Referendum: cinque quesiti tra contraddizioni, divergenze e confusione

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Domenica 12 giugno si voterà in Italia su cinque referendum abrogativi. La cosa è nota, o almeno dovrebbe esserlo. Come è spesso avvenuto nel Bel Paese, le tornate referendarie rappresentano esercizi di equilibrismo e tattica.

I partiti e i politici che li rappresentano danzano sulle posizioni, cercando talvolta di tenere gli elettori lontani dalle urne.

In quest’ultima circostanza inoltre dai promotori è stata espressa contrarietà nei confronti della RAI e dei media in generale, ritenuti responsabili di offrire scarsa copertura. In particolare Matteo Salvini ha dichiarato:

“E’ vergognosa la censura che stanno subendo i referendum da televisioni, giornali, radio. Sembra un’alleanza di politici di sinistra, giornalisti di sinistra, magistrati di sinistra affinché la giustizia non cambi per nulla”.

Da ‘Che tempo che fa’ a l’Agcom

E se il leader legista ha denunciato la scarsa informazione, pare l’Agcom abbia richiamato la Rai per l’intervento dell’attrice Luciana Littizzetto durante la trasmissione ‘Che tempo che fa’. Littizzetto avrebbe violato i principi in materia di par condicio e pluralismo, evidentemente informando il pubblico sulla tornata elettorale, ma soprattutto prendendo posizione. Secondo l’attrice i quesiti referendari sarebbero troppo tecnici per essere sottoposti a milioni di inesperti, chiedendo loro di recarsi alle urne in una calda giornata estiva. La questione sarebbe stata appianata dalla decisione della Rai di mettere in palinsesto per l’otto giugno una trasmissione interamente dedicata al referendum.

Il ruolo dei parlamentari e i bisogni dei cittadini

Al di là delle valutazioni di opportunità nell’utilizzo del servizio pubblico, può apparire paradossale che i cittadini debbano esprimersi su temi per i quali dovrebbe essere sufficiente la democrazia indiretta. I parlamentari eletti servirebbero proprio a questo, decidere su temi tecnici, non alla portata di tutti.

Altri temi, etici, dal sentire comune, avrebbero meritato di essere sottoposti al parere di cittadine e cittadini. È stato un gran peccato purtroppo che la Consulta abbia giudicato inammissibili i referendum sull’eutanasia e sulla cannabis, segnando ancora una volta, e irrimediabilmente, la lontananza delle istituzioni dal popolo che rappresentano. Proprio questi due quesiti avrebbero potuto spingere le persone alle urne allargando la base indispensabile per raggiungere il quorum (formato dal 50%+1 degli aventi diritto). Guardando brevemente indietro, troviamo un altro giugno referendario. Era il 2011, col 54% si raggiunse e si superò il quorum. Il 94% dei sì (ventisette milioni di persone) votò per la gestione pubblica dell’acqua ma, è quantomai il caso di dire, quel risultato venne annacquato da tutti i governi che si sono succeduti.

Come si posizionano oggi i partiti

Tornando al voto prossimo, scopriamo che Forza Italia è favorevole ai cinque quesiti, come ovviamente la Lega. Alle due forze di destra si unisce Matteo Renzi. Fratelli d’Italia dirà di no ai quesiti sulla legge Severino e sulla custodia cautelare, dove la vittoria del sì darebbe ai condannati la possibilità di conservare le proprie cariche istituzionali ed eventualmente la libertà e la capacità di reiterare i reati. Il Movimento 5 Stelle è fuori dalla disputa, giacché ritiene che la via corretta per decidere in tema di giustizia sia il Parlamento. Il Partito Democratico lascia libertà di coscienza, ma il segretario Enrico Letta ha fatto sapere che voterà cinque volte no.

L’Associazione Nazionale Magistrati

Secondo l’ANM (fonte Adnkronos) “non sono referendum che porteranno ad un miglioramento del servizio giustizia”. Il referendum sulla separazione delle carriere ha sortito le maggiori perplessità. Il presidente Giuseppe Santalucia ha dichiarato “Va in senso contrario a quello che vorremmo, un pm più giudice e meno poliziotto”.

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