Honduras: condannato a 22 anni di carcere uno degli autori dell’omicidio di Berta Cáceres

La famiglia dell’ambientalista e le ONG chiedono di avanzare nell’indagine sugli autori intellettuali

Roberto David Castillo dovrà scontare 22 anni e sei mesi di reclusione. È l’ottava persona condannata per l’omicidio di Berta Cáceres, leader indigena e ambientalista nota in tutto il mondo, uccisa nel sonno nel 2016. La sentenza indica anche il movente: Cáceres si opponeva alla costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Gualcarque, un corso d’acqua sacro per l’etnia indigena Lenca. La famiglia di Berta Cáceres è certa che la famiglia Atala Zablah, una delle più potenti del Paese, e i membri dello Stato honduregno siano strettamente legati al crimine dell’ambientalista

La giustizia honduregna ha annunciato la condanna a 22 anni e sei mesi di reclusione per Roberto David Castillo, coautore dell’omicidio della leader indigena e ambientalista Berta Cáceres, avvenuto la notte del 2 marzo 2016. La sentenza del tribunale indica anche che il delitto di Cáceres è avvenuto a causa della sua opposizione alla costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Gualcarque, un corso d’acqua sacro per l’etnia indigena Lenca, da parte della società Desarrollos Energéticos (Desa), attraverso il progetto Agua Zarca. Il Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras (Copinh), di cui Cáceres è stata una delle fondatrici, ha affermato che gli autori intellettuali del crimine devono ancora essere perseguiti e indicano una delle famiglie più potenti del Paese, la famiglia Atala Zablah, costruttrice della diga cui Berta Cáceres si opponeva, e membri dello Stato. Roberto David Castillo, ex soldato honduregno diplomato all’accademia militare statunitense di West Point, è stato direttore esecutivo della società Desa, i cui principali azionisti sono la famiglia Atala Zablah. Secondo il Pubblico Ministero, l’imputato “ha organizzato la morte di Cáceres come parte di un piano per eliminare qualsiasi ostacolo che interferisse con le operazioni della Desa sul fiume Gualcarque, territorio ancestrale degli indigeni Lenca”. Per l’omicidio erano state già condannate sette persone: Edilson Duarte Meza, Heriberto Rápalo Orellana, Henry Javier Hernández e Óscar Arnaldo Torres Velásquez a 34 anni di carcere per l’omicidio di Cáceres e 16 anni per il reato di tentato omicidio di Gustavo Castro, un ambientalista messicano che era con Cáceres la notte del suo omicidio. Condannati anche l’ex soldato Douglas Geovanny Bustillo, e Sergio Rodríguez, manager del progetto Agua Zarca, con una condanna a 30 anni di carcere come coautori dell’omicidio, mentre l’ufficiale dell’esercito Mariano Díaz Chávez è stato condannato a 34 anni di carcere.

La lotta di Berta Cáceres 

Dopo il colpo di stato militare del 2009, gran parte del territorio dell’Honduras è stato assegnato con delle concessioni per costruire dighe minerarie e idroelettriche, molte delle quali in aree di comunità indigene, costrette a trasferirsi a causa della privatizzazione di terreni e fiumi. Nel 2010, in uno di questi progetti – come denunciato dal Copinh – lo Stato ha ceduto per 20 anni il fiume Gualcarque alla società Desa per la costruzione di una diga, nel progetto idroelettrico Agua Zarca. Alla guida del Copinh, Berta Càceres è riuscita ad estromettere la società costruttrice di dighe più grande del mondo, il colosso cinese Sinohydro, proprio dalla realizzazione del complesso idroelettrico Agua Zarca. Era il 2013 ed era passato un anno in cui gli indigeni avevano bloccato in modo permanente l’accesso al cantiere per impedire i lavori, nonostante i ripetuti tentativi di sgombero, aggressioni, arresti, minacce, torture, omicidi. Avevano inoltre presentato ricorso contro l’ente finanziatore, l’International Finance Corporation (IFC), braccio del settore privato della Banca Mondiale e avevano portato il caso alla Commissione dei diritti umani interamericana, fino a quando la Sinohydro ha sciolto il contratto con la Desa e l’IFC ha ritirato i finanziamenti. Per questo, Càceres era stata accusata, nel 2013, di usurpazione della terra e di aver causato perdite alla centrale idroelettrica della Desa. Il caso era stato poi archiviato l’anno successivo, mentre la sua lotta veniva riconosciuta a livello internazionale, tanto che nel 2015 le viene assegnato il Premio Goldman, il Premio Nobel per l’ambiente, per la sua lotta e quella degli indigeni Lenca. Nel 2015 la Desa ha trovato nuovi investitori: il Banco di Sviluppo Olandese FMO, il Banco Finlandese FinnFunnd e la società tedesca Siemens. Con loro anche l’istituto di credito Honduras -Ficohsa, guidato da Camilo Atalche, membro di una delle famiglie più potenti dell’Honduras, l’Atala Zablah. Il cantiere è stato spostato di un chilometro, sempre in territorio Lenca e autorizzato con concessioni illegali. Berta è scesa di nuovo in campo con il Copinh e, dopo un’escalation di intimidazioni, è stata uccisa nel sonno a colpi di fucile, durante i giorni del “Forum Energia Alternativa”, lanciato per riorganizzare la lotta indigena nella comunità. A mezzanotte del 2 marzo 2016, alcuni uomini sono entrati nella sua casa nella comunità di La Esperanza e le hanno sparato. Quella notte Berta ospitava un collega ambientalista messicano, Gustavo Castro, unico testimone del delitto, che ha riportato una leggera ferita da arma da fuoco all’orecchio.

Perseguire i mandanti

La famiglia di Berta Cáceres è certa che la società Desa, con la famiglia Atala Zablah, e i membri dello Stato honduregno siano strettamente legati al crimine dell’ambientalista. “Un maggiore delle Forze armate è stato condannato. Chi gli dava gli ordini?” ha detto la figlia Bertha Zúñiga Cáceres, che lavora come coordinatrice generale del Copinh, come una volta faceva sua madre. “Nelle chat telefoniche, che sono state una delle prove fondamentali, abbiamo già trovato alcune comunicazioni in cui questi membri della famiglia Atala Zablah coordinavano e menzionavano ministri, che si incontravano anche nella Casa Presidenziale. Ecco perché le responsabilità dello Stato restano ancora da determinare, così come quelle della famiglia Atala Zablah, per la quale continuiamo a chiedere un’indagine e un processo”, ha detto. “Pensano che rimarranno impuniti, ma la nostra giustizia sarà che i loro nomi saranno sempre associati a questo vile crimine” ha scritto Zúñiga Cáceres sul suo account Twitter.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *