Il primo nel castello di Elmau, il secondo a Madrid: i due incontri internazionali, l’uno a ridosso dell’altro, richiamano l’attenzione sulle minacce ai vacillanti equilibri geopolitici attuali
La Cina rappresenta un pericolo in quanto potenza economica, la Russia come potenza strategico-militare
G7: energia, commercio e fantasia
Riuniti dal 26 al 28 giugno nel castello di Elmau, in Baviera, i capi di Stato dei paesi del G7 hanno affrontato i due grandi temi geopolitici del momento, che sono stati all’ordine del giorno anche del vertice Nato di Madrid, che, iniziato il 28 giugno, si chiuderà il 30: contenere la potenza economico-finanziaria della Cina e porre fine alla politica di potenza della Russia. Quanto a Pechino, oltre alla condanna della «concorrenza sleale» cinese, a Elmau è stato presentato il Partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali, sponsorizzato dagli Stati uniti. Il piano prevede investimenti per 600 miliardi di dollari, tra fondi privati e finanziamenti pubblici, nei prossimi cinque anni, per realizzare infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, contrastando il progetto delle nuove vie della seta dell’Impero del Centro (Belt and Road Initiative, Bri), lanciate dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013. Dell’intera somma, gli Usa stanzieranno 200 miliardi di dollari (prestiti a fondo perduto, finanziamenti federali e investimenti privati), mentre l’Unione europea (Ue), come ha fatto sapere la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ne metterà in campo 300. «Non si tratta di una preoccupazione umanitaria», ha spiegato il presidente statunitense Joe Biden, senza tuttavia nominare Pechino, «ma di una preoccupazione economica e di sicurezza per tutti noi» e mostrerà «i benefici concreti del partenariato con delle democrazie». Biden ha quindi citato il progetto da 2 miliardi di dollari realizzato in Angola per l’energia solare, con il sostegno del Dipartimento di Stato Usa per il Commercio, della US Export-Import Bank, della società AfricaGlobal Schaffer e di Sun Africa. Sul fronte russo, i capi di Stato del G7 hanno trovato occasione per prendersi gioco del presidente Vladimir Putin, in particolare sull’«immagine virile» da lui ostentata nel 2009, facendosi fotografare mentre cavalcava a torso nudo.
Diplomazia geoeconomica euroatlantica
Al vertice è intervenuto, in videoconferenza, anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha chiesto un inasprimento delle sanzioni e un’intensificazione degli sforzi internazionali per porre fine alla guerra. Inoltre, nella speranza di allargare il fronte antirusso, il 27 giugno sono stati chiamati a intervenire al vertice anche i capi di Stato di India, Senegal e Sudafrica (Sudafrica e India, peraltro, avevano preso parte alla riunione dei Brics, assieme a Brasile, Russia e Cina). Tutti paesi che non hanno votato a favore della risoluzione dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) contro Mosca, ma il G7 ha promesso loro aiuti per 45 miliardi di euro per fronteggiare la crisi alimentare. Inoltre, Francia, Italia e Germania si sono accodate all’annuncio di Regno unito, Canada, Usa e Giappone di un embargo sull’oro russo, mentre il premier britannico Boris Johnson è sembrato favorevole al progetto francese di «comunità politica europea», nel quale Londra, malgrado la Brexit, potrà avere un ruolo. Lo stesso giorno, a margine degli incontri, il presidente francese Emmanuel Macron è stato immortalato mentre interrompeva un colloquio tra Biden e il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, per riferirgli dello scambio telefonico appena avuto con gli Emirati arabi uniti per chiedere loro e all’Arabia saudita di aumentare la loro produzione petrolifera. La questione energetica, infatti, è stata tra gli argomenti principali del vertice, nel corso del quale è emersa una divergenza tra paesi come l’Italia, favorevoli all’idea di stabilire un tetto al prezzo del petrolio per frenare l’inflazione, e altri, come Usa e Francia, più propensi a far calare i costi all’acquisto, ad esempio aumentando la produzione, per evitare che «altri si arricchiscano alle nostre spalle». Il tettto al prezzo del petrolio, e forse anche del gas, potrebbe essere, quindi, una misura temporanea, soprattutto per venire incontro ai paesi a basso reddito.
Nato: la Turchia perde il veto, ma non il vizio
Nel primo giorno del vertice dell’Organizzazione del trattato dell’Atlantico Nord (Nato), la prima ministra svedese Magdalena Andersson si è felicitata dell’annuncio da parte di Ankara del suo consenso all’adesione di Svezia e Finlandia. Secondo fonti della Casa bianca, la Turchia non avrebbe chiesto contropartite agli Usa e l’accordo raggiunto a Madrid darà «un potente slancio» all’unità dell’Occidente. Per il premier britannico, inoltre, renderà l’alleanza «più forte e più sicura». Da Ankara, intanto, un comunicato della presidenza turca ha dichiarato che la Sublime porta ha ricevuto rassicurazioni sulla «piena collaborazione» di Stoccolma e Helsinki contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e dei suoi alleati, quindi «ha ottenuto quel che voleva». Così, i due paesi scandinavi, il 28 giugno, sono stati ufficialmente invitati a far parte della Nato, che, secondo molti osservatori, il conflitto ucraino ha risvegliato da quello che Macron aveva definito uno stato di «morte cerebrale», servendole sul piatto d’argento un ottimo nemico, dai contorni meno vaghi del terrorismo di matrice islamica, emerso nel 2001. Su questa linea, nel suo intervento alla prima giornata del vertice, in rappresentanza dell’Ucraina, il sindaco di Kiev Vitali Kitschko ha chiesto ai paesi membri di accelerare l’invio di armi «per riportare la pace in Europa». La minaccia russa, infatti, è stata protagonista della prima giornata di incontri, oltre all’annuncio di un nuovo concetto strategico, il cui testo definitivo sarà adottato nel corso del vertice di Madrid. Secondo il Washington Post, sarà profondamente diverso dal precedente, adottato nel 2010, che non considerava Mosca una minaccia e non menzionava neppure Pechino. Intanto, i paesi Nato hanno concordato l’aumento fino a 300mila unità del contingente di risposta rapida sul fronte europeo-orientale, come annunciato nella conferenza stampa di apertura dal segretario generale Jens Stoltenberg. Quest’ultimo, inoltre, ha dichiarato che il nuovo concetto strategico, per la prima volta, includerà le «sfide» che Pechino lancia «alla sicurezza, agli interessi e ai valori» del blocco euroatlantico e il terrorismo informatico e ibrido. L’Impero del Centro potrebbe persino essere definito «una sfida sistemica».