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Migrazioni a Roma e nel Lazio, le dinamiche spiegate dall’Osservatorio

Intervista con la curatrice dell’opera, dott.sa Ginevra Demaio La ricercatrice ha spiegato le criticità del fenomeno immigrazione e soprattutto ne...

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Intervista con la curatrice dell’opera, dott.sa Ginevra Demaio

La ricercatrice ha spiegato le criticità del fenomeno immigrazione e soprattutto ne ha messo in luce i vari ambiti e le connessioni tra questi

Lo scorso 27 giugno è stato presentato ufficialmente l’Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio”, XVII rapporto, a cura del Centro Studi e Ricerche Idos in collaborazione e con il supporto dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V. Il lavoro analizza il fenomeno migrazione da vari punti di vista, restituendo un quadro complessivo davvero completo. Vengono affrontati aspetti concreti, che toccano la vita reale delle persone, come la situazione scolastica, il diritto all’assistenza sanitaria, la composizione demografica e sociale dei cittadini migranti, l’inserimento lavorativo.

Abbiamo incontrato la dott.sa Ginevra Demaio, curatrice dell’opera, alla quale abbiamo posto qualche domanda, che riportiamo di seguito.

Dott.sa Demaio, questa è la 17 esima edizione dell’osservatorio. Perché questo lavoro è così importante, per Roma e per il Lazio? 

È un lavoro importante per varie ragioni, sia passate che presenti. Oggi è importante conoscere le dimensioni e le caratteristiche dell’immigrazione nel Lazio e a Roma perché qui gli immigrati sono particolarmente numerosi e vi vivono ormai da diversi decenni e da più generazioni. Roma è stata in Italia una delle prime città a conoscere l’arrivo dei primi immigrati stranieri già a partire dagli anni ’70 del secolo scorso ed è ancora oggi la prima Città metropolitana d’Italia per numero di residenti stranieri, che superano il mezzo milione di persone (516.297). Nel Lazio vive il 12,3% della popolazione straniera residente in tutta Italia, proprio grazie ai numeri della Capitale (oltre 350.000), ma anche perché nel frattempo la presenza di una popolazione di origine immigrata si è diffusa in tutte le sue province e in tutti i suoi comuni. E questo primato riguarda ogni aspetto della presenza immigrata: dall’anagrafe al mercato del lavoro, dalla scuola alle università, dalle attività imprenditoriali ai flussi di denaro inviati nei paesi di origine (le cosiddette rimesse), dall’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati a quella di minori stranieri non accompagnati. Non vi è ambito della vita sociale cui non partecipino anche gli immigrati e le loro famiglie e, quindi, non si può dire davvero di conoscere Roma e il Lazio, le sue risorse e i suoi problemi, se non si studia anche l’immigrazione e quanto questa sia cambiata nel tempo, da una parte, e abbia cambiato noi e i nostri territori, dall’altra.

Quella del 2022 è la prima edizione post pandemia (anche se sappiamo che non è finita del tutto). In che modo l’aspetto pandemico ha modificato, se lo ha fatto, la struttura dell’immigrazione e la macchina dell’accoglienza?

In realtà già la XVI edizione del nostro rapporto era uscita in piena pandemia, ma in una fase in cui questa era appena iniziata e non era chiaro quali ricadute stesse producendo sulla vita della popolazione. Questa edizione arriva dopo un periodo più lungo dall’inizio della pandemia e inizia a coglierne gli effetti, che nei confronti degli immigrati sono risultati particolarmente duri ed escludenti. Da una parte la pandemia ha bloccato i movimenti internazionali di persone, determinando un drastico calo di nuovi rilasci di permessi di soggiorno, il cui numero nel 2020 è stato il più basso degli ultimi 10 anni nel Lazio, appena 12.000 in tutto. Dall’altra ne ha peggiorato le condizioni di vita, segando una perdita di occupati nel mercato del lavoro più forte (nella Città metropolitana di Roma il calo è stato dell’8,5% a fronte del -1,7% tra gli italiani) e una maggiore difficoltà di accesso ai servizi e agli uffici pubblici, che si è vista in modo evidente nel negato accesso alle vaccinazioni Covid per almeno i primi 6 mesi della campagna vaccinale (a causa di limiti discriminanti della piattaforma predisposta on line dalla Regione per le prenotazioni), ma anche nel calo delle acquisizioni di cittadinanza italiana rilasciate durante il 2020 o nella scomparsa di molti bambini stranieri dalla scuola dell’infanzia (-7,2%) e in parte da quella primaria (-2,0%). Le difficoltà di lingua e comprensione delle procedure on line attivate dai diversi servizi pubblici, potrebbero avervi ostacolato l’accesso degli stranieri più di quanto non sia avvenuto con  gli italiani, che pure hanno sperimentato la negazione di molti diritti e di informazioni chiare e coerenti.

