sabato25 Marzo 2023
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Crescono i Neet: Il 51% dei quindicenni in Italia non capisce un testo

Il 51% dei quindicenni in Italia è incapace di capire un testo La dispersione scolastica implicita, cioè l’incapacità di un...

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Il 51% dei quindicenni in Italia è incapace di capire un testo

La dispersione scolastica implicita, cioè l’incapacità di un ragazzo/a di 15 anni di comprendere il significato di un testo scritto, è al 51%.

È Save the Children a rendere noti i dati, tramite il suo presidente Claudio Tesauro, che come si apprende da La Stampa, ha dichiarato che “la dispersione scolastica implicita (cioè l’incapacità di un ragazzo/a di 15 anni di comprendere il significato di un testo scritto) è al 51% – aggiungendo che si tratterebbe di –un dramma, non solo per il sistema di istruzione e per lo sviluppo economico, ma per la tenuta democratica di un paese. I più colpiti sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio”.

I dati sono allarmanti

Tesauro, nel suo discorso di apertura di “Impossibile”, quattro giorni di riflessioni e proposte sull’Infanzia e l’Adolescenza in Italia, ha fatto notare come esisterebbe “una crudele ‘ingiustizia generazionale’ perché la crisi ha colpito proprio i bambini. Non solo 1,384mila bambini in povertà assoluta (dato più alto degli ultimi 15 anni) ma un bambino in Italia oggi ha il doppio delle probabilità di vivere in povertà assoluta rispetto ad un adulto, il triplo delle probabilità rispetto a chi ha più di 65 anni”.

Un problema che va ben oltre l’istruzione, ma che come ricorda il presidente di Save The Children, riguarderebbe “più di due milioni di giovani, ovvero 1 giovane su cinque fra i 15 e i 29 anni, che è fuori da ogni percorso di scuola, formazione e lavoro – precisando che – in sei regioni, il numero dei ragazzi e delle ragazze Neet ha già superato il numero dei ragazzi, della stessa fascia di età, inseriti nel mondo del lavoro”.

In Sicilia, Campania, Calabria per 2 giovani occupati ce ne sono altri 3 che sono fuori dal lavoro, dalla formazione e dallo studio. Dati che, come sottolineato, sono in contrasto con la richiesta dal mondo produttivo.

Cos’è il Neet

Neet è l’acronimo di “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, cioè quello che oggi viene definito nel gergo comune come un “nullafacente”, sia dal punto di vista dell’istruzione che quello lavorativo. Si tratta purtroppo di un fenomeno in aumento, soprattutto negli ultimi anni, localizzato principalmente nella fascia di popolazione di età tra i 20 e i 30 anni, con alcune eccezioni.

I Neet in Italia

Il rapporto 2014 dell’EU Social Justice Index 2014, studio che mette a confronto 28 paesi europei in termini di giustizia sociale (prevenzione della povertà, diritto allo studio, accesso al mercato del lavoro, coesione sociale, sanità, giustizia intergenerazionale), ha decretato che in Italia i Neet sono il 32% dei giovani, la più alta percentuale in Europa.

Come riporta Ansa, “nel nostro Paese, in 6 regioni, i Neet, giovani senza formazione e impiego, che hanno superato i coetanei con un lavoro, sono 2 milioni in totale in Italia“, ha spiegato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia durante “Impossibile”. “Gli investimenti sull’infanzia – ha aggiunto Fatarella – vanno blindati. Per sviluppare strategie efficaci serve conoscere i dati e costruire indicatori per misurare l’impatto. Territori e innovazione sociale siano al centro delle governance”.

Dei 3.047.000 Neet in Italia, ben 1,7 milioni sono donne. Il 25% delle ragazze con meno di 30 anni rientra nel gruppo e delle 8,6 milioni di donne in questa condizione in tutta Europa, un terzo appartiene all’Italia. Nel nostro paese la misura del fenomeno ha raggiunto i primi posti tra gli Stati europei: 1 ragazzo su 4 rientra nella categoria con una percentuale del 25,1%.

La situazione è grave in Sicilia dove il numero di Neet tra i 15 e i 24 anni è pari al 30,3%. La percentuale è di poco inferiore in Calabria (28,4%) e in Campania (27,3%), ma pur sempre tristemente al di sopra della media nazionale ed europea.

Tutte le possibili cause

Come riporta Il Fatto Quotidiano, un primo fattore potrebbe dipendere “dall’enorme carenza di esperienza lavorativa dei giovani – infatti, come si legge – più che altrove, i giovani hanno in Italia un’istruzione molto generale ed astratta, anche a livello universitario”.

A incrementare questo fattore, inoltre, ci ha pensato la pandemia. “Se il deficit educativo può compromettere il futuro di bambini e adolescenti nel nostro paese, già nel presente il Covid ha spinto nella povertà assoluta altri 200.000 bambini, per un totale di quasi 1milione 400mila minori”, dichiara sempre Save The Children. Oltre al deficit educativo, inoltre, ci sarebbe un fattore di tipo sociale: “C’è poi la questione dei giovani che non riescono a inserirsi socialmente: niente scuola, niente formazione, niente lavoro – si apprende – Più di due milioni di giovani, ovvero 1 giovane su cinque fra i 15 e i 29 anni, è fuori da ogni percorso”, dichiara sempre la Ong.

Le possibili soluzioni

Già al lavoro da gennaio, il Governo italiano, sta cercando di fronteggiare questi dati allarmanti. Come riporta Il Sole 24ore, infatti, si starebbe già lavorando a un “Piano Neet”, formalizzato da “un decreto congiunto Lavoro-Politiche giovanili, che punta a ridurre gli oltre tre milioni nella fascia di età 15-34 anni che non studiano, non lavorano e non fanno formazione”.

L’obiettivo sarebbe quello di ridurre l’inattività dei Neet tramite diversi interventi: emersione, ingaggio e attivazione.

Gli strumenti messi a disposizione, sulla base dei quali si svilupperanno le fasi sopracitate, rientrano in un progetto chiamato Garanzia Giovani rinforzata, ovvero, Sportelli Giovani nei Centri per l’impiego, ma non solo: una campagna informativa itinerante del Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, un supporto informativo tramite il sito GIOVANI2030, programmi europei gestiti da ANG, il Piano nazionale pluriennale (2021-2027) sull’inclusione dei giovani con minori opportunità.

Questi Sportelli Giovani in tutti i Centri per l’impiego, come riporta sempre Il Sole24ore, grazie a competenze e professionalità specifiche accoglieranno i giovani NEET e gestiranno le eventuali situazioni di disagio sociale e/o psicologico. “In questo modo tali figure, oltre ad accogliere i giovani, potranno indirizzarli in modo più efficace verso le risorse locali più adatte alla loro situazioni”.

 

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