Arron Banks, l’uomo dietro Brexit, perde la causa contro Carole Cadwalladr che lo aveva accusato di legami con il Cremlino

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Con una storica sentenza, lunedì 13 giugno, la giudice Steyn ha sancito che le affermazioni di Carole Cadwalladr sul promotore di Brexit Arron Banks non erano diffamatorie e che la loro divulgazione era nell’interesse pubblico.

Respingendo la richiesta di Arron Banks, la giudice Steyn ha dichiarato: “Un fattore chiave, a mio giudizio, era se la signora Cadwalladr avesse avuto ragionevoli motivi per ritenere che quanto dichiarava fosse vero: Ritengo che quando ha tenuto il Ted Talk, ne aveva”.

Come era nata l’accusa?

Banks, che aveva finanziato il gruppo pro-Brexit Leave.EU, aveva citato in giudizio la Cadwalladr per due casi in cui la giornalista aveva affermato che il milionario avesse mentito in merito al suo rapporto con il Cremlino: uno in un Ted Talk e l’altro su Twitter.

Era il 15 aprile del 2019 quando Carole Cadwalladr, giornalista dell’Observer e del The Guardian, saliva sul palco dei TED di Vancouver con l’intervento dal titolo: Il ruolo di Facebook nella Brexit — e le minacce alla democrazia.

La Cadwalladr era stata l’artefice di una lunga indagine che aveva che aveva fatto esplodere lo scandalo di Cambridge Analityca, la compagnia implicata nell’utilizzo di dati personali nella campagna elettorale di Trump nel 2016 e anche collegata a Brexit. L’indagine le aveva fruttato la candidatura al premio Pulitzer. Le sue rivelazioni avevano inoltre permesso l’avvio di commissioni d’inchiesta sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna.

Fu su quel palco, mentre ripercorreva la vicenda e spiegava come i social avessero influito sul risultato di Brexit, che aprì il vaso di Pandora dei collegamenti tra Sylicon Valley, la campagna elettorale di Trump, Brexit e il Cremlino.

E non entro neppure nella discussione sulle menzogne che Arron Banks ha detto a proposito dei suoi rapporti segreti con il governo russo.” Affermava la Cadwalladr nel TED. ”O la bizzarra tempestività degli incontri di Nigel Farage con Julian Assange e il sodalizio di Trump con Roger Stone, ora incriminato, subito prima delle due massicce uscite d’informazioni riservate da parte di WikiLeaks, entrambe favorevoli a Donald Trump. Ma quello che posso dirvi è che Brexit e l’elezione di Trump sono strettamente legati. Ci sono dietro le stesse persone, le stesse aziende, gli stessi dati, le stesse tecniche, lo stesso utilizzo dell’odio e della paura.

Successivamente, in un tweet, la Cadwalladr aveva scritto:

“L’intero thread solleva domande cruciali sul finanziamento del Brexit Party. Aggiungerei anche che Arron Banks & co sono andati in Italia 2 anni fa per imparare le tecniche digitali dall’estrema destra. Lo sappiamo…”

E in un altro tweet, aveva aggiunto:

“Sostengo che ha mentito sui suoi contatti con il governo russo, perché lo ha fatto.”

Si trattava di affermazioni pesanti. Nella sua indagine, la Cadwalladr aveva rilevato precisi collegamenti tra la campagna elettorale di Trump, Roger Stone, Julian Assange, Nigel Farage e il gruppo pro-Brexit Leave.EU, inoltre implicava anche pesantemente Banks per le sue connessioni con il Cremlino.

“Quell’indagine aveva portato non solo a multe salate contro Facebook e Mark Zuckerberg, costretto a testimoniare davanti al Congresso,” scrive Carole Cadwalladr sul Guardian a pochi giorni dalla sentenza “ma anche ad appurare che la campagna Leave.EU di Banks aveva infranto sia le leggi elettorali che quelle sui dati. Ma sono state le nostre rivelazioni nell’articolo sulla sua relazione con il governo russo a innervosirlo. Banks mi denunciò alla polizia. Mi accusò di pirateria informatica e poi di ricatto. Un anno dopo mi fece causa”.

Negli ultimi tre anni, Carole Cadwalladr è stata la paladina della difesa del diritto d’informazione. La sua determinazione nel difendersi dall’accusa di diffamazione intentata da Arron Banks è servita a mettere in luce la debolezza di un sistema dove, a causa dei potenziali costi di difesa (che possono raggiungere milioni di sterline), l’uso sistematico di cause di diffamazione da parte di milionari e oligarchi può costringere editori e giornalisti a non esporsi, neanche quando le loro accuse sono sostanziate da prove.

Nel 2021, Catherine Belton (autrice di “Putin’s People“), e il suo editore HarperCollins, erano stati citati in giudizio per diffamazione da alcuni oligarchi, tra cui Roman Abramovich. Per evitare d’incorrere in spese che avrebbero potuto raggiungere i 10 milioni di sterline se il caso fosse andato in giudizio, l’editore aveva accettato di rimuovere dal testo i passaggi contestati.

Rischiare e perseverare come ha fatto Cadwalladr può non solo condurre una giornalista al fallimento personale, ma ha anche pesanti ripercussioni a livello personale, fisico, psicologico e professionale. Questo significa che quando milionari e oligarchi si servono delle cause di diffamazione per mettere a tacere i giornalisti minacciandoli di rovina economica, la libertà di stampa è in pericolo.

Oltre che scagionare una giornalista, la sentenza, mette in discussione l’intero sistema.

La vittoria di Carole Cadwalladr su Banks rappresenta un giro di boa.

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