Burocrazia invincibile, tempi lenti e diritti negati: così vivono i ragazzi non italiani che però vorrebbero diventarlo
Bologna accoglie la proposta di una cittadinanza per i minorenni residenti nel comune
BOLOGNA – Lo ius soli in Italia non esiste, lo sappiamo.
Esiste lo ius sanguinis, ovvero la possibilità di passare la propria cittadinanza ai figli, ma non è possibile per coloro che nascono sul territorio italiano da genitori stranieri – tranne rarissimi casi – di avere la cittadinanza italiana.
Si legge sul sito del Ministero dell’interno, che «la cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica».
Eppure, per Ibtissam questa sembra essere una leggenda.
Ibtissam ha 23 anni, è arrivata in Italia da quando ne aveva 10, 13 anni passati a Bologna che, ufficialmente, non sono sufficienti per renderla italiana.
La testimonianza di Ibtissam è una di quelle raccolte durante l’incontro “Italiani di diritto: la riforma che serve”, un incontro sulla legge di cittadinanza che si è svolto nel capoluogo emiliano-romagnolo su iniziativa dell’Anolf: associazione nazionale oltre le frontiere.
«Sono arrivata per ricongiungimento familiare, per raggiungere il babbo – racconta Ibtissam- ho fatto tutto il mio percorso scolastico, sia elementari che medie e superiori mi sono diplomata in marketing. Purtroppo ancora non ho il diritto di poter avere la cittadinanza italiana, nonostante mi senta italiana al 100%, siccome ormai ho passato più di metà della mia vita qui. Mi piacerebbe tanto usufruire di questo diritto, che mi aprirebbe un sacco di porte. A livello lavorativo, ma non solo, perché ad esempio mi permetterebbe anche, una cosa che per molti è banale, esprimere il mio voto., Mi sento di far parte di questo Stato e mi piacerebbe esprimere il mio voto per poter decidere il futuro del mio Paese. Poter votare per me è una cosa meravigliosa. Poter esprimere la propria opinione e il proprio voto è qualcosa che ti permette anche di crescere e sentirsi ascoltati. Poter dare la propria opinione in un Paese che ormai sento mio» dice Ibtissam.
Ibtissam qualche anno fa ha sposato un ragazzo con cittadinanza italiana, il che dovrebbe garantirle a sua volta la cittadinanza dopo due anni, cosa che però non è avvenuta per la solita, tediosa burocrazia che in Italia impazza senza controllo e fa impazzire chi ci si deve scontrare (quindi praticamente tutti).
«Non posso richiedere quella per residenza, non avendo il Cud – continua Ibtissam – perché non lavoro. Non riesco a trovare il lavoro che mi piace, più adatto a me, siccome non posso fare richieste ai concorsi pubblici, non avendo la cittadinanza. Per richiedere la cittadinanza con mio marito, quindi per matrimonio, bisogna sposarsi, stare insieme per due anni, avere una residenza in comune e per poterla richiedere bisogna avere un permesso di soggiorno Ue, che ancora non ho».
Insomma, il solito cane che si morde la coda in un circolo vizioso senza fine.
La cittadinanza non solo potrebbe accedere ai concorsi pubblici e votare, obiettivi certamente nobili, ma strettamente legati alla vita “pratica” di tutti i giorni, Ibtissam vorrebbe di più, vorrebbe viaggiare e scoprire il mondo.
«La cittadinanza mi darebbe la possibilità di poter viaggiare, perché ora non riesco mai a farlo avendo sempre il permesso di soggiorno scaduto».
Niente cittadinanza, niente concorso. Così Omar si vede negato il suo sogno.
Omar è nato in Perù nel 1996, è un giovane ragazzo di 26 anni che a 14 è arrivato in Italia per raggiungere la madre, il suo sogno è fare il poliziotto e proteggere lo stato che lo ha accolto, ma non può nemmeno provarci, il motivo? Senza cittadinanza italiana non può partecipare ai concorsi, unico modo per sperare di indossare la divisa della polizia.
Come Ibtissam, Omar ha raccontato la sua storia all’incontro organizzato dall’Associazione nazionale oltre le frontiere (Anolf) dell’Emilia-Romagna per discutere dei possibili cambiamenti alla legge sulla cittadinanza.
Omar non ha dubbi in merito e ritiene che questa riforma sia veramente importante.
