L’allarme di Greenpeace: delfini e tartarughe rischiano la vita nell’Adriatico settentrionale
240 miglia nautiche percorse in una settimana, 112 delfini e 14 esemplari di tartaruga Caretta caretta avvistati. Sono i numeri del monitoraggio eseguito a bordo della nave ammiraglia, la Rainbow Warrior, da Greenpeace, nell’area marina protetta “Adriatico Settentrionale Veneto – Delta del Po”. Le specie sono minacciate dall’estrazione di idrocarburi
La campagna di monitoraggio sul Delta del Po, condotta da Greenpeace a bordo della sua nave ammiraglia, la Rainbow Warrior, in una settimana di navigazione ha avvistato 112 delfini della specie Tursiops truncatus e 14 esemplari di tartaruga Caretta caretta. I delfini, in particolare, sono stati osservati in gruppi, con una media di cinque animali e la presenza di numerosi individui giovani e piccoli. La ricerca, promossa dal Parco del Delta, e condotta assieme ai ricercatori dell’università di Padova, ha evidenziato che il mare veneto continua ad essere un habitat naturale per queste specie marine, nonostante l’azione dell’uomo. Nell’Adriatico settentrionale, infatti, si stima che circa 8mila 600 tartarughe possano essere catturate ogni anno accidentalmente nelle reti a strascico di fondale. Oltre alla pesca, ciò che preoccupa sono le attività dell’Adriatic LNG, che lì ha il più grande impianto di rigassificazione d’Italia, ma ne possiede anche uno di estrazione di idrocarburi. A mettere a rischio la fauna marina c’è anche il progetto di estrazione “Teodorico”, cui l’anno scorso il Ministero per la Transizione Ecologica ha dato il via libera, dando parere positivo di compatibilità ambientale. Una decisione contro cui Greenpeace, assieme al Parco del Delta, ha fatto ricorso al Presidente della Repubblica. ClientEarth, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e WWF Italia, cofirmatarie dell’atto con Greenpeace Italia, hanno ricordato una legge introdotta nel 2010, per cui le attività offshore legate allo sfruttamento di idrocarburi sono vietate entro 12 miglia dal confine con aree marine protette. Il progetto Teodorico non rispetterebbe queste norme, sorgendo al confine con l’area marina protetta “Adriatico Settentrionale Veneto – Delta del Po”, un’area di 225 chilometri quadrati istituita proprio per proteggere il delfino tursiope e le tartarughe. Il progetto, promosso dalla società Po Valley Operations PTY LTD, sarebbe composto da una piattaforma di sfruttamento del gas, due pozzi e due condutture. La nuova piattaforma si collegherebbe a un’altra già esistente, gestita da ENI. Si teme inoltre che questo progetto contribuisca ad aumentare ancora di più il rischio di subsidenza, ovvero il progressivo sprofondamento del terreno che già avviene a un ritmo allarmante a causa dello sfruttamento dei combustibili fossili in atto nella regione. Il progetto, tuttavia, va avanti. Greenpeace continua a chiedere che nelle aree protette si adottino misure più stringenti per tutelare le specie animali.
«Le autorità italiane hanno l’obbligo di proteggere il patrimonio naturale del Paese – denuncia l’associazione ambientalista – non solo per l’importanza storica ed economica che ricopre, ma anche per il ruolo cruciale che gioca nella salvaguardia del nostro futuro. Due crisi parallele minacciano la vita sulla Terra: la crisi climatica e la perdita di biodiversità. Dare la priorità allo sfruttamento dei combustibili fossili rispetto alla protezione della fauna selvatica le aggrava entrambe».