Il Cairo lancia una piattaforma digitale per derivati del petrolio e gas
Intanto, tra l’intensificazione delle relazioni con l’ex rivale Qatar, l’accordo economico con l’alleata Arabia saudita, l’intesa con Libano e Siria per un «gasdotto arabo», si fa spazio nel (probabile) nuovo assetto regionale
Transizione digitale
L’Egitto, per bocca del suo ministro del Petrolio e delle Risorse minerarie Tarek el-Molla, ha annunciato la messa a punto di una piattaforma digitale dedicata alla gestione delle forniture di carburante, dai derivati dell’olio nero al gas. Non solo acquisti elettronici e buoni registrati su smart card, che consentiranno di tracciare automaticamente le transazioni e, di conseguenza, di controllare e valutare l’andamento della domanda interna, ma anche supporto tecnico da remoto e possibilità di ritirare contanti con il bancomat alle stazioni di rifornimento. Tutto questo, a sua volta, fa parte di un più ampio programma di digitalizzazione lanciato recentemente dal Cairo, che prevede il trasferimento in rete di oltre 125 servizi pubblici sulla piattaforma Digital Egypt, come aveva già reso noto, in occasione dell’ultima riunione, a febbraio, dell’Organizzazione araba euro-mediterranea per la cooperazione economica, il ministro egiziano delle Telecomunicazioni Amr Talaat. Una transizione che richiede soprattutto formazione per le giovani generazioni, nella quale il Cairo ha investito, per il 2022, 1,1 miliardi di dollari. Dal 2020, peraltro, l’Egitto è il primo paese africano per efficienza e velocità dell’Adsl e tra i primi dieci paesi in via di sviluppo per inclusione digitale. Inoltre, è al primo posto in Medio Oriente e Africa e quindicesimo nel mondo secondo il Global Service Locations Index del 2021. Altri investimenti chiave sono stati stanziati per fare dell’Egitto, grazie alla sua posizione strategica, uno snodo fondamentale della rete internazionale di cavi sottomarini per le telecomunicazioni e l’energia elettrica.
Egitto-Russia: interessi comuni
Intanto, il Cairo sta pianificando, assieme alla Russia, di utilizzare «valute locali» (la sterlina egiziana e il rublo) negli scambi commerciali bilaterali. Il 16 giugno, infatti, il ministro egiziano del Commercio e dell’Industria Nevine Gamea ha spiegato che sarà adottato un sistema di pagamento che consentirà il ricorso al rublo per acquistare grano da Mosca, di cui l’Egitto, maggior importatore mondiale di questo bene, ha bisogno per soddisfare la domanda interna e garantire la propria sicurezza alimentare. Del resto, nel 2021 le esportazioni egiziane verso la Russia erano aumentate del 14,7%, mentre quelle russe verso l’Egitto avevano registrato un incremento del 3,9%. Commentando la decisione, il ministro russo dell’Industria e del Commercio Denis Manturov ha dichiarato che essa «servirà gli interessi tanto dell’economia russa, quanto di quella egiziana». Infatti, malgrado le sanzioni euroatlantiche imposte a Mosca, l’intesa agevolerà gli scambi commerciali tra i due paesi, impegnati negli ultimi anni in un rafforzamento progressivo della cooperazione bilaterale. Infatti, il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi, ospite dell’ultimo Forum di San Pietroburgo, aveva definito la Russia un «partner importante in vari settori», con il quale l’Egitto si sta impegnando nella realizzazione di «progetti grandi e ambiziosi, nell’interesse di entrambi i paesi». D’altronde, Mosca e il Cairo hanno notevolmente intensificato le loro relazioni dall’avvento al potere di al-Sisi, il cui governo, in otto anni, ha acquistato dal Cremlino milioni di dollari di armi. Inoltre, la Russia sta stabilendo una propria zona industriale nella nuova Zona economica del canale di Suez (progetto rallentato, tuttavia, dall’esplosione del conflitto ucraino) e sta contribuendo all’ammodernamento del sistema ferroviario egiziano e alla costruzione di una centrale nucleare a Dabaa, il cui costo complessivo si aggira attorno a 25 miliardi di dollari, di cui l’85% sarà a carico di Mosca.
Egitto-Medterraneo: memorie dal sottosuolo
A livello regionale, invece, il Cairo sta creando una rete di relazioni equilibrata, ma fortemente orientata in senso geostrategico, per affermare la propria posizione nell’assetto regionale, mentre gli equilibri sono in via di ridefinizione. In primo luogo, continuando il percorso di normalizzazione con il Qatar, il cui emiro sheykh Tamim bin Hamad Al Thani ha incontrato al-Sisi al Cairo per la prima volta dal 2015 e, soprattutto, dalla rottura diplomatica del 2017. Un riavvicinamento che potrebbe fruttare all’Egitto consistenti investimenti da parte di Doha e in diversi settori, principalmente in quelli dell’energia e dell’agricoltura. In particolare, la QatarEnergy ha annunciato un accordo con ExxonMobil per acquistare il 40% di un progetto di esplorazione al largo delle coste egiziane. In secondo luogo, il 20 giugno il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha scelto l’Egitto come prima tappa di un viaggio diplomatico che lo ha portato successivamente in Giordania e Turchia. Con il Cairo, dunque, Riyadh ha siglato 14 accordi e protocolli d’intesa per un valore complessivo di 7,7 miliardi di dollari: petrolio, energie rinnovabili, idrogeno, innovazione tecnologica, commercio telematico e cybersicurezza sono tra i principali settori interessati, ma la cooperazione tra i due paesi, dall’arrivo di al-Sisi al potere, è andata crescendo anche a livello geostrategico, in quanto entrambi i paesi sono impegnati nel contrasto all’islam politico della Fratellanza musulmana. In terzo luogo, il 21 giugno, ad Amman, Egitto, Siria e Libano hanno firmato un accordo per la riapertura dell’Arab Natural Gas Pipeline, che dovrebbe fornire a Beirut circa 720 milioni di metri cubi di gas l’anno. Su richiesta egiziana, gli Stati uniti hanno già garantito che, nonostante il coinvolgimento di Damasco, gli altri paesi partecipanti non saranno soggetti a sanzioni. Un’intesa che potrebbe aumentare il peso geopolitico dell’Egitto in Medio Oriente, al pari di quella con Israele e Unione europea. Infine, il Cairo cerca di ritagliarsi un proprio spazio nel complesso scacchiere libico, dove le dichiarazioni del portavoce del ministero degli Esteri egiziano sono state argomento di scontro diplomatico tra i due governi, l’uno diretto da Fathi Bashagha (che sostiene l’Egitto) e l’altro, chiamato Governo di unità nazionale, diretto da Abd al-Hamid Dbeibah.