Da Berlusconi a De Magistris, la legge ha colpito chiunque ma con disparità di trattamento tra parlamentari e amministratori locali
Approvata nel 2012, la legge Severino ha avuto effetti in ogni parte d’Italia. Silvio Berlusconi, Luigi de Magistris, Vincenzo de Luca, fino ai sindaci di Catania e Raggio Calabria, sospesi all’inizio di quest’anno
Il primo dei cinque quesiti referendari su cui si sta votando oggi riguarda la legge Severino, firmata il 6 novembre 2012 dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Porta il nome di Paola Severino, che in quegli anni era ministra della Giustizia per il governo guidato da Mario Monti e riguarda l’incandidabilità e la decadenza dei parlamentari, anche europei, i rappresentanti di governo, i consiglieri regionali, i sindaci e gli amministratori locali. Questa norma vieta la candidatura e l’eleggibilità a qualunque carica pubblica per le persone condannate in via definitiva a più di 2 anni di carcere, per reati di corruzione, concussione, collaborazione con la criminalità organizzata o organizzazioni terroristiche e per delitti non colposi con pene dai 4 anni in su. Inoltre, la Severino prevede la sospensione della carica per 18 mesi in caso di condanne non definitive o la decadenza in caso di condanna definitiva. Le ragioni del Sì e quindi dell’abrogazione di questa legge riguardano l’automatismo della sua applicazione, che deve essere eliminato poiché devono essere i giudici a stabilire l’interdizione dai pubblici uffici tramite pena accessoria. Chi sostiene il No, invece, ritiene che bisognerebbe modificare alcuni elementi, come la sospensione per gli amministratori locali che hanno subìto sentenze non definitive. Uno dei nodi è la differenza di applicazione tra i parlamentari e gli amministratori locali. Per sospendere i parlamentari, infatti, si devono aspettare i tre gradi di giudizio, mentre per gli amministratori locali basta il primo grado. Il problema è per chi viene messo sotto processo e risulta poi innocente, ma spesso può ritrovarsi con una carriera politica distrutta.
L’applicazione della legge
Solo nel 2013 l’applicazione automatica della legge aveva fatto decadere 37 consiglieri, di cui 17 regionali e 20 provinciali e comunali, ma anche un presidente di provincia, Armando Cusani di Latina, dopo esser stato condannato in primo grado a un anno e 8 mesi con sospensione della pena per abuso d’ufficio per fatti risalenti a dieci anni prima. Il primo presidente di Regione colpito dalla misura è stato invece Giuseppe Scoppellitti del Nuovo Centrodestra, condannato a sei anni di reclusione per abuso e falso e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, lasciando così il posto di governatore della Calabria. Numerosi i casi a seguire, da Luigi De Magistris a Vincenzo De Luca, ma il più eclatante è stato quello di Silvio Berlusconi.
Silvio Berlusconi e l’espulsione dal Parlamento
Il primo agosto del 2013 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per frode fiscale da oltre 7 milioni di euro a Silvio Berlusconi, relativa a Mediaset. La pena di 4 anni, di cui 3 abbonati per effetto dell’indulto, venne scontata da Berlusconi con l’affidamento ai servizi sociali. Berlusconi, che era stato eletto in Senato, subisce la legge Severino, da lui già definita anticostituzionale, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, poi ridotti a due, e l’incandidabilità. È l’uscita di scena di Silvio Berlusconi dal Parlamento. Berlusconi ha presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro l’applicazione ritenuta retroattiva della legge Severino, ma la Corte di Strasburgo ha chiuso il caso senza emettere una sentenza. Era il 27 novembre 2018 e Berlusconi era ormai di nuovo candidabile, poiché il Tribunale di sorveglianza di Milano gli aveva riconosciuto la riabilitazione, vista la buona condotta e trascorsi tre anni dalla fine della pena.
Luigi De Magistris
Luigi De Magistris era stato condannato, in primo grado, per abuso d’ufficio, il primo ottobre 2014, al suo primo mandato da sindaco di Napoli. L’inchiesta risaliva al 2006 e riguardava l’acquisizione di utenze di alcuni parlamentari senza autorizzazione, quando era pubblico ministero a Catanzaro e titolare dell’inchiesta denominata “Why Not”. “In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale – disse all’epoca De Magistris -. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici”. De Magistris viene quindi sospeso per 18 mesi dal prefetto di Napoli dalla carica di sindaco in applicazione degli articoli 10 ed 11 della legge Severino. Per un mese fa il “sindaco di strada”, come si definisce lui stesso. Non potendo entrare nella sede del Comune, gira per la città per parlare con i cittadini e stare tra loro. Nel frattempo fa ricorso al Tar della Campania, che decide per il suo reintegro a fine ottobre dello stesso anno, rimettendo comunque gli atti alla Corte Costituzionale, poiché Luigi de Magistris accusava di incostituzionalità il decreto nel punto in cui prevedeva l’applicazione della norma anche alle vicende giudiziarie avviate prima della legge stessa. Secondo i giudici costituzionali la sospensione non andava considerata come una sanzione, ma come una tutela degli organi elettivi e dell’ordine pubblico e pertanto non era soggetta alle norme sulla retroattività.
Vincenzo De Luca
Un altro caso di rimessione alla Corte costituzionale ha riguardato il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, il 22 luglio 2015, condannato in primo grado per abuso d’ufficio nel processo relativo al progetto di un termovalorizzatore a Salerno. Vincenzo De Luca qualche mese dopo è stato assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Salerno ed è potuto tornare a governare, ma nel frattempo aveva fatto ricorso alla Corte Costituzionale per la disparità di trattamento tra i parlamentari e gli amministratori locali e per eccesso di delega da parte del Governo Monti. Il ricorso venne respinto.
Catania e Reggio Calabria
Tra gennaio e febbraio del 2022 altri due sindaci sono stati sospesi per effetto della legge Severino. Si tratta di Giuseppe Falcomatà, il sindaco di Reggio Calabria, condannato in primo grado per abuso d’ufficio e sospeso a febbraio, che ha replicato: “Noi sindaci non chiediamo l’immunità ma di fare bene il nostro mestiere”. Poco prima era stata la volta del sindaco di Catania, Salvo Pogliese. Nel luglio del 2020 il sindaco era stato sospeso con provvedimento del prefetto, in applicazione della Severino, per effetto di una condanna pari a 4 anni e 3 mesi di reclusione con l’accusa di peculato in relazione all’indagine sui rimborsi ai gruppi parlamentari siciliani, quando Pogliese era deputato del Pdl. A seguito di un ricorso, il Tribunale aveva reintegrato il sindaco, rimandando la questione alla Corte costituzionale che però ha rigettato l’istanza. A gennaio Pogliese è stato sospeso di nuovo. “Ha ripreso la sua efficacia il decreto prefettizio originario di sospensione del 24 luglio 2020, emanato ai sensi della legge Severino, che si esaurirà decorsi 18 mesi complessivi, al netto del periodo di sospensione” è indicato nella nota inviata al sindaco di Catania.