Emirati arabi uniti: innovazione tecnologica e investimenti

Tra le dinamiche innescate dal conflitto ucraino, c’è il tentativo di alcuni paesi di affermarsi come potenze regionali o come partner significativi di altri attori geopolitici

Abu Dhabi si afferma come investitore chiave nei Balcani, mentre Dubai fiuta l’opportunità della fuga di cervelli dalla Russia

Dubai: polo di attrazione per l’innovazione tecnologica

Il 22 aprile, il sito di informazione Middle East Eye ha evidenziato che l’arrivo di sviluppatori di criptovalute e di programmatori russi a Dubai, punta di diamante dell’innovazione tecnologica negli Emirati arabi uniti (Eau), potrebbe fare della città un importante trampolino di lancio regionale per gli specialisti del settore. Diversi gli esempi riportati, come quello di Gleb Mikhailov, fondatore di Teamatix, startup che utilizza la tecnologia basata su cloud per operazioni automatiche di amministrazione destinate agli alberghi. Dagli inizi di marzo, Mikhailov vive a Dubai, dove sta cercando di trasferire i suoi nove collaboratori, sparsi tra Russia e Ucraina: «Dubai diventerà la prossima Silicon Valley», ha commentato, in riferimento alle numerose opportunità offerte dal settore alberghiero. Secondo la Russian Association for Electronic Communications (Raec), tra 50 e 70 mila professionisti russi hanno lasciato il paese, ma entro la fine di aprile il loro numero potrebbe salire a 170 mila. Le sue stime prevedono infatti una “seconda ondata” di esodo, ancor più massiccia, che dovrebbe riguardare quasi esclusivamente specialisti di informatica. Questo l’allarme lanciato al Cremlino, a fine marzo, dal direttore della Raec, Sergej Plugotarenko, secondo il quale, tra guerra e sanzioni, a impedire una fuga di massa dalla Russia sarebbero essenzialmente il costo dei trasporti e dei soggiorni all’estero e l’esclusione di Mosca dal circuito finanziario internazionale SWIFT.

Un ambiente favorevole

Chi di loro è già partito ha scelto come destinazioni la Turchia, l’Armenia o la Georgia, ma Dubai sembra esercitare un’attrazione particolare, grazie al suo «ecosistema prospero», alla relativa facilità di ottenere visti e all’assenza di tassazione sui redditi. Del resto, da anni uno degli obiettivi economici (e geopolitici) degli Eau è affermare il suo peso finanziario e “creativo” nella transizione tecnologica. Ad esempio, a Dubai dal 2018 si trova un Centro russo per l’innovazione digitale, mentre la società di sicurezza informatica Kaspersky e la Compagnia nazionale russa di computer (Ncc) vi hanno stabilito proprie sedi. Negli ultimi anni, dunque, gli Eau hanno attirato molti «talenti tecnologici russi», ma l’accelerazione impressa a questo fenomeno dal conflitto ucraino potrebbe apportare notevoli benefici all’economia emiratina, in particolare per lo sviluppo di valute elettroniche e le ricerche sull’intelligenza artificiale. David Lolaev, fondatore dell’agenzia SalAd, che si occupa di marketing e digital branding per società di criptovalute, e che a ottobre 2021 ha stabilito la sua sede a Dubai, ha notato il drastico aumento, dall’inizio della guerra, di eventi destinati a esperti russi di nuove tecnologie. Inoltre, il 22 aprile, Al-Arabiya ha riportato, citando Forbes, che Pavel Durov, fondatore di Telegram, residente a Dubai dal 2017, a febbraio 2021 aveva ottenuto la cittadinanza emiratina, l’ultima dopo quelle russa, francese e di Saint-Kitts-et-Nevis.

Abu Dhabi: avventura balcanica

Intanto, gli Eau proiettano la propria potenza geopolitica e finanziaria in Medio Oriente e nei Balcani. Nel primo caso, favorendo, di concerto con l’Egitto, la reintegrazione della Siria nella Lega araba, per contrastare l’intraprendenza turca e contenere l’influenza iraniana. Nei Balcani, invece, dove la Turchia ha un certo peso (non solo storico-culturale, ma anche a livello di reti criminali), Abu Dhabi è diventata negli anni un investitore chiave, anzitutto in Albania, dove assieme ad Ankara si è resa protagonista della ricostruzione successiva al terremoto che colpì l’area di Durazzo nel 2019. A marzo, il premier albanese Edi Rama ha ricordato l’importanza del sostegno emiratino nei momenti critici della storia recente dell’Albania, che dal 1992 fa parte dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. Meno ovvia appare, invece, la crescente cooperazione con la Serbia, il cui presidente Aleksandar Vučić, nel 2012 (quando era vice-primo ministro), strinse un’amicizia con l’attuale principe ereditario di Abu Dhabi e ministro della Difesa emiratino Mohammed bin Zayed. Belgrado ricevette quindi 1 milione di dollari di prestito dagli Eau, con cui stipulò importanti accordi di cooperazione nei settori dell’agricoltura, del trasporto aereo, degli armamenti e delle costruzioni. Galeotto fu Mohammed Dahlan, ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat ed ex esponente del movimento palestinese Fatah, poi accusato da Mahmoud Abbas di appropriazione indebita, sospettato dalle autorità palestinesi di essere coinvolto in diversi attentati allo stesso Arafat e, infine, espulso da Fatah. Dahlan, che dal 2007 vive a Dubai, è diventato successivamente consigliere di Mohammed bin Zayed e avrebbe favorito la stipula degli accordi di Abramo, così come avrebbe avuto un ruolo nei negoziati per gli accordi di Oslo del 1993. Attualmente, si profila un sostegno da parte di Eau ed Egitto alla sua successione ad Abbas alla guida dell’Autorità palestinese. Una mossa che la Turchia potrebbe non gradire.

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