Gaza, aumentano bambini con depressione dopo 15 anni di blocco

Allarmante rapporto di Save the Children

Save the Children ha consultato 488 bambini e 168 genitori e tutori nella Striscia di Gaza in una ricerca per i diritti all’infanzia. I risultati sono inquietanti: il 77 per cento dei bambini è depresso, il disagio emotivo è arrivato all’80 per cento, in notevole aumento rispetto a una ricerca svolta nel 2018. I caregiver hanno segnalato che il 79 per cento dei bambini soffre di enuresi notturna, il 78 per cento non riesce a completare i compiti e 59% ha difficoltà nel parlare. Save the Children chiede la fine del blocco imposto da Israele

Più della metà dei ragazzi e delle ragazze di Gaza, il 77 per cento, si dichiara depresso. Sono i dati allarmanti del rapporto stilato da Save the Children, intitolato “Trapped”. Per realizzarlo Save the Children ha consultato 488 bambini e 168 genitori e tutori nella Striscia di Gaza in una ripetizione di una ricerca simile dell’organizzazione per i diritti dell’infanzia nel 2018. Gaza vive sotto il blocco economico da ormai 15 anni. Il blocco è stato imposto da Israele, e rafforzato dalle restrizioni egiziane al valico di Rafa, nel 2007, dopo i combattimenti tra Hamas e Al Fatáh a seguito delle elezioni del 2006, vinte da Hamas. Da allora, il gruppo islamista governa a Gaza, una striscia di terra soprannominata “la più grande prigione a cielo aperto del mondo”, poiché è grande 360 chilometri quadrati ma ci vivono più di un milione e settecento mila persone che non hanno possibilità di muoversi e di ricevere sostegno dall’esterno. Save the Children ha ricordato che il 47 per cento degli abitanti di Gaza sono bambini, 800.000 dei quali non hanno conosciuto la vita senza il blocco, secondo i dati del Centro palestinese dell’Ufficio di statistica. In questi 15 anni si sono registrati cinque conflitti, a cui vanno aggiunte le difficoltà causate dal blocco e dalla pandemia di coronavirus.

Il 77 per cento dei bambini è depresso

Quindici anni di vita sotto blocco hanno lasciato quattro bambini su cinque nella Striscia di Gaza a dichiarare di vivere con depressione, dolore e paura, secondo i risultati inquietanti diffusi da Save the Children. Il rapporto “Trapped” ha rilevato un enorme aumento di bambini che hanno riferito di sentirsi spaventati (84 per cento rispetto al 50 per cento nel 2018), nervosi (80 per cento rispetto al 55 per cento), tristi o depressi (77 per cento rispetto al 62 per cento) e in lutto (78 per cento contro 55 per cento). Addirittura il 55 per cento ha preso in considerazione il suicidio, mentre circa tre su cinque, il 59 per cento, ha commesso atti di autolesionismo. La ricerca ha rilevato che il benessere mentale di bambini, giovani e operatori sanitari è notevolmente peggiorato dallo studio del 2018, con il numero di bambini che segnalano disagio emotivo in aumento dall’80 per cento dal 55 per cento. Questi risultati mostrano ancora una volta che il mantenimento dell’attuale status quo ha un impatto negativo sul benessere dei bambini e sulla speranza di un futuro migliore. “Ora è più importante che mai che il governo di Israele revochi il blocco della Striscia di Gaza e che le autorità locali, la comunità internazionale e i donatori sostengano il rapido rafforzamento dei servizi di protezione dell’infanzia e supporto per la salute mentale per i bambini colpiti” ha affermato Save the Children.

Le paure

Amr, 14 anni, uno dei 488 bambini intervistati, ricorda ancora la paura che provava durante l’escalation di violenza dell’anno scorso, quando Israele ha deciso di sgomberare un quartiere di Gerusalemme Est, la capitale della Palestina. La reazione violenta dei palestinesi ha visto la risposta di Israele, che ha bombardato la Striscia di Gaza dall’11 al 21 maggio, quando le due parti si sono accordate per un cessate il fuoco. La conta delle vittime è stata di 256 palestinesi uccisi, di cui 66 minorenni, e 13 civili israeliani. “Durante la notte non riuscivo a dormire – ha raccontato Amr – perché avevo gli incubi. Avevo davvero paura che avrebbero bombardato la nostra casa o avrebbero bombardato di nuovo i nostri vicini. Ero al limite. Raccontavo a mio padre degli incubi e lui mi rassicurava che non sarebbe accaduto. Poi tornavo a letto e cercavo di dormire di nuovo”. Ameera, 14 anni, ha invece raccontato come la sua vita sarebbe diversa se il blocco fosse rimosso. “Mi sentirei più connessa al mondo intero – ha detto a Save the Children -. Potrei fare quello che voglio e andare dove voglio. Studierei informatica e in particolare vorrei laurearmi in progettazione di realtà virtuale. Questo è ciò che voglio davvero fare nella mia vita, ma non posso farlo qui a Gaza, non abbiamo un programma del genere”.

I caregiver in difficoltà

Jason Lee, Country Director di Save the Children nei Territori Palestinesi Occupati, ha dichiarato: “I bambini con cui abbiamo parlato per questo rapporto hanno descritto di vivere in uno stato perpetuo di paura, preoccupazione, tristezza e dolore, in attesa dell’esplosione del prossimo round di violenza e di sentirsi incapaci di dormire o concentrarsi. L’evidenza fisica del loro disagio – enuresi notturna, perdita della capacità di parlare o di completare i compiti di base – è scioccante e dovrebbe servire da campanello d’allarme per la comunità internazionale”. Sono stati i caregiver a descrivere il comportamento nei bambini e nei giovani, con il 79 per cento che ha segnalato un aumento dell’enuresi notturna negli ultimi anni e il 78 per cento ha detto che i propri figli hanno raramente completato i compiti. Circa il 59 per cento ha affermato che c’è stato un aumento dei bambini che hanno difficoltà nel parlare, nel linguaggio e nella comunicazione, compreso il mutismo reattivo temporaneo, che è un sintomo di traumi o abusi. “Tutti questi comportamenti hanno un enorme impatto immediato e a lungo termine sullo sviluppo, l’apprendimento e l’interazione sociale dei bambini” ha affermato Save the Children. “Cinque anni fa – ha detto Jason Lee -, i caregiver hanno affermato che la loro capacità di sostenere i propri figli è stata spinta al limite dal blocco, dalla povertà cronica e dall’insicurezza e molto probabilmente sarebbe stata completamente distrutta in caso di un altro conflitto. I nostri risultati mostrano che le preoccupazioni dei caregiver si sono purtroppo avverate”. I caregiver stanno anche sperimentando livelli più elevati di stress emotivo, secondo il rapporto, con il 96 per cento che riferisce di sentirsi infelice e costantemente ansioso.

Le richieste di Save the Children

Save the Children chiede al governo di Israele di adottare misure immediate per revocare il blocco della Striscia di Gaza nel quadro della risoluzione 1860 (2009) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La comunità internazionale dovrebbe chiedere urgentemente a Israele di compiere questi passi, oltre a porre fine all’occupazione in corso e lavorare con tutte le parti per creare le condizioni per rinnovare i colloqui al fine di creare una giusta soluzione. “Chiediamo a tutte le parti di affrontare le cause profonde di questo conflitto – spiega Jason Lee – e di adottare misure per proteggere tutti i bambini e le famiglie che meritano di vivere in sicurezza e dignità. Abbiamo bisogno di una fine immediata al conflitto e alla privazione economica che sono enormi fattori di stress nella vita dei bambini, così come un’azione per sostenere il potenziale di coping e la resilienza dei bambini e delle loro famiglie nella striscia di Gaza”.

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