Guerra e stampa: notizie d’assalto

Propagande opposte, “fughe” di informazioni: alla guerra combattuta in Ucraina, la stampa internazionale sovrappone una divergenza di narrazioni

Chiavi di lettura differenti, che affondano le proprie radici nel vissuto storico particolare dei vari paesi e regioni o delle diverse forze politiche

Parate… e autogol?

Nel suo discorso in occasione della parata militare per la Giornata della vittoria, il presidente russo Vladimir Putin ha definito la guerra in Ucraina come un «colpo preventivo», una «misura necessaria e giusta», frutto della «decisione di un paese sovrano, autonomo e forte». Inoltre, ha sottolineato i legami storici che legano questo conflitto alla II guerra mondiale e ha accusato gli Stati uniti e l’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato) di non aver accettato di discutere le proposte di accordo elaborate da Mosca lo scorso dicembre, puntando invece «sui neonazisti e sui seguaci di Bandera». L’obiettivo della guerra attuale, quindi, è far sì che «non ci sia posto nel mondo per i criminali nazisti», ma bisogna al contempo evitare che si ripeta una guerra mondiale. A proposito di nazisti, qualche giorno prima, Putin si era scusato con Israele per le parole del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov sulle origini ebraiche di Adolf Hitler. Sul fronte opposto, intanto, nei giorni precedenti alla parata russa, il presidente statunitense Joe Biden e diversi funzionari dell’intelligence hanno criticato la diffusione alla stampa di informazioni sensibili, come quella, diffusa il 5 maggio dal New York Times, dell’aiuto di Washington a Kiev per le uccisioni mirate di generali russi. Lo stesso giorno, del resto, il canale NBC ha riportato che gli Usa hanno aiutato Kiev ad affondare l’incrociatore Moskva. Non si tratta dunque di fughe di notizie su blog o profili personali, ma di dinamiche tipiche dell’informazione nella società di massa digitale, che tende a circolare secondo modi e tempi tipici della comunicazione mediante le reti sociali e, spesso, a intrecciarsi con esse.

Idiosincrasie mediorientali

Anche sulla stampa mediorientale, soprattutto in lingua inglese, appaiono interpretazioni e letture divergenti della guerra in Ucraina, molte delle quali sono accomunate da un sottile rimprovero ai doppi standard occidentali. Ad esempio: mentre le cancellerie euroatlantiche glorificano l’eroica resistenza ucraina, al contempo demonizzano sia quella palestinese (con il pretesto che la Palestina non è uno stato) contro le forze di occupazione israeliane, sia quella dei curdi siriani contro le incursioni e le invasioni militari turche. Anzi, una delle principali lezioni che i giornalisti arabi sembrano trarre dal conflitto ucraino è la necessità di non fidarsi degli Usa e di provvedere da soli alla propria difesa. Infatti, come si legge su ArabNews, Kiev è solo l’ultima di una serie di alleati abbandonati da Washington nei momenti più critici. Su Middle East Eye, invece, a parte il paragone tra invasione russa dell’Ucraina e invasione (e soprattutto occupazione) israeliana dei territori palestinesi, c’è il riferimento, suggerito dallo storico Ibrahim al-Marashi, all’invasione statunitense dell’Iraq, soprattutto perché, come gli Usa allora, oggi la Russia cercherebbe una vittoria più mediatica e simbolica che sul campo. Altrove, l’accostamento Russia-Israele fa da spunto alla riflessione sulla possibilità di applicare a Tel Aviv lo stesso meccanismo di boicottaggio e sanzioni cui le cancellerie euroatlantiche ricorrono nei confronti di Mosca. Middle East Monitor, da parte sua, lancia un monito sui rischi dell’emergere di forme di terrorismo transnazionali, legate al ritorno dall’Ucraina dei foreign fighters, espressione tradizionalmente usata per i combattenti stranieri che sostengono i cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (Isis o Daech) in Siria e Iraq.

Il tempo delle vele

Frattanto, in Europa fanno capolino segnali della volontà di un approccio al conflitto ucraino che sia autonomo dalla posizione degli Usa. Il 9 maggio, il presidente francese Emmanuel Macron, all’evento conclusivo della Conferenza sul futuro dell’Europa, ha sottolineato l’esigenza di non cedere ai revanscismi, ma di costruire la pace «con Ucraina e Russia intorno al tavolo», evitando l’esclusione reciproca e l’umiliazione di Mosca. Lo stesso giorno, durante l’incontro, a Berlino, tra Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che hanno ribadito l’unità franco-tedesca di fronte ai pericoli di un’espansione del conflitto, è quindi emersa l’intenzione di non ridurre la linea europea alle sanzioni alla Russia e al sostegno alla resistenza ucraina. Macron, inoltre, coerentemente con i precedenti discorsi sull’autonomia strategica del vecchio continente, ha proposto la creazione di una «comunità europea politica» e «a due velocità», per consentire rapporti di cooperazione anche con paesi che non vi sono ancora entrati a pieno titolo o che ne sono usciti (come la Gran Bretagna). Quanto a Kiev, ha precisato il presidente francese, per la sua adesione all’Ue saranno forse necessari decenni, ma ciò non esclude la possibilità di relazioni costruttive. Il progetto di un’Europa politica e sovrana, d’altronde, suscita l’interesse non solo in Germania, ma anche in Cina, il cui presidente Xi Jinping, durante un colloquio telefonico con Scholz, ha espresso il suo sostegno all’autonomia strategica di Bruxelles. Le relazioni tra Pechino e l’Ue, ha precisato, «non sono mirate contro qualcuno e non dipendono, né sono controllate, da terzi», in riferimento alla tradizionale ingerenza statunitense nella politica interna dei suoi alleati-satelliti. Centro nevralgico della geopolitica fino alla prima guerra mondiale, inglobato nell’orbita statunitense dopo la seconda, il vecchio continente ha ora di fronte l’alternativa tra l’opportunità della coesistenza pacifica nel multilateralismo e il rischio di essere ridotto a terra di conquista.

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