Nel Lazio accoglienza ed integrazione funzionano in maniera diversa nei vari Comuni. Dove possiamo dire che le attività tra territorio, istituzioni e cittadini funzionano e dove invece non funzionano e perché? 

Senza alcun dubbio i percorsi meglio riusciti di accoglienza e integrazione si rintracciano nei piccoli centri, nelle città di piccole dimensioni, nei contesti in cui è più semplice il contatto diretto tra le persone e tra queste e le istituzioni locali. Roma, in tal senso, non è una città facile, anche perché su di essa convergono soprattutto i grandi centri di accoglienza, con numeri di persone ospitate molto elevati, che non favoriscono l’accompagnamento individuale all’autonomia e all’integrazione sul territorio. Ciò nonostante, la città di Roma resta anche estremamente ricca di opportunità, soprattutto dal punto di vista lavorativo e culturale, e di esperienze sedimentate nel corso di decenni.

Quali sono le comunità più presenti nel territorio di Roma Capitale? E come queste si organizzano?

Nella città di Roma prevalgono decisamente le collettività origine asiatica ed europea, in particolare romeni, filippini, bangladesi e cinesi che sono i più numerosi tra i residenti. Tuttavia, si riscontrano dinamiche interne alle diverse collettività differenti, con percorsi più autonomi e individuali da parte dei romeni, che sono distribuiti un po’ in tutta la città oltre che nei comuni della provincia, e percorsi più nettamente comunitari per bangladesi e cinesi, che si sono stabiliti in misura maggiore in alcuni quartieri di Roma, avviandovi le proprie attività commerciali e autonome e tutto un sistema di sostegno di tipo comunitario. Diverso ancora il caso dei filippini che, essendo spesso occupati alle dipendenze di famiglie italiane, convivono nelle case dei datori di lavoro o, comunque, si sono stabiliti in quartieri collegati al luogo in cui svolgono le funzioni di domestici ed assistenti alla persona.

Immigrazione si intreccia con politica, sanità, gestione del territorio. Quali proposte suggerisce il lavoro dell’Osservatorio per giungere ad una serena accettazione dei migranti? 

L’unico modo è smetterla di considerare gli immigrati come persone di passaggio, estranee ai nostri territori e destinate ad andar via e, nel frattempo, utili a riempire i nostri vuoti. Bisogna prendere atto che la società italiana è ormai mista e meticcia nelle origini (nazionali, linguistiche, religiose, culturali, ecc.) e plurale nella sua composizione. Serve quindi, da una parte, differenziare le politiche e i servizi per rispondere a chi è arrivato da poco o si trova in condizioni di irregolarità e marginalità, ma dall’altra includere nei servizi e nelle politiche ordinarie gli immigrati di lunga durata, ormai insediati in Italia da tanti anni, spesso da più generazioni. Questo richiede una scelta prima di tutto politica, poi culturale e di conseguenza un ripensamento dei servizi nell’ottica di un welfare rinnovato, che risponda ai bisogni di chi risiede stabilmente sul territorio, non soltanto il cittadino nazionale in senso classico, ma tutti i cittadini effettivi che vivono in Italia e de facto appartengono, al di là della cittadinanza giuridica, al nostro sistema sociale. Dal punto di vista normativo, serve finalmente prevedere che i figli degli immigrati possano acquisire la cittadinanza italiana in periodi accettabili e certi e che, prima o poi, si pervenga anche al diritto di voto per gli immigrati di lungo periodo.

Dove possiamo acquistare il Rapporto? 

Il volume può essere acquistato dal sito del Centro Studi e Ricerche Idos www.dossierimmigrazione.it, sia nella versione cartacea che in quella elettronica (anche per singoli capitoli). Accanto a questa possibilità, vi sono poi le presentazioni che facciamo durante l’anno, insieme alle strutture che ce lo propongono, in occasione delle quali, grazie al sostegno finanziario assicurato dall’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, il Rapporto viene distribuito gratuitamente  a tutto il pubblico presente. Invitiamo, anzi, le associazioni, le scuole, le strutture pubbliche o private interessate, a proporci di co-organizzare piccole presentazioni territoriali in cui potersi confrontare, perché solo conoscendo meglio l’immigrazione e gli immigrati che vivono con noi è possibile diffondere una diversa visione delle migrazioni e della convivenza interculturale.

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