Aumentano i costi correnti di produzione del cibo, crolla la fiducia degli operatori

Dinamiche di breve e lungo termine, effetti degli aumenti dei costi e prospettive per le imprese della filiera; dove sta andando l’agricoltura italiana?

Una lunga dinamica senza grandi sussulti del mercato per la maggior parte dei mezzi di produzione utilizzati in agricoltura ha indotto probabilmente una bassa consapevolezza rispetto al ruolo dei costi di produzione nella generazione del reddito aziendale rispetto a quello dei prezzi di vendita del prodotto finale

Assistiamo impotenti a rincari a doppia cifra praticamente su tutto; alimentari, trasporti, servizi. Ciò deriva per lo più da dinamiche energetiche iniziate lo scorso ottobre. Su di esse si è innestata la crisi dei microchip, l’aumento dello stoccaggio dei container, e, ma solo da ultimo, il conflitto russo ucraino. Ma probabilmente quello che ci colpisce di più, come consumatori, è l’elemento prezzo dei generi alimentari, che ha scatenato, più o meno consapevolmente, una sorta di caccia alle streghe, con i poveri produttori additati come responsabili della crisi dei prezzi, quando invece ne sono vittime anch’essi, per lo più. Certo poi gli strumenti in mano al Governo in questa delicata fase anche politica non sono poi molti e per il momento sta prevalendo la linea dei bonus, che rischia di avere un effetto piuttosto limitato e che può avere un ruolo anche nelle prossime dinamiche inflazionistiche.

I rincari del prezzo del cibo, da cosa dipendono?

Sui motivi dei rincari dobbiamo dire che il 2021 rappresenta un significativo punto di rottura. Quella che i media, ormai iterativamente, definiscono la “tempesta perfetta“, ovvero l’allinearsi in senso sfavorevole di una molteplicità di fattori di tipo strutturale e congiunturale, endogeni ed esogeni al settore agroalimentare, ha obbligato ad acquisire tale consapevolezza con una specificità: una crisi talmente ad ampio raggio da interessare, concentrandoci sul settore agroalimentare, tutte le filiere e, nell’ambito delle stesse filiere, tutti gli anelli di cui sono composte; dalla produzione dei mezzi tecnici al consumatore finale, cui peraltro una quota importante del proprio reddito è stata “distratta” verso il pagamento degli incrementi notevoli di spese prioritarie come le bollette e il pieno dell’auto, proprio mentre l’inflazione è andata a interessare gran parte dei beni alimentari.

L’estrema diffusione orizzontale e verticale dell’incremento dei costi, purtroppo, non è una particolarità da poco perché limita i margini di manovra sia per gli operatori sia per la politica, come abbiamo già visto, e al di là di interventi orientati prevalentemente a tamponare le emergenze più evidenti è davvero difficile individuare soluzioni, anche per l’incertezza delle traiettorie future.

Prezzo del cibo, le voci di costo maggiormente cresciute nell’ultimo biennio

Sta di fatto che, se nel 2020, come conseguenza della pandemia e del rallentamento delle attività produttive, del blocco dei flussi turistici e dei viaggi aerei, si registrò un forte calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime energetiche in generale (-32% la riduzione dell’indice rispetto all’anno precedente), che ha trascinato al ribasso anche l’indice dei prezzi dei fertilizzanti, diminuito del 10%, nel 2021 si è assistito all’impennata dei prezzi di tutte le commodity, non solo gli energetici (+82% nel consuntivo 2021 rispetto al 2020), che hanno spinto un incremento analogo dei fertilizzanti (+81% rispetto all’anno precedente), ma anche i minerali e metalli e i metalli preziosi, con questi ultimi che avevano già registrato un aumento nel 2020 nel contesto di incertezza legato alla pandemia.  

Gli energetici e le tensioni politiche mondiali 

In particolare, nel 2021, il prezzo del petrolio (Brent) è cresciuto del 67% rispetto al 2020, portandosi a 69 dollari al barile, ancora ben lontano dal massimo del periodo 2008-2021 di 105 dollari, raggiunto nel 2012; ma soprattutto si è registrata una vera e propria esplosione del prezzo del gas naturale quotato in Europa, con una crescita del 397%. L’innalzarsi dell’indice internazionale del prezzo del gas naturale ha impattato a sua volta fortemente sul prezzo dei fertilizzanti, essendone il gas una componente produttiva; in particolare, il prezzo dell’urea è più che raddoppiato in un anno, con una quotazione di 483 dollari per tonnellata in media nel 2021, che si avvicina al valore massimo del periodo di 515 dollari, raggiunto nel 2008.

Forte la crescita anche per fosfato diammonico e del triplo superfosfato o superfosfato concentrato, ma per questi due prodotti le quotazioni nel 2021 sono rimaste comunque lontane dai livelli massimi del 2008. Lo scenario per il 2022 si è poi drammaticamente aggravato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La messa fuori uso dei porti sul Mar Nero, le tensioni politiche e le sanzioni comminate alla Russia hanno ulteriormente destabilizzato il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi come petrolio, gas e fertilizzanti, nonché fenomeni speculativi che in tutte queste incertezze hanno trovato un florido terreno di coltura. Morale della favola, i prezzi rimangono alti in attesa di capire che piega prenderanno gli eventi. E intanto la fiducia cala paurosamente.

 

 

 

 

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