venerdì24 Marzo 2023
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Terre rare: anche il Canada vuole la sua filiera

Toronto cerca di conquistare un ruolo di rilievo nel promettente mercato delle terre rare, divenute ormai da tempo materie prime...

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Toronto cerca di conquistare un ruolo di rilievo nel promettente mercato delle terre rare, divenute ormai da tempo materie prime strategiche

Intanto, l’Australia investe nell’estrazione, mentre la Gran Bretagna punta alla raffinazione in patria e alla ricerca di giacimenti all’estero

Qui comincia l’avventura…

Mentre l’Europa cerca di porre fine alla sua dipendenza energetica dalla Russia, oltreoceano il Canada tenta di emanciparsi dalla sua dipendenza dalla Cina, che estrae tra il 60% e il 70% delle terre rare che finiscono sui mercati internazionali. Il 22 maggio, dunque, la miniera di Nechalacho, la prima in Canada per l’estrazione delle terre rare, ha dato i suoi primi prodotti. I minerali grezzi vengono ridotti in forma di ghiaia, per poi essere passati sotto un sensore a raggi x che separa il quarzo bianco dagli altri elementi più pesanti. Il prodotto concentrato, quindi, viene trasportato da imbarcazioni sul Lago degli Schiavi, fino a Hay River, da dove viene portato allo stabilimento di lavorazione di Saskatoon. Quest’ultimo è stato costruito da Vital Metals, proprietaria di Cheetah Resources, cui appartiene la miniera di Nechalacho. Infine, il prodotto raffinato viene venduto alla Norvegia. Un trionfo per il suo presidente David Connelly, che ha commentato sottolineando che «il Canada e i suoi alleati si liberano della filiera di approvvigionamento di terre rare provenienti dalla Cina» e che la sua miniera è l’unica a non rifornire Pechino. Peraltro, il giacimento di Nechalacho, scoperto nel 1983, contiene ben 15 elementi e da oltre un decennio se ne suggerisce lo sfruttamento. Tuttavia, l’attuale progetto di estrazione ha richiesto finora ingenti quantità di acqua e potrebbe creare grandi bacini di residui. Per questo, pur avendolo approvato, le autorità locali dei Territori del Nord-Ovest hanno evidenziato la possibilità di dover mettere in campo misure per l’attenuazione dei rischi ambientali.

Corsa mondiale

Definiti materie prime strategiche, essenziali per le industrie legate alla transizione ecologica, la domanda mondiale di terre rare è da anni in continua e rapida crescita, come, di conseguenza, i loro costi di estrazione e lavorazione. Ne consegue che la strategia industriale di Connelly appare in linea con gli andamenti, effettivi e previsti, del mercato (o dei mercati). Gli esperti, infatti, sostengono che il settore assisterà a un vero e proprio exploit, passando dal valore di 6,8 miliardi di dollari del 2021, a oltre 12 miliardi nel 2026. Per questo, all’ombra del conflitto ucraino, nel mondo è in atto una sorta di corsa all’accaparramento di una fetta di mercato, a qualsiasi livello della filiera produttiva. Nel continente americano, d’altronde, la prima miniera di terre rare è quella statunitense di Mountain Pass, chiusa nel 2002 a causa della concorrenza cinese e delle valutazioni sui rischi ambientali. Nel 2008, la Chevron, proprietaria della struttura, l’ha venduta alla Molycorp Minerals, che ne ha finanziato la riapertura nel 2012. Tuttavia, tre anni dopo, la bancarotta della Molycorp ne ha provocato nuovamente la chiusura, finché, nel 2017, l’intenzione di Washington di riavviare l’estrazione e la lavorazione di terre rare le ha conferito nuova importanza strategica. Come osserva Forbes, senza una produzione locale, per gli Usa il «futuro elettronico» è impossibile. Mountain Pass ha quindi riaperto i battenti per iniziativa della compagnia statunitense MP Materials, ma la proprietà attuale è divisa tra i fondi statunitensi JH Capital Group e QVT Financial, la compagnia cinese Shenghe Resources Holding e lo Stato.

Un nuovo strumento per la scalata geoeconomica?

Sull’altra sponda dell’Atlantico, intanto, la Norvegia, che importa metalli rari raffinati dal Canada, conduce ricerche di questi minerali e di altre materie prime critiche in Europa settentrionale. In Gran Bretagna, invece, il 31 maggio, la società Pensana ha ricevuto il via libera delle autorità per il progetto di una raffineria di terre rare nello Yorkshire, presso il Saltened Chemicals Park. Il progetto, annunciato nel 2021, comporterà un investimento di 150 milioni di sterline, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle importazioni dalla Cina. Infatti, il prodotto finale di questo stabilimento saranno i magneti impiegati nei veicoli elettrici e nelle pale eoliche, di cui il 90% è attualmente realizzato nell’Impero del Centro. Intanto, Pensana il 25 maggio ha pubblicato i risultati delle ricerche per la realizzazione di una miniera di terre rare in Angola: se i due progetti, complessivamente, costeranno 494 milioni di dollari, i guadagni previsti superano i 976 milioni di dollari l’anno e le stime sono in crescita. Frattanto, a febbraio 2022, anche l’Australia ha annunciato di volersi lanciare in questo proficuo settore, approvando il finanziamento di 100 milioni di dollari per la miniera di Yangibana, realizzata da Hastings Technology Metals. D’altronde, finora, a investire nell’estrazione di terre rare in Australia è stato il Dipartimento della Difesa statunitense. Più restia, almeno per ora, la Francia, dove, tuttavia, la ministra della Transizione ecologica Barbara Pompili ha affermato che Parigi «non dovrebbe precludersi nulla», soprattutto in merito all’estrazione di litio, che sarebbe presente in quantità rilevanti nel sottosuolo di Tréguennec, in Bretagna, area di interesse internazionale sul piano ambientale.

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