Lo studente ha ragione: la scuola italiana fa schifo. Ecco i numeri e le statistiche

Uno studente si è presentato alla prima prova della maturità con una maglietta recante la scritta “La scuola italiana fa schifo”, suscitando l’indignazione di molti docenti e qualche boiardo di Stato. Ma i numeri gli danno ragione.

Si chiama Francesco Intraguglielmo lo studente di Enna che, mercoledì 22 giugno, si è presentato alla prima prova dell’esame di maturità con una maglietta provocatoria, che recitava “La scuola italiana fa schifo”.

Un gesto che ha ricevuto qualche apprezzamento, soprattutto da chi ha avuto la pazienza di confrontarsi col ragazzo senza limitarsi alla provocazione; ma il grosso delle reazioni è stata fortemente negativa.
Particolare è stato il commento di Luigi Novi, docente molto attivo sui social (qui la sua pagina Facebook), nonché autore del libro Prof on the Road – influencer di classe.

Se fossi commissario della sottocommissione che esaminerà lo studente, non ci penserei due volte a chiedergli di incentrare il colloquio orale partendo dallo slogan che tanto lo sta rendendo “famoso” in queste ore.
Per esempio, chiederei al ragazzo di raccontarmi i motivi che lo hanno spinto a presentarsi così alla prima prova scritta dell’esame di maturità; gli chiederei di argomentare la propria tesi e cercare di dimostrare che è quella vera o quella migliore, utilizzando esempi o argomenti a sostegno, con dati, statistiche, opinioni di esperti. Inoltre, sarei curioso di conoscere le sue proposte per migliorare la scuola italiana.

Un approccio giustissimo e che condivido in pieno. In attesa che risponda direttamente il ragazzo, ci proverà il sottoscritto a fornire quegli argomenti, dati, statistiche ed opinioni di esperti invocate dal Prof. Quanto all’analisi dei problemi e alle possibili soluzioni, sono pressoché certo che differiranno parecchio da ciò che potrebbe dire Francesco.

Abbandono scolastico: siamo tra i peggiori in Europa

Un primo dato per capire se la maglietta del ragazzo è veritiera o meno è quello sull’abbandono scolastico: in Italia raggiunge il 13%, ed è il quarto peggior risultato a livello europeo (peggio di noi solo Malta, Spagna e Romania). E il 13% è solo una media nazionale: in quattro regioni del Sud la percentuale supera il 15%.

Se la situazione non pare abbastanza grave (c’è chi si consola constatando che il trend è comunque in diminuzione da 10 anni e che l’Italia ha pur sempre superato l’obiettivo fissato dall’UE, che era al 16%), bisogna notare che è stato di recente teorizzato il concetto di “abbandono implicito”. Di che si tratta? Della situazione di chi, pur avendo completato il ciclo scolastico, non ha comunque acquisito le competenze di base minime. Quanto pesa l’abbandono implicito? Dieci punti, secondo Openpolis.

I test INVALSI che certificano il disastro

Gli studenti italiani non avevano mai brillato nei test INVALSI (peraltro oggetto di odio e talvolta di boicottaggio da parte di un discreto numero di docenti), ma dopo due anni di pandemia si è toccato il punto più basso: come riporta Wired,

Alle fine delle scuole medie il 39% degli studenti non ha raggiunto il livello minimo di italiano, contro il 34% di due anni fa. Per quanto riguarda la matematica, il dato è al 45%, quasi uno studente su due, contro il 39% del 2019.Alle scuole superiori il mancato raggiungimento del livello minimo di italiano riguarda il 44% degli studenti, contro il 35% di due anni fa. In matematica si arriva addirittura al 51%, un balzo in avanti rispetto al 42% del 2019.Il 9,5% degli studenti che completa le scuole superiori ha competenze di base fortemente inadeguate (…) a differenza del 7% del 2019.

La scuola italiana è classista

Dai suddetti test – ma soprattutto dalle annuali indagini di Almadiploma – emerge però un altro dato interessante: il fatto che la scuola italiana, nonostante mille riforme e solenni richiami all’Art. 3 della Costituzione, è nei fatti ancora fortemente classista, almeno nei risultati. Dal report annuale del 2020 (nonché da quelli degli anni precedenti) emergeva un quadro così riassumibile:

  • alcuni tipi di scuole – i Licei, in particolare il classico – rimangono appannaggio dei ceti benestanti. Chi li frequenta proviene da famiglie i cui genitori sono laureati o diplomati, e tendenzialmente ottiene i risultati scolastici migliori.
  • altri tipi di scuole – gli istituti tecnici e professionali – sono invece scelti da chi proviene da famiglie a reddito medio-basso e i cui genitori non hanno titoli di studio troppo elevati. I risultati dei test INVALSI in queste scuole sono in genere peggiori rispetto a quelli dei licei.

Scuola

Cause e soluzioni

Premesso che sui problemi della scuola italiana e sulle possibili soluzioni sono stati versati i proverbiali fiumi d’inchiostro, voglio spendere i miei 2cent per una ultra-rapida analisi delle cause di tutto ciò e sulle possibili soluzioni.

Credo che uno dei problemi principali sia il valore legale del titolo di studio, responsabile di una corsa al ribasso dell’asticella delle aspettative che da anni è sotto gli occhi di tutti. Poiché l’importante è ottenere il proverbiale “pezzo di carta”, e poco importa se dietro di esso c’è un reale apprendimento o meno, le scuole competono ormai al ribasso per attrarre gli studenti: gli istituti più “gettonati” sono quelli che bocciano poco e promuovono col minor sforzo (da parte dello studente) possibile. Con grande gioia anche dei genitori, come sa chiunque faccia il mestiere d’insegnante.

Vi è poi la questione dei docenti. Molti dei quali si battono da anni contro qualsiasi forma di valutazione. Nella scuola italiana (come in molto altro pubblico impiego) chi si impegna al minimo riceve lo stesso stipendio di chi si impegna al massimo, con ovvie conseguenze. I dirigenti si trovano ogni anno dinanzi ad alunni che chiedono di confermare quel supplente perché più bravo del titolare, e sono costretti a rispondere che no, non possono confermare né mandar via nessuno: possono solo attingere da una graduatoria e incrociare le dita.

Ci sarebbero altri fiumi di inchiostro da scrivere, ma chiudo segnalandone uno che è già stato autorevolmente scritto: Il danno scolastico, di Luca Ricolfi e Paola Mastrocola.

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