I cinghiali portano il virus anche nel centro abitato
E’ una pessima notizia anche per l’industria della carne. Le parole del presidente di Assica
Momento davvero complesso per l’industria della carne. Oltre al già famigerato aumento dei costi, esponenziale e senza precedenti, partendo dal prezzo dell’energia, passando per l’incremento dei materiali accessori e di confezionamento come plastica e cartoni, fino ai trasporti, registriamo pure l’aumento della carne suina e delle altre materie prime carne e che costituiscono la base per la produzione dei salumi. E se ci mettiamo anche lo scoppio della pesta suina africana con i primi casi registrati a Roma il quadro è completo.
Assica, le ragioni delle lamentele
“Da gennaio – le parole di Ruggero Lenti, Presidente di Assica, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi. – la presenza della peste suina sul territorio continentale italiano ha portato alla perdita di circa 20 milioni di euro al mese di export ed espone le aziende al rischio di ulteriori danni, se la malattia veterinaria dovesse diffondersi nei territori a maggior intensità di allevamenti suinicoli e aziende di trasformazione. Un’eventualità come questa metterebbe a rischio, per esempio, la possibilità di produrre le Dop di Parma e San Daniele, simbolo della salumeria made in Italy nel mondo”. Un quadro tragico.
“A quattro mesi dal ritrovamento della prima positività al Nord Italia, il 7 gennaio scorso, è ora necessario completare al più presto il posizionamento delle barriere fisiche di contenimento, delle reti ove necessarie, atte ad evitare la movimentazione dei cinghiali dalle zone interessate dal virus ed è urgente avviare una politica di controllo della popolazione dei selvatici”, continua il numero uno dell’organizzazione.
Al momento non è possibile prevedere se la notizia della nuova positività riscontrata a Roma determinerà l’adozione di ulteriori restrizioni all’importazione di prodotti suini dall’Italia da parte delle Autorità dei Paesi terzi. È chiaro che potrebbe spingere le Autorità sanitarie di alcuni Paesi extra UE verso atteggiamenti maggiormente cautelativi e questo è un rischio che non possiamo correre.
Peste suina, come viene affrontata
Ora la piena collaborazione tra le stalle e le istituzioni è indispensabile, anche a supporto dell’attività di negoziazione che il Ministero della Salute sta conducendo con le Autorità sanitarie dei Paesi terzi nostri principali partner commerciali, per ottenere la riapertura dei mercati esteri alle produzioni suine italiane. Sono in gioco 2.205 miliardi di export italiano.
Quel che sta accadendo è che con l’accertamento del primo caso in centro Italia (un cinghiale a Roma), il fenomeno della Peste Suina Africana si allarga a caso nazionale. Dalla settimana scorsa sono allertati tutti gli Istituti di zooprofilassi, le Regioni e naturalmente le aziende zootecniche che in questi mesi stanno vivendo un nuovo incubo.
I mercati delle carni suine soffrono il danno di immagine, senza contare i danni reali già scontati da centinaia di aziende in tutta Italia con l’abbattimento preventivo di capi allevati.