Sesto pacchetto di sanzioni EU. Ancora nessun accordo

Ancora nessun accordo nei negoziati tra gli ambasciatori dei ventisette sull’embargo al petrolio russo.

L’ostacolo principale è il rifiuto di Orban che sta aprendo un fronte interno con Repubblica Ceca, Slovacchia e Bulgaria.

Intanto tra le carte sul tavolo c’è anche la confisca dei beni degli oligarchi.

Sanzioni: sesto capitolo. Si è concluso con un nulla di fatto l’ultimo incontro degli ambasciatori dei ventisette paesi europei svoltosi a Bruxelles ieri mattina. L’obiettivo del Coreper, il gruppo che raccoglie gli ambasciatori dei ventisette Stati, era di trovare un accordo che permettesse di approvare il sesto pacchetto di sanzioni europee alla Federazione Russa. L’ostacolo principale era la posizione di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca che si sono sempre dette contrarie a sanzioni contro il settore energetico russo. La repubblica Ceca in realtà si è aggiunta successivamente, quando Ungheria e Slovacchia avevano già ottenuto una deroga di un anno per permettere ai loro comparti produttivi di riorganizzare i canali di approvvigionamento energetico. Il nodo da sciogliere infatti è, per il momento, l’embargo al petrolio russo sul mercato europeo che solo nel 2021 è valso circa novantaquattro miliardi di euro.

Sul tavolo di oggi c’era una moratoria di due anni per tutti i paesi che hanno manifestato maggiori difficoltà a fare a meno del petrolio russo, ma non è bastato. Secondo quanto dichiarato da Orban, all’ Ungheria “serviranno almeno cinque anni, e anche fondi, per riorganizzare e ricostruire gli stabilimenti”.

Ma l’ Alto rappresentante dell’ Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrell non ci sta a tenere l’Unione inchiodata alle posizioni di uno dei leader più autoritari e divisivi d’Europa: “Stiamo lavorando per arrivare ad un accordo tra tutti i paesi europei, per fermare l’importazione di petrolio dalla Russia. Si farà, e se non si fa presto, cioè entro questo fine settimana, dovrò far riunire il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri per avere un accordo politico”. È infatti molto probabile che il Coreper tornerà a riunirsi questo fine settimana per arrivare all’accordo entro lunedì 9 maggio, quando Putin presiederà alla consueta parata militare sulla piazza rossa per commemorare la vittoria nella grande guerra patriottica da cui ci si attende qualche dichiarazione trionfalistica e di propaganda.

Sempre con l’obiettivo dell’indebolimento della Russia si sta aprendo in Europa anche un altro fronte. Quello della confisca definitiva dei beni sequestrati alla cerchia dei sostenitori del Cremlino.

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, in un intervista del 5 maggio ad una televisione ucraina ha detto di essere favorevole a rivedere la politica di sanzioni personali contro i cosiddetti oligarchi. Il regime attuale infatti prevede che i beni sequestrati siano congelati e poi restituiti alla fine delle ostilità. Questo però potrebbe indurre i sodali di Putin, più che a togliere il loro sostegno alla guerra, ad aspettare semplicemente o, peggio ancora, a lavorare per una conclusione militare più rapida. La proposta che sta iniziando a circolare tra i leader europei sarebbe di replicare il modello italiano di confisca dei beni mafiosi. In sostanza i beni e i capitali sequestrati potrebbero essere destinati ad un fondo per la ricostruzione dell’ucraina. Ovviamente non sarebbero sufficienti alla ricostruzione del paese, ma sarebbe un modo per aumentare la pressione sul governo russo oltre che un gesto simbolico di equità e giustizia.

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