Il processo per il femminicidio di Lucía Pérez ha finalmente una data

La sua morte scatenò il primo sciopero mondiale delle donne del movimento Ni una Menos

Lucía Perez è stata drogata, violentata, impalata e uccisa nel 2016 a Mar del Plata, in Argentina. Aveva 16 anni. Due anni dopo i due imputati accusati della sua morte vennero assolti. La famiglia aveva chiesto e ottenuto l’annullamento del processo, ma il Tribunale continuava a non indicare una data per la riapertura

Il Tribunale di Mar De Plata,in Argentina, ha finalmente deciso il giorno della prima udienza del processo per il femminicidio di Lucía Perez. Sarà il 7 febbraio del 2023 e durerà 15 udienze. La famiglia aveva ottenuto, con una sentenza della Corte di Cassazione provinciale di Buenos Aires, l’annullamento del processo del 2018, che lasciava senza colpevoli la morte di Lucía. I due indiziati principali, Matías Farías, che aveva 23 anni all’epoca dell’omicidio, e Juan Pablo Offidani, di 41 anni, in quell’occasione vennero assolti. La madre aveva chiesto di sfruttare il mese di luglio, quando il tribunale si ferma, per avere un processo immediato, come aveva decretato anche la Corte di Cassazione. “Hanno già preso 12 vacanze e Lucía è ancora senza giustizia. Nel mese di luglio non c’è agenda, devono essere al servizio del popolo” aveva detto Marta Montero, la madre di Lucía.

La richiesta di una data per il processo è stata accompagnata da una campagna di sensibilizzazione “Campaña Somos Lucía”. Migliaia di foto di Lucía con la scritta “Sei anni senza giustizia” sono state appese in tutta la città e replicate in tutto il Paese. Il 26 maggio scorso, quando il tribunale ha deciso finalmente la data, la sede della Corte di Mar del Plata era stata recintata su richiesta dei giudici, per impedire agli accompagnatori della famiglia di avvicinarsi alla porta dell’edificio. Le foto di Lucía Perez sono state appese lungo ogni recinzione, mentre la famiglia, l’unica autorizzata a passare, ha appeso due striscioni con scritto: “Lucía, il tuo passaggio in questa vita sarà segnato nei nostri cuori” e “Data del processo adesso”.

“Non è ciò che volevamo, ma è ciò che è stato ottenuto e sappiamo che è stato ottenuto grazie alla pressione data dalla campagna di sensibilizzazione” ha spiegato Marta Montero, che con tante altre persone ha atteso il risultato dell’udienza all’esterno del tribunale. Dentro c’era Guillermo Pérez, il padre di Lucía, accompagnato anche da Flavia Delmas, del Sottosegretario alle Politiche contro la violenza per motivi di genere del Ministero delle donne, delle politiche di genere e della diversità sessuale di Buenos Aires. “Adesso dobbiamo organizzarci per febbraio – ha aggiunto la madre – Il 14 febbraio, Lucía avrebbe compiuto gli anni. Lei ci sarà e noi continueremo a chiedere giustizia dalla strada”.

Il femminicidio di Lucía Pérez

La mattina dell’8 ottobre 2016, Lucía Pérez, 16 anni, era uscita di casa verso le 10 del mattino, lasciando il computer acceso come se dovesse rientrare in breve tempo. La ragazza aveva detto al padre che sarebbe andata in un posto, ma in realtà era salita su un furgone in cui c’erano Matías Farías, con cui Lucía aveva una relazione, e Juan Pablo Offidani. Qualche ora dopo, gli stessi uomini l’avevano abbandonata davanti all’ospedale di Mar del Plata parlando di overdose. Inutili erano stati i tentativi di rianimarla, Lucía era morta poco dopo. L’autopsia, però, rivelò che non era morta di overdose, ma aveva subìto una brutale violenza e la morte era sopravvenuta per impalamento. I due uomini, approfittando dei problemi di dipendenza da droghe di Lucía, l’avevano portata nell’appartamento di Farías, l’avevano drogata, violentata e torturata con un palo che ne causò la morte. Il suo brutale femminicidio sconvolse l’Argentina e diede vita al primo sciopero mondiale delle donne organizzato da Ni Una Menos, movimento nato per lottare contro la violenza sulle donne, che si è diffuso poi in tutto il mondo.

Il processo senza colpevoli

Nel 2018 si era svolto il processo contro Matías Farías e Juan Pablo Offidani, imputati per cessione di droga, violenza e omicidio, per cui era stato chiesto l’ergastolo. Entrambi furono condannati a 8 anni per vendita di droga a una minorenne. Vennero assolti, invece, per i reati di violenza e omicidio. Le motivazioni della sentenza indignarono più della sentenza stessa. Secondo i giudici argentini, i periti non erano riusciti a dimostrare che la ragazza era stata violentata e assassinata dai due. Sulla base delle chat con le amiche, i giudici dissero che Lucía “non era una persona che poteva essere facilmente costretta ad avere relazioni sessuali non consensuali”, che “sceglieva volontariamente gli uomini con cui stare”, e che dal suo vissuto si poteva scartare completamente la possibilità che fosse stata “sottomessa senza la sua volontà”, che non mostrava la sua età e aveva detto di aver avuto relazioni con uomini anche di 29 anni. “Qui non c’è stata violenza fisica, né psicologica, né subordinazione, né umiliazione”, diceva la sentenza. La pm che si occupò del caso, Maria Isabel Sanchez, diffuse alla stampa i particolari dell’esame autoptico e finì sotto inchiesta con l’accusa di aver condizionato l’opinione pubblica. Alla fine del processo, per i giudici Pablo Viñas, Facundo Gómez Urso e Aldo Carnevale il femminicidio di Lucía era stato solo “il parto dell’immaginazione della Sanchez”. Come in tanti casi di femminicidio, la morte di Lucía era imputabile solo a sé stessa. “Loro non l’hanno stuprata, non l’hanno uccisa, non le hanno dato niente. E la morte di mia figlia cos’è, un regalo?”, disse allora la madre Marta Montero.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *