Il quotidiano turco Daily Sabah punta il dito contro la «visione semplicistica» occidentale
Qualche attrito precede l’apertura dell’incontro tra paesi Nato
Specchio riflesso
Il 27 giugno, due giorni prima dell’apertura del vertice dell’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato) di Madrid, dalla Turchia il quotidiano filogovernativo Daily Sabah ha dedicato uno dei tre articoli d’opinione a quello che viene definito un «catastrofico passo falso» dell’Alleanza, fondato sulla «prospettiva semplicistica dei media occidentali». Quest’ultima, si legge, consiste nel pensare che il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan abbia portato il paese più vicino a Russia e Cina, allontanandola dall’Europa. Affermazioni, peraltro, non molto dissimili sia da quelle che ultimamente si sentono a Bruxelles. Tuttavia, i toni della stampa statunitense sono più aspri, come, ad esempio, quelli del bimestrale National Review, che definisce «un ricatto» il veto posto da Ankara all’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato e suggerisce che «sarebbe preferibile» un’Alleanza atlantica che includesse Stoccolma e Helsinki ma escludesse Ankara che non vice versa, concludendo che «per la Turchia è tempo di andare». Meno drastico il settimanale Newsweek, che, il 20 maggio, si domandava se la Sublime porta potesse essere «espulsa» dalla Nato, mentre il quotidiano Washington Post, il 27 giugno, ha dedicato un articolo di opinione ai motivi per cui Ankara «dovrebbe dare il via libera» all’integrazione di Svezia e Finlandia. A questa «prospettiva», il Daily Sabah risponde sostenendo le riforme promosse da Erdoğan e dal suo partito, Giustizia e sviluppo (Akp), hanno abolito molte restrizioni basate sull’appartenenza etnica. Inoltre, lascia intendere che l’amministrazione di Erdoğan, che «non ha pubblicizzato in giro per il mondo queste riforme», abbia adottato misure repressive, non ai danni delle organizzazioni non governative che avevano chiesto un cambiamento nella gestione delle aree a maggioranza curda, ma per arginare il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), che ha «rubato loro la scena», riuscendo a mettere in difficoltà «il secondo esercito della Nato». Il ragionamento continua, quindi, con il riferimento a «migliaia di terroristi del Pkk, fuggiti da Turchia, Iraq e Siria per andare a vivere in Germania, Svezia e in altri paesi europei. Inoltre, spiega l’opinionista, la Svezia ha fornito armi al Pkk e ha accolto in parlamento un personaggio che aveva combattuto come terrorista in Iran e e Turchia, dalle cui autorità è ricercato come criminale. In sostanza, dunque, il problema per Ankara non sono i curdi, ma i terroristi, inclusi quelli legati al predicatore islamico Fethullah Gülen: pertanto, il veto turco all’adesione di Svezia e Finlandia rappresenta una richiesta di garanzie di sicurezza.