Turchia-Gran Bretagna: sinergia d’armi

Ankara si dice disposta all’acquisto di caccia dal consorzio Eurofighter, se la trattativa con Washington per gli F-16 dovesse fallire

La Sublime porta, intanto, si districa tra un atlantismo ormai quasi solo formale e i tentativi di costituirsi come centro di un nuovo polo geopolitico

Clienti di servizio

Le voci si moltiplicano sulla possibilità che la Turchia chieda di acquistare caccia dal consorzio Eurofighter Typhoon, dopo oltre un mese dall’abolizione, da parte della Gran Bretagna, di qualsiasi restrizione all’esportazione di armi ad Ankara, malgrado le sanzioni imposte nel 2019 dalla comunità internazionale, a seguito dell’invasione turca della Siria settentrionale. Una decisione importante per la Sublime porta, che con Londra non ha stabilito solo stretti rapporti di cooperazione nel settore della Difesa per via della comune appartenenza all’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato), ma anche una certa collaborazione industriale. Ad esempio, la Rolls-Royce dovrebbe produrre il motore per il primo jet da guerra turco, il TF-X, mentre il contributo della BAE Systems riguarda la fase dell’elaborazione. Specularmente, Londra ha manifestato interesse per i droni turchi Bayraktar TB-12. A fine maggio, peraltro, il comandante dell’aviazione turca è partito per il Regno unito, principale socio del consorzio Eurofighter assieme alla Germania, per incontrare il suo omologo britannico. L’alternativa di Eurofighter, d’altronde, è stata suggerita al governo turco da Yusuf Erim e Mohammad Walid bin Siraj, in un articolo di opinione pubblicato il 18 giugno dal giornale turco filogovernativo Daily Sabah. A proposito dell’edizione del 2022 dell’esercitazione militare EFES, organizzata da Ankara con cadenza biennale, i due editorialisti osservano che la Turchia, un tempo completamente dipendente dalle forniture di armamenti dall’estero, è attualmente in grado di provvedere all’80% del proprio fabbisogno difensivo (e soprattutto offensivo), grazie allo sviluppo di un’industria locale: droni Bayraktar TB2, sistemi di difesa aerea, missili antinave, armamenti leggeri e programmi per la realizzazione di navi da guerra e carri armati. Unico punto debole, sarebbero i jet da guerra, poiché il TF-X è ancora ben lungi dall’essere messo a punto. Pertanto, lo scorso ottobre, gli Stati uniti hanno «incoraggiato» Ankara ad ammodernare la propria flotta aerea con gli F-16 prodotti da Lockheed Martin e con un «kit» fornito dalla stessa società per aggiornare i sistemi meno avanzati.

Turchia porta d’Europa

Dopo la Brexit, del resto, Londra si sta aprendo un canale di comunicazione con la Turchia (come con Cipro, dove si trova il territorio d’oltremare di Akrotiri e Dhekelia, costituito da due basi militari britanniche), indipendente dal sistema di relazioni internazionali dell’Unione europea (Ue). Il 22 giugno, la segretaria di Stato agli Esteri Liz Truss è andata ad Ankara a cercare sostegno per uno sforzo internazionale per sbloccare i 25 milioni di tonnellate di grano fermi a Odessa. La Turchia, infatti, vista la sua posizione strategica sul mar Nero e i diritti che le furono riconosciuti dalla convenzione di Montreux, potrebbe contribuire a risolvere lo stallo, che rischia di provocare gravi crisi alimentari in regioni il cui fabbisogno nazionale di grano dipende dalle importazioni dall’Ucraina, in particolare Africa e Medio Oriente. Nondimeno, Ankara potrebbe trarre vantaggio da questa sua posizione, come ha fatto con il suo diritto di veto all’adesione di altri paesi alla Nato, per avanzare richieste geostrategiche. Ad esempio, a marzo, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha chiesto all’Ue di rilanciare i negoziati per l’adesione della Turchia. Ma secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Ankara attualmente è più lontana da Bruxelles rispetto al 1999, soprattutto a causa della mancata applicazione delle sanzioni alla Russia. Affermazioni sostanzialmente in linea con l’ultimo rapporto sulla Turchia votato dal Parlamento europeo, che evidenzia le stesse «criticità» messe in luce nei documenti precedenti, pur lodando le iniziative diplomatiche turche per trovare una soluzione al conflitto ucraino.

Intese complesse

Frattanto, il 14 giugno, i rappresentanti di Turchia, Germania, Stati uniti e Gran Bretagna si sono incontrati a Berlino per un colloquio preliminare in vista del vertice Nato che si terrà a fine giugno a Madrid. Tra gli argomenti di discussione, ci sono le richieste di adesione di Svezia e Finlandia, cui Ankara finora si è opposta, e il passaggio per il mar Nero delle navi che trasportano grano. Su richiesta dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu), la Turchia si è offerta di scortarle dai porti ucraini lungo un «corridoio sicuro». Un altro tema dei colloqui è stata la delicata situazione nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale, nella quale la Sublime porta è ai ferri corti con la Grecia, altro membro Nato, e con la Repubblica di Cipro. Con Atene, in particolare, sono in corso dispute sulle isole del mar Egeo, di cui Ankara chiede la smilitarizzazione, in base al trattato di pace di Parigi del 1947, e sulla ripartizione delle acque territoriali, con significative implicazioni energetiche, data la presenza di importanti giacimenti di gas sotto i fondali. La contesa sull’Egeo, peraltro, è emersa il 14 giugno durante un incontro tra rappresentanti Nato a Istanbul, quando il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha chiesto alla delegazione greca di smilitarizzarne le isole. La risposta è stata una critica all’atteggiamento ostile di Ankara nei confronti di un alleato Nato e un invito a non appellarsi al principio di sovranità dopo l’«invasione» di Cipro. Un’espressione che la Turchia non accetta, ritenendola piuttosto un intervento in favore della minoranza turca perseguitata dopo il colpo di Stato della maggioranza etnica greca. Questi attriti, peraltro, rischiano di estendersi, ad esempio, a causa delle strette relazioni di cooperazione tra Francia e Grecia, anche sul piano militare, o delle intenzioni di Grecia, Egitto e Cipro di intensificare la collaborazione militare.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *