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Putinisti d’Italia

Della vasta presenza di propagandisti pro Russia in Italia se ne sono occupati anche all’estero Politico, Guardian, Reuters e altri...

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Della vasta presenza di propagandisti pro Russia in Italia se ne sono occupati anche all’estero

Politico, Guardian, Reuters e altri quotidiani di tutto il mondo hanno scritto della presenza di opinionisti alquanto discutibili nella tv di casa nostra, l’unica che dà spazio ai funzionari del governo di Vladimir Putin

Sono stati stigmatizzati i nostri media per le ospitate di giornalisti vicini al Cremlino, per l’intervista al ministro degli Esteri Sergej Lavrov, ma anche più semplicemente per la presenza di figure come il professore della LUISS Alessandro Orsini, le cui opinioni in tema di guerra non sono considerate troppo ortodosse. Dopotutto che fossimo il ventre molle dell’Europa dove può affondare la propaganda di Putin si era già visto.

La presenza di personaggi dalle dubbie competenze che diffondono la disinformazione russa è molto più pervasiva in Italia che negli altri Paesi europei, ma esiste un aspetto ancora più preoccupante. Se compariamo le televisioni nazionali italiane con quelle – pubbliche e private – di Francia, Germania e Spagna, c’è un abisso riguardo alla presenza di commentatori russi. Nel nostro Paese i propagandisti russi sono praticamente ospiti fissi di talk show e programmi di approfondimento, dove ripetono a oltranza le falsità dettate dal regime. Perché sia chiaro ai lettori di cosa parliamo, possiamo definire la disinformazione come la “falsificazione intenzionale di dati e notizie al fine di manipolare le percezioni di un bersaglio, influenzarne le decisioni, e indurlo ad agire nel modo desiderato dal disinformatore” (Germani).

Le quinte colonne nostrane hanno capito di avere un pubblico – purtroppo – e si danno da fare: in cerca di visibilità e di guadagni, in qualche caso. Vari conduttori incoscienti di talk show li hanno trasformati in tribuni. Altri pubblicano video atrocemente falsi e pericolosi, con centinaia di migliaia di visualizzazioni.

Anche noti storici e filosofi italiani appaiono allineati con la versione russa dei fatti o, nel migliore dei casi, sembrano non preoccuparsi troppo del nuovo imperialismo russo che per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sta mutando i confini dell’Europa. La strategia di ricatto e di condizionamento del Cremlino, con la sua infiltrazione nei cardini del sistema accademico, dell’informazione e della comunicazione, è stata già perfettamente raccontata da Massimiliano Di Pasquale e Luigi Sergio Germani ne “L’influenza russa sulla cultura, sul mondo accademico e sui think tank italiani”.

In un’intervista del 2014 al Piccolo di Trieste, Massimo Cacciari ha sostenuto che i russi si sarebbero fermati dopo la Crimea e che le preoccupazioni per il resto dell’Ucraina erano infondate. E ha aggiunto che “la Russia non può cessare di essere sé stessa: una volta puntava a Costantinopoli, oggi si accontenta della Crimea. La Russia è un impero, mica uno staterello europeo. Non è mica l’Italietta”. Il conflitto nel Donbas, qualche giorno più tardi, ha dimostrato che la previsione di Cacciari era del tutto errata. Oltre ai media, il Cremlino può contare anche sull’appoggio di una parte della politica italiana. Matteo Salvini, ad esempio, ha recentemente siglato a Mosca un accordo di cooperazione e collaborazione con il partito di Putin Russia Unita, al cui congresso aveva partecipato, l’estate scorsa, anche il deputato grillino Manlio Di Stefano – non sono che la punta dell’iceberg di un panorama politico-culturale in cui partiti e movimenti di estrema destra, sinistra radicale, euroscettici e populisti sono attivi nel promuovere un’agenda politica che mira ad allontanare il nostro Paese dalla UE, dalla NATO, dall’Euro e ad avvicinarla all’orbita moscovita.

Del resto, anche la vicinanza di una parte del M5S al Cremlino non è più un mistero – negli ultimi mesi se ne sono occupati i media mainstream, si pensi agli articoli di Jacopo Iacoboni su La Stampa o al ritratto del grillino Manlio Di Stefano apparso sul settimanale l’Espresso il 20 aprile scorso – è interessante domandarsi come mai il nostro Paese sia diventato uno dei campi d’azione privilegiati della propaganda russa. Si potrebbe proseguire citando altri esempi di disinformazione che si sono succeduti in questi ultimi anni, ma il punto chiave è un altro. La narrazione russa veicolata da molti media italiani ha creato terreno fertile per le agende populiste di tutti quei movimenti e partiti che nel nostro Paese premono per l’uscita dalla UE, dall’Euro e dalla NATO.

Il ripristino della sovranità nazionale a cui gli elettori di questi movimenti credono, sulla base della realtà ‘altra’ propagandata tramite bufale e fake news, finirebbe in realtà per aggravare la crisi politico-economica dell’Italia spingendola nell’orbita della Russia di Putin. Contribuendo a deviare l’attenzione del pubblico dall’aggressione russa verso dibattiti come quello sull’ipotetica co-belligeranza della Nato, Mosca cerca di sfruttare tendenze pregresse proprie del panorama dell’opinione pubblica italiana per indebolire la posizione politica di Roma e seminare zizzania nella comunità euroatlantica.

Alla vasta rete di servi sciocchi e volenterosi del Cremlino, che da anni spiegano che Putin è un bene o comunque non è tutto il male che si vorrebbe far credere, la flessibilità trasformistica della politica italiana darà modo, ovviamente, di redimere l’amore e l’amicizia passata in una dolorosa compunzione, esibita come prova di resipiscenza. Tutti, ora, delusi o sorpresi o sconvolti dal Grande Dittatore e desiderosi di pace. Il Copasir ha recentemente messo sotto i riflettori il partito “Forza Russia”. Più che filo-putiniani, i politici e gli intellettuali che sostengono le ragioni di Mosca sembrano essere semplicemente alla ricerca del proprio minuto di visibilità. In molti escono dal cono d’ombra e discettano in tv e sui media di questioni geopolitiche. Per altri, tra cui Michele Santoro, è l’occasione per abbandonare il lungo esilio dalla tv italiana. Ora sognano addirittura una lista elettorale, magari con l’ex grillino Alessandro Di Battista leader.

Giulia Cortese

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