L’export italiano di vini nel primo trimestre di questo difficile anno cresce del 18,3% (cioè di 1,7 mld di euro), ma a primeggiare è senz’altro il Prosecco, che traina tutta la produzione nazionale
Volumi davvero inattesi e dinamiche mondiali piuttosto generose autorizzano cauto ottimismo. Ma l’incognita, forte, è relativa all’autunno quando il quadro generale potrebbe peggiorare decisamente
L’Italia anche nel 2021 è stata il maggior produttore mondiale di vino, superando di un’incollatura la Francia e poi la Spagna, nazioni molto più grandi della nostra. È un trend che si ripete ormai da qualche anno. Il vino, si è scoperto, fa fare ottimi affari e questa è certamente una leva che incentiva la produzione. Il mercato mondiale ha riservato parecchie sorprese in quanto ci si attendeva un 2020 ed un 2021 in decremento invece le cose sono andate in maniera diversa. E l’Italia sta migliorando dal punto di vista della tenuta del prezzo e della conquista di mercati ancora inesplorati, avendo in questo tanto da imparare dai cugini d’oltralpe, più abituati di noi a fare sistema e ad esplorare le lande più impensabili.
Vino, i dati relativi al I° trimestre dell’anno in corso
Ha dunque chiuso con una crescita tendenziale in valore del 18,3% (che significa un valore monetario di ben 1,7 mld di euro) l’export italiano di vino nel primo trimestre di quest’anno. L’Osservatorio dell’Unione italiana vini (Uiv), che ha elaborato i dati appena resi pubblici da Istat, è poi convinto del fatto che l’incremento – in parte ascrivibile al dollaro forte e soprattutto ai lockdown registrati su scala mondiale nel pari periodo 2021 – è trainato da un nuovo record degli spumanti tricolori, che fanno segnare (sognare?) nei primi tre mesi un clamoroso +35,6%, cioè una crescita più che doppia rispetto ai vini fermi (+14,8%). In crescita anche il prezzo medio (+12,2%), in un trimestre in cui anche marzo chiude in positivo nonostante un leggero rallentamento rispetto ai primi 2 mesi dell’anno. In rialzo tutti i principali mercati della domanda, fatta eccezione per Germania e Cina, mentre – nel mese di marzo – Russia (-30% nel trimestre) e Ucraina fanno segnare crolli rispettivamente del 65% e del 98%, inevitabilmente, si direbbe.
Cosa ci riserva il futuro? La parola all’esperto
Possiamo dunque provare sentimenti di grande positività? Modera l’entusiasmo Paolo Castelletti, segretario generale dell’Unione italiana vini. Interrogato su questo, ha risposto in maniera molto prudente: “I numeri messi a segno dal vino italiano, ma anche da quello francese che chiude a +24%, sono davvero sorprendenti, ancor più se si tiene conto di un 2021 già in doppia cifra. È però troppo presto per capire che direzione prenderà il mercato nei prossimi mesi, con una domanda potenziale sempre più afflitta da una congiuntura negativa e dall’escalation della spirale inflattiva. Se a ciò si aggiunge l’aumento dei costi delle materie prime secche, che per le aziende si traduce in un surplus medio di spesa di oltre il 30%, è importante mantenere cautela ed evitare trionfalismi che potrebbero essere agevolmente confutati nei prossimi mesi”.
Vino spumante, la ottima performance del Prosecco
In questo quadro, è lo sparkling a dominare sulla concorrenza, con segni positivi ovunque, a partire dalle sue top-piazze estere: Stati Uniti (+18%), Regno Unito (+87%) e Germania (+20%). Ed è sempre il Prosecco a trainare il comparto, con un autentico boom su scala planetaria (+40% a valore, +11,7% il prezzo medio) con quasi il raddoppio degli ordini nel Regno Unito (+93%), in Polonia (+85%) e anche in Canada (+76%), e con crescite ben oltre il 30% in aree importanti come Germania, Francia, Belgio, Giappone, Repubblica Ceca e Norvegia, tutti mercati dall’altissimo potenziale economico.
Le conclusioni a Spumantitalia, sul lago di Garda
Una crescita, quella degli sparkling italiani, confermata dall’Osservatorio Uiv anche a Garda (VR) in occasione del focus di apertura dell’evento Spumantitalia 2022, IV edizione del Festival nazionale dello spumante appena conclusa sul Lago più grande d’Italia. Secondo le proiezioni, infatti, l’esplosione della domanda post-Covid (un significativo +26% nel 2021, con ben 7 bottiglie su 10 destinate al mercato estero) ha bruciato tutti i tempi previsti sulla tabella di marcia, che prevedeva entro il prossimo biennio il superamento della soglia psicologica di 1 miliardo di bottiglie prodotte. A oggi, infatti, il rimbalzo fa prevedere – disponibilità del vetro permettendo, ricordiamo anche questo – un contingente di 1,1 miliardi di pezzi entro quest’anno e di 1,25 miliardi a fine 2023.
Prosecco e spumanti alla conquista del mercato
Una progressione, trainata dal Prosecco, resa possibile grazie all’approccio alle bollicine di una domanda sempre più trasversale, ormai si direbbe “destagionalizzata” rispetto alle occasioni classiche di consumo, e sempre meno legata a modalità di utilizzo esclusive. Tale clamoroso risultato è frutto di una rivoluzione – quella degli spumanti tricolori – focalizzata, come accaduto per altri nobili comparti come la moda, il design e l’auto, sullo spostamento dell’attenzione dal prodotto al contesto.
Con tutti i benefici e le variabili del caso, a partire dai competitor che saranno sempre di più legati ad altre tipologie di bevande in grande crescita, come gli hard seltzer, i co-fermentati, i ready to drink e i low alcol.
E senza dimenticare i fastidi e l’impiego di risorse ed energie nella battaglia legale contro il Prosek croato. L’Italia ha inviato lo scorso novembre le proprie deduzioni per opporsi al riconoscimento del prodotto croato, discusse poi il 17 febbraio dal Parlamento di Strasburgo in seduta plenaria. Ma la vicenda non è ancora conclusa e tutto lascia pensare che ci vorrà del tempo. Ricordiamo intanto che il Prosecco è tanto altro, un modo di intendere il territorio. Un territorio speciale, ricordiamo che, nel 2019, le Colline del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene sono state dichiarate Patrimonio mondiale dell’Umanità