Tanto la crisi economica, quanto l’instabilità politica, solo in parte dovute al conflitto ucraino, hanno portato Islamabad sull’orlo del baratro
Il Fondo monetario internazionale impone misure draconiane per sbloccare il prestito; Pechino e Abu Dhabi puntano anche sugli investimenti
A corto di energia
Tra rischi di default e difficoltà politiche interne, il governo del Pakistan, dopo un aumento dei prezzi del gas, il 30 giugno ha innalzato bruscamente anche il costo del petrolio, per ottemperare alle dure condizioni imposte sei giorni prima dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per sbloccare il «piano di salvataggio» da 6 miliardi di dollari. Rincari, dunque, si sono registrati, per la quarta volta da aprile, sui prezzi di benzina, disel, kerosene e gasolio, mettendo a dura prova la già instabile situazione politica del paese. Il Fmi, inoltre, ha chiesto a Islamabad di impegnarsi nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento delle reti terroristiche, per essere rimossa dalla «lista grigia» della Financial Action Task Force (Fatf), in cui era stata inserita nel giugno 2018. Un’altro prerequisito indispensabile per accedere al prestito, in base all’accordo tra Fmi e Pakistan del 22 giugno, è l’istituzione di una commissione anticorruzione, cui spetterà anche di rivedere la legislazione in materia. Il piano di salvataggio, in realtà, era stato concordato nel 2019, per un periodo di 39 mesi, ma finora solo la metà della cifra promessa è stata recapitata a Islamabad, prima che l’Imf lo bloccasse in attesa di «riforme strutturali». Frattanto, l’eccessivo costo del gas naturale liquefatto (gnl) sta aggravando la crisi energetica, inducendo il ministero dell’Energia a mettere in conto il razionamento del consumo domestico per destinare le scarse forniture a settori prioritari, come la produzione di elettricità. In tal modo, il rischio, paventato dal National Information Technology Board, di un’interruzione dei servizi di telefonia mobile e Internet potrebbe essere scongiurato. Le autorità, peraltro, hanno già ridotto le ore lavorative negli uffici pubblici e ordinato ai centri commerciali ad anticipare l’orario di chiusura, ma per il Fmi è necessario anche un aumento delle tariffe delle forniture elettriche e, per il futuro, di escludere un qualsiasi potere dell’esecutivo di intervenire sui prezzi del petrolio. Intanto, Cina ed Emirati arabi uniti (Eau) lanciano le proprie proposte di salvataggio a Islamabad: Pechino (la cui alleanza strategica con il Pakistan è significativa in funzione anti-indiana) propone un prestito di 2,3 miliardi di dollari, mentre Abu Dhabi si rende disponibile ad acquistare quote di minoranza nelle aziende di Stato pakistane. Il paese, dunque, rischia di trovarsi in una trappola multipla del debito simile a quella che attanaglia lo Sri Lanka.