Nell’enclave spagnola morte 37 persone che volevano entrare in Europa
I dati: 37 migranti morti, 76 feriti, 13 dei quali in maniera grave. Morti anche due gendarmi marocchini e feriti altri 140
La strage di Melilla è l’ennesima strage di migranti in territorio europeo. Un’Europa che non sa più accogliere e distingue tra migranti di serie A e migranti di serie B. Per il premier spagnolo Pedro Sanchez, la strage è colpa della mafia
Almeno 37 migranti sono morti sul lato marocchino del confine con Melilla nel tentativo di scavalcare la recinzione della città di Melilla, enclave spagnola su territorio marocchino, avvenuto venerdì 24 giugno, come confermato sabato dalle Ong, che hanno anche denunciato la morte di due gendarmi marocchini. Tra i migranti, oltre ai deceduti, ci sono stati anche 76 feriti, 13 dei quali in modo grave. Da parte delle forze di sicurezza marocchine, 140 agenti sono rimasti feriti, alcuni in modo grave. L’AMDH, l’Associazione marocchina per i diritti umani di Nador, ha pubblicato su Twitter diversi video in cui decine di persone appaiono sdraiate a terra, apparentemente ferite ed esauste, circondate da agenti marocchini. “In questo modo disumano, accatastati l’uno sull’altro, le autorità marocchine hanno arrestato dozzine di immigrati subsahariani davanti alla barriera”, hanno detto dall’organizzazione. Nelle immagini non si capisce chi è vivo e chi è morto, e sul finale altri due migranti vengono portati nel recinto dopo essere stati picchiati o comunque in condizioni di salute per nulla buone. I migranti erano principalmente di origine subsahariana e sudanese. Erano stati in centinaia ad assaltare i reticolati al confine, controllati dalle polizie di Rabat e Madrid. Reticolati che sono stati portati a dieci metri di altezza su decisione del governo Sanchez nel 2020. Solo 500 di loro sono riusciti ad arrivare al valico di frontiera in prossimità del «Barrio Chino», dove hanno assaltato il cancello di ingresso. In 133 sarebbero riusciti ad entrare all’interno dell’enclave spagnola in Marocco. Per respingere i profughi, è intervenuto un gran numero di agenti della Guardia Civil e di gendarmi di Rabat. I primi hanno adottato la “devoluciones en caliente”, un particolare sistema di respingimenti rapidi che consente alle forze dell’ordine del Paese di espellere i migranti arrivati a Melilla, senza prenderne le generalità e senza consentire loro di fare richiesta di asilo o altri tipi di protezione. Almeno due di loro sono stati picchiati e spinti dalle autorità marocchine nell’area situata tra le due recinzioni di filo metallico, costruite sul suolo spagnolo. I soldati di Rabat hanno arrestato circa mille migranti e non mancano le immagini in cui si vedono soldati prendere a sassate i migranti mentre si arrampicano sulla rete. La maggior parte delle vittime sarebbe morta asfissiata nella calca dopo esser caduta in un avvallamento nel tentativo di superare una recinzione, sul lato marocchino della frontiera. Chi cadeva dalla rete veniva calpestato da altri migranti che tentavano la scalata e schiacciato da quelli che a loro volta cadevano o venivano spinti o tirati giù.
Le reazioni delle Ong
Secondo le Ong, il tentativo di superamento della frontiera è stato respinto, soprattutto dagli agenti di Rabat ma non solo, con una massiccia dose di violenza. Anche nei giorni precedenti, sulle colline che sorgono nei pressi della frontiera, si sono verificati numerosi scontri. Esteban Beltrán, direttore della sezione spagnola di Amnesty International, così come altre Organizzazioni non governative, ha chiesto sull’accaduto una «inchiesta indipendente ed esaustiva». Fonti di Amnesty, dopo aver visionato video e foto, hanno denunciato che la polizia spagnola ha rimpatriato a forza e sul momento una parte dei rifugiati che erano riusciti ad entrare nell’enclave, violando così il loro diritto a richiedere eventualmente l’asilo politico o altre misure di protezione e accoglienza così come previsto dal diritto internazionale. Amnesty ha anche denunciato la violenza gratuita esercitata dalle guardie di frontiera marocchine nei confronti di rifugiati inermi che non opponevano resistenza. Il suo governo è inoltre stato criticato per aver fatto ricorso in alcuni casi alle “devoluciones en caliente”, un particolare sistema di respingimenti rapidi che ha consentito alle autorità del paese di espellere i migranti arrivati a Melilla, senza prenderne le generalità e senza consentire loro di fare richiesta di asilo o altri tipi di protezione.
Per il premier spagnolo è colpa della mafia
Il presidente del governo, Pedro Sánchez, ha descritto il salto alla recinzione di Melilla avvenuto questo venerdì come un “assalto violento” e ha incolpato le “mafie che trafficano esseri umani” per le morti. “Ieri ho espresso la mia solidarietà e rivendicato il lavoro straordinario che le forze e gli organi di sicurezza del nostro Paese stanno facendo. Alcune guardie civili sono rimaste ferite a seguito di questa violenta aggressione organizzata dalle mafie che trafficano esseri umani. È stato un violento attacco all’integrità territoriale del nostro Paese”, ha affermato in conferenza stampa dopo il Consiglio straordinario dei ministri. “La gendarmeria marocchina ha collaborato con le forze di sicurezza dello stato per respingere questo violento assalto. Se c’è una persona responsabile di tutto ciò che sembra essere accaduto su quel confine, sono le mafie che trafficano esseri umani”, ha detto. Quello di venerdì è il primo ingresso massiccio di migranti a Melilla da quando lo scorso marzo il governo spagnolo aveva espresso sostegno al governo marocchino rispetto alla questione del Sahara occidentale, un territorio che rivendica la sua autonomia ma è occupato dal Marocco. Si è trattato di un disgelo di un crisi diplomatica tra Marocco e Spagna che durava da vent’anni e che nel maggio del 2021, si era acuito dopo l’ingresso a Ceuta, agevolato dalla “distrazione” della gendarmeria marocchina, di circa 8000 profughi.