberazione della città di Palermo dal governo della mafia. “. 

La sua eredità

Letizia Battaglia si autodefiniva attivista più che fotografa, affermando che immortalare attimi atroci aveva il solo scopo di far conoscere la realtà alla gente. Erano gli anni di piombo, c’era tanto da raccontare in Italia e lei viveva il suo lavoro come impegno civile necessario, suscitando oggi tutta la nostra ammirazione, nel presente e mutato contesto mediatico, in cui il rispetto delle vittime è spesso surclassato dalle esigenze di marketing in fatto di numero di visualizzazioni. Si potrebbero citare molti esempi, l’ultimo è stato il caso di Carol Maltesi, che a prescindere dalle foto, è stato trattato con dovizia di dettagli e noncuranza nei confronti della vittima e dei suoi familiari e in particolare, del figlio piccolo, il cui diritto alla riservatezza andava maggiormente tutelato. Una cronaca fine a se stessa, buona solo a far cliccare link online, con particolari orrendi e di nessuna utilità. Ci mancherà, soprattutto oggi, il giornalismo etico di Letizia Battaglia, il suo fotografare per denuncia, per offrire ai lettori l’approfondimento che serve alla trasformazione sociale. 

 

 

 

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