Dopo Leopoli i negoziati. Ad Azovstal intanto si resiste

Ucraina ormai invasa, si iniziano a scorgere trattative

A seguito della propagazione dell’offensiva militare a due passi dalla Polonia, in Ucraina non ci sono più zone franche e sui bersagli colpiti dai missili, le versioni dei due Paesi in conflitto non combaciano: ecco perché non è chiara la vera entità dei massacri, né il numero esatto di bambini scomparsi. L’acciaieria di Azovstal resta l’ultimo baluardo ucraino e i tempi non sembrano maturi per i negoziati.

Dopo che bombe e missili sono stati scagliati su Leopoli si è iniziato a parlare di fase 2 e di una preoccupante estensione territoriale a ovest dell’invasione in Ucraina. Il generale russo Aleksandr Dvornikov già attivo nella guerra in Siria e accusato di diversi crimini contro l’umanità (The Guardian) aveva concentrato già da diverso tempo le truppe e a est tentando da un lato e di attaccare il Donbass e dall’altro di bloccare i rifornimenti di armi , diretti a Kiev dall’occidente. A Leopoli ci sono stati 7 morti tra civili e 11 feriti a causa di un missile caduto sotto alcune case, nel frattempo la gente in fuga si dirige verso le stazioni ferroviarie, luoghi ormai simbolici, dopo la strage di Kramatorsk, dove nonostante tutto si concentra un altissimo numero di civili. Ormai le zone franche in Ucraina non esistono più dato che Leopoli si colloca a soli 70 km dal confine polacco e aveva finora rappresentato un luogo sicuro per accogliere i profughi. I missili hanno raggiunto il centro della città e il sindaco ha parlato di genocidio dichiarando sul Corriere della Sera che l’Ucraina sta difendendo se stessa e allo stesso tempo anche gli altri Stati europei. È necessario creare corridoi umanitari, il pericolo è su tutta la nazione poiché è ormai rischioso anche andare a cercare il cibo.

Conflitto informativo

Le informazioni sui bersagli degli attacchi russi risultano contraddittorie, ad esempio nel caso di Leopoli  secondo fonti ucraine si tratterebbe di magazzini vuoti, mentre per la Russia sarebbero stati distrutti dei magazzini contenenti armi. Anche a Kiev erano state colpite delle fabbriche, ma l’entità dei danni resta incerta, poiché già prima della guerra molti arsenali di armi erano stati svuotati e persiste il dubbio sui bersagli futuri.

Bambini scomparsi

Zelensky denuncia che migliaia di bambini scomparsi sono stati deportati in Russia dall’inizio della guerra, ma il referente Unicef italiano, Andrea Iacomini dichiara ad Androknos che senza un report ufficiale delle Nazioni Unite, la notizia non può essere confermata, anche se è indubbio che “ci siano movimenti di bambini che dalla zona orientale e sud orientale dell’Ucraina, con i genitori o senza, si ritrovano oltre il confine”. Occorrerà stabilire numeri precisi ma il pericolo principale è che questi minorenni diventino vittime di tratta.

Negoziati tentati

L’obiettivo della Russia appare la creazione di un territorio filorusso che comprenda Donbass, Transistria e i Paesi della Federazione russa, ma intanto con l’occasione della tregua per la Pasqua ortodossa imminente, si cerca di attuare soluzioni diplomatiche. Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel il 22 aprile ha pubblicato un tweet sulla sua chiamata con Putin, in cui ha ribadito il sostegno dellEuropa all’Ucraina e ha sollecitato l’apertura di corridoi umanitari provenienti da Mariupol. Putin ha dichiarato che le prossime mosse della Russia dipenderanno dai negoziati attualmente in atto con gli Ucraini riguardo all’appartenenza della Crimea alla Russia e all’indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. Inoltre secondo l’agenzia di stampa russa Tass, Putin avrebbe definito “irresponsabili” le affermazioni del Consiglio europeo riguardo a una soluzione militare del conflitto in Ucraina. Sulle condizioni il capo del Cremlino è stato chiaro e inamovibile: ritiene di aver dato la possibilità ai soldati ucraini di un trattamento in linea col diritto internazionale, con cure mediche ecc, in cambio della resa, ma essi lo hanno rifiutato. Infatti il vice comandante Sviatoslav Palamar a nome del battaglione Azov – unità paramilitare e nazionalista dell’esercito ucraino, nata da volontari di estrema destra – ha dichiarato in un video che sono pronti ad evacuare, ma portando con sé le armi. Gli ultimi combattenti di Mariupol (si parla di poche migliaia), fra cui i soldati del battaglione Azov sono asserragliati nell’acciaieria Azovstal; si attende intanto lunedì 26 aprile, nella speranza di un “cessate il fuoco” dopo la visita del segretario generale dell’Onu Guterres a Mosca.

 

 

 

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