«Ho iniziato subito a studiare – racconta Omar sul suo arrivo in Italia – anche se non sapevo neanche una parola di italiano ed ho avuto diverse difficoltà inizialmente. Dopodiché mi sono fatto le ossa per cercare di andare avanti» Omar ha conseguito il diploma in un istituto tecnico ad indirizzo metalmeccanico. «Avevo in mente di entrare in Polizia ma non avendo la cittadinanza non potevo nemmeno provarci. Neanche ai tempi in cui ero bambino mia madre poteva darmi la cittadinanza perché lei non aveva un reddito sufficiente per poterla richiedere».
Continua la sua storia su come si è rimboccato le maniche dopo aver visto sfumare il suo sogno.
«Ho pensato di fare l’Università e mi sono iscritto a Economia aziendale. Ho fatto qualche mese, poi purtroppo ho dovuto lasciare – continua Omar – perché mia madre si è fatta male e non essendoci nessuno ad aiutarci ho dovuto lavorare io. Ho fatto diversi lavori da quando avevo circa 19 anni e, appunto per motivi di lavoro, mi sono dovuto spostare molto spesso tra le regioni per cercare un futuro migliore».
Ed è a causa di questi continui spostamenti che adesso «ho dei dubbi riguardo alla residenza sui dieci anni continuativi – continua Omar – perché ho cambiato residenza più volte. Ma ora che ho una stabilità qua a Bologna, vorrei chiedere la cittadinanza, per avere anche la possibilità di votare e far sentire la mia voce».
La corsa a ostacoli di Aziz, marocchino con una vita passata a Reggio Emilia
Il cammino verso la cittadinanza italiana? Aziz non ha dubbi in merito. «È a ostacoli. Solo che ogni volta non sono 100 metri, ma chilometri e chilometri di ostacoli». 36 anni, arrivato in Italia dal Marocco a metà della quarta elementare e circa 25 anni vissuti a Reggio Emilia.
Aziz è una storia a lieto fine (quasi), infatti è, finalmente, legalmente italiano.
Non è la prima volta che Aziz fa sentire la propria voce da immigrato con una vita passata in Italia, anni fa era stato uno dei protagonisti del documentario “18 ius soli: il diritto di essere italiani”, vincitore nel 2012 del premio Ilaria Alpi.
«Immaginate un ragazzo che arriva, inizia la scuola e non si pone tante domande. Io ho una figlia di 11 anni mi sto rivedendo in quello che fa lei. Fai le tue attività, studi e non ti rendi conto che c’è qualcosa che non va, che non quadra – racconta Aziz – fino a quando non fai la prima fila. Ed è la fila allo sportello della Questura. Quando fai quella fila ti rendi conto che Marcello, il tuo compagno delle elementari, non fa la fila ma tu sì, alle cinque e mezza o sei del mattino. Una fila poco organizzata, un po’ affollata, c’è qualcuno che magari è lì da mezzanotte o prima perché deve fare le pratiche burocratiche e andare poi a lavorare”.
Aziz ha anche rischiato di perdere un anno di scuola. «Sono sempre grato a mio padre che è riuscito, con maestria burocratica, a tradurre i certificati di frequenza in Marocco nel riconoscimento della quarta elementare, sennò avrei dovuto rifare l’anno».
Aziz ricorda con affetto le maestre che lo hanno aiutato durante i primi anni.
«Non sarò mai abbastanza riconoscente alle maestre che con pazienza ti insegnano l’italiano e ti danno le indicazioni che servono».
«Vai avanti e ti rendi conto che ci sono due percorsi paralleli. C’è la voglia di costruire e chiedere un riconoscimento, ma dall’altra parte c’è il contesto sociale in cui ti dai da fare: all’oratorio, in un’associazione o con il Comune e tante realtà, ma c’è una società che fa fatica a riconoscerti», sottolinea Aziz.
Nel frattempo, ha maturati i requisiti per la cittadinanza.
«Presenti la richiesta dopo quasi 16 anni e non è una richiesta di riconoscimento, se andate a vedere i moduli: “Chiedo di avere la concessione della cittadinanza”. E dici: ma perché devo chiedere qualcosa che sto costruendo insieme ad altri? Comunque, fai la richiesta, la lasci lì e la dimentichi perché torni alla tua vita parallela, che è quella di fare le tue attività, andare avanti, iniziare a lavorare nel sindacato, far parte di un’associazione come l’Anolf e compilare pratiche dove tu stesso vedi delle assurdità ma dici: devo avere a che fare con queste regole».
Aziz ha saltato la corsa ad ostacoli fino alla cittadinanza, conclusa con il giuramento che ora ricorda.
«Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato. Però è quello Stato, quel contesto sociale, che ha fatto fatica a riconoscerti. Ma hai prestato giuramento e vai avanti».
«È veramente frustrante vedere una miriade di riforme che vengono presentate e ripresentate. Tu dici: sarà la volta buona? E invece dobbiamo ancora attendere», conclude Aziz.
Bologna accoglie lo Ius Soli
Il consiglio comunale di Bologna ha approvato la delibera per modificare lo Statuto di Palazzo D’Accursio e affermare così che il comune «si riconosce nel principio dello “Ius soli” come mezzo per acquisire la cittadinanza italiana.»
Così il comune ha istituito la cittadinanza onoraria di Bologna per i minori stranieri residenti in città che siano nati in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti o nati all’estero, ma che abbiano completato almeno un ciclo scolastico o un percorso di formazione professionale.
La delibera è stata discussa ed è passata con 26 voti favorevoli, 8 contrari e 3 astenuti e, sempre con lo stesso numero di voti, il Consiglio ha approvato l’ordine del giorno presentato alla giunta dalla maggioranza così da invitare ad «“accelerare le tempistiche delle notifiche e il giuramento per ottenere la cittadinanza italiana, per modificare alcune prassi che possono essere discriminatorie in materia di di residenza e per aumentare il personale dei servizi demografici».
«Lo Ius scholae entra nello Statuto comunale, la nostra città fa da apripista sul futuro, il Parlamento faccia altrettanto per aggiornare la legge sulla cittadinanza e guardare in faccia migliaia di bambini e bambine, ragazzi e ragazze italiane di fatto ma ancora senza diritti“, dichiara in una nota la segretaria Federica Mazzoni». dichiara la segretaria del Pd bolognese Federica Mazzoni.
«Siamo orgogliosi per la tenace affermazione di questo diritto di civiltà, grazie ai consiglieri e alle consigliere di maggioranza che lo hanno reso possibile – aggiunge Mazzoni – così, dalla nostra Bologna progressista guidata dal sindaco Matteo Lepore che fortemente si è speso – continua la nota – si accende la scintilla che deve portare le istituzioni nazionali ad approvare una riforma di civiltà destinata a dare una risposta normativa a giovani che sono già italiani di fatto».
«Modificare la legge sulla cittadinanza è urgente e imprescindibile. Il superamento dello ius sanguinis verso lo ius scholae mette al centro la riflessione sul concetto di cittadinanza come appartenenza, per ampliare i diritti e allargare gli spazi di partecipazione e rappresentazione. La nuova sinistra che stiamo costruendo come Pd fa questo: battaglia politica su questa questione di giustizia e civiltà, di attenzione e cura nei confronti delle nuove generazioni. Per costruire una società coesa. Per tutte le ragazze e per tutti i ragazzi. Per il futuro di Bologna e dell’Italia». conclude Mazzoni.
Parla il sindaco Matteo Lepore: Bologna apripista dell’Italia.
«Non è affatto solo un atto simbolico, è un atto politico perché arriva il momento nel Parlamento di discutere lo “Ius scholae”. La modifica dello Statuto del Comune di Bologna – racconta Matteo Lepore, sindaco di Bologna – di una città progressista e democratica come la nostra, chiede ad altre città di fare lo stesso, chiede al Parlamento di riconoscere a queste persone che vivono, studiano e lavorano nel nostro Paese, di avere riconosciuto un principio liberale, il più importante, che non c’è nessuna tassazione senza la rappresentanza».
Bologna è il primo comune in Italia, il primo ad aver creato una cittadinanza ad hoc quando lo stato non sembra in grado di farlo.
«Bologna è apripista. Adesso aspettiamo la legge nazionale in Parlamento. Credo che anche riformisti e liberali dovrebbero pensare a questo. Visto che non si fa che parlare del fatto che liberali e riformisti sarebbero tanti, chiedo a liberali e riformisti di sostenere questa proposta – continua il sindaco – come Comune lavoreremo per le giornate della cittadinanza, per conferire a oltre 11.000 ragazzi questo riconoscimento. Ci sono cose che è evidente che vadano fatte. Dobbiamo dire a questi ragazzi che fanno parte della città, solo così possiamo ridurre quella distanza, che a volte c’è, tra loro e le istituzioni. La nostra differenza con Fratelli d’Italia è questa: c’è chi vuole portare avanti l’Italia e chi vuole portarla indietro» conclude con un’affermazione forte che ribadisce bene la sua posizione politica.