Avere figli per il 63% delle donne è un blocco alla carriera

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La scelta delle donne in Italia è tra famiglia e carriera, il dislivello nell’uguaglianza sociale è sempre più alto

L’Italia al quattordicesimo posto tra gli stati europei

Quattordicesimo posto. Così si classifica l’Italia in merito alla parità di genere tra gli stati dell’Unione Europea.

Quattordicesimo posto per uno stato che tanto si dichiara avanzato e moderno, ma con un mucchio di polvere nascosta sotto al tappeto che diventa sempre più alta e che ci ricorda ogni giorno quanto questo paese non sia così evoluto come vuole farci credere.

Questo quattordicesimo posto è stato causato da una serie di numeri negativi raggiunti nel corso del 2021: le donne ceo sono diminuite di un punto percentuale, attestandosi al 3%, già il 4% era infinitesimale, nel dubbio questo punteggio è addirittura peggiorato.

Sul fronte natalità la situazione è a dir poco drammatica: -1,3% di nascite registrate nel 2021 rispetto all’anno prima. 

Freeda intervista donne della sua community per provare a rispondere a queste domande

Per provare a rispondere un po’ ai vari perché di questi fenomeni – o almeno iniziare a rispondere a qualcuno di questi quesiti – Freeda, comunità online tra le più seguite in Italia per i suoi contenuti femministi e con finalità divulgative su salute femminile, diritti e movimenti civili, ha intervistato la sua community, composta per la maggioranza da donne tra i 25 e i 34 anni, sul tema di lavoro e maternità, se è possibile trovare una conciliazione o come loro stesse risolvono questo mistero delle madri che vorrebbero lavorare e delle lavoratrici che vorrebbero mettere su famiglia.

Oltre all’Italia, l’indagine ha riguardato anche Regno Unito, Spagna e America Latina: gli altri Paesi dove Freeda è più attiva e seguita. 

O sei una lavoratrice o sei madre, non puoi essere entrambe

Questo studio è merito dell’idea di Silvia Sciorilli Borrelli, corrispondente a Milano per il Financial Times e autrice del libro “L’età del cambiamento. Come ridiventare un Paese per giovani”, in questo sui libro lei stessa ha cercato di capire le ragioni per l’estremamente bassa natalità. 

Il 77% del campione coinvolto ritiene che la società non è creata per concepire una donna madre e lavoratrice: deve per forza scegliere tra carriera e famiglia (stessa scelta a cui, ricordiamolo, gli uomini non devono sottostare), come se non bastasse, il 64% dello stesso campione ritiene che avere un figlio da giovani sia un rallentamento e un ostacolo per la carriera e il relativo guadagno – fondamentale visto il costo proibitivo di un figlio in Italia – e il 59% ha paura di comunicare la gravidanza ai propri superiori proprio per timore di subire delle ritorsioni – come il mobbing – al solo scopo di mandarla via o, nei casi di contratti “ballerini” o soggetti a rinnovo, di perdere il lavoro senza nemmeno essere avvisate e ne hanno ben motivo di avere paura, visto che al 42% delle intervistate è stato chiesto durante almeno un colloquio di lavoro se intendessero avere figli, sposarsi o comunque informazioni di natura strettamente personale, domande che, ricordiamolo, non sono solo immorali, sono proprio illegali.

Ma cos’è la legge quando devi scegliere se assumere una donna competente che potrebbe o non potrebbe rimanere a casa o assumere un uomo?

«La politica del congedo parentale condiviso rappresenta una modalità efficace per superare lo stereotipo culturale che demanda alle donne la cura della famiglia e dei figli, a discapito dello sviluppo professionale – commenta Andrea Scotti Calderini, ceo e co-fondatore di Freeda- ascoltando la nostra community, principalmente composta da giovani della Generazione Z e Millennial, si evince preoccupazione attorno al tema della maternità e alla possibilità che possa rappresentare per le donne un “gradino rotto”, ossia un momento di svantaggio competitivo rispetto ai colleghi. È necessario che imprese e politica lavorino insieme per promuovere un nuovo approccio a favore dell’inclusione e della parità di genere. A questo proposito, i nuovi media hanno una grande responsabilità per sensibilizzare e stimolare un cambio di passo».

«Il sondaggio conferma quello che a livello aneddotico sappiamo tutti: in Italia fare figli e anche carriera non conviene, oppure, semplicemente, non è possibile – ha dichiarato Silvia Sciorilli Borrelli – occorrono riforme e misure a supporto delle famiglie, ma il cambiamento più urgente riguarda la percezione della genitorialità e deve essere prima di tutto culturale».

Il congedo parentale come strumento di uguaglianza sociale

L’82% delle donne intervistate in Italia sostiene che il congedo obbligatorio parentale per il padre potrebbe aiutare a conciliare lavoro e famiglia anche per loro, permettendo loro di godersi la vita in famiglia e allo stesso tempo di contribuire in modo più equo all’interno della coppia e permetterebbe una suddivisione più equa delle responsabilità genitoriali. 

Durante il sondaggio, è stato chiesto alle donne intervistate se volessero dei figli, anche in futuro e il 69% del campione ha risposto positivamente, il 76% di questi sì veniva dalle donne italiane. 

I motivi per il no sono diverse e complesse, una delle più preoccupanti è che il 49% ha rispondo di no proprio per i rischi per la loro carriera.

Tra le mamme, il 21% ha dovuto smettere di allattare a causa del lavoro, mentre il 53% ha continuato fino a quando non ha deciso liberamente di smettere.

Obiettori, egoismo e aborto: non fare figli non è una questione privata

In Italia non è possibile fare bambini, non lo è emotivamente, economicamente, socialmente, fisicamente e non basterà rendere illegale l’aborto (grazie, America) o continuare a ostacolarlo con obiettori di coscienza (grazie, Italia) per aumentare la natalità.

Questa situazione non cambierà finché gli stipendi non si adegueranno all’inflazione ridando un po’ di potere economico alle persone, ma per farlo occorre (anche) limitare le tasse che i datori di lavoro devono pagare per un dipendente, così che a parità di prezzo per l’imprenditore, il lavoratore si trovi però più soldi in busta paga e possa avere il famoso surplus da dedicare a un bambino (non solo con il minimo necessario, ma con tutto ciò che una famiglia deve fornire per far vivere il proprio figlio al meglio). 

Occorre una politica più severa nei confronti delle discriminazioni sul lavoro sia in fase di assunzione, che durante la maternità e in generale sempre, che un datore di lavoro chieda a una ragazza, una donna se intende avere figli è inaccettabile, ricordiamo ancora lo scandalo Elisabetta Franchi che aveva ammesso che le donne che assume per posizioni dirigenziali nella sua azienda siano solo donne over 40, donne che non faranno una famiglia e che sono disponibili 24/24, 7/7, degli automi insomma e gli automi non hanno tempo per una famiglia.

I giovani vengono spesso accusati di egoismo quando dicono – spesso rivelano, consapevoli delle parole che verranno loro dette – che non vogliono avere figli, mancanza di desiderio di sacrificio, voglia di divertirsi, di buttare i soldi, ma è proprio così?

Un italiano medio come può crearsi una famiglia?

Probabilmente per alcuni è così, ma proviamo un attimo a pensare a un giovane italiano e mettiamoci qualche cifra spannometrica che però può aiutare il paragone: 30 anni, lavori da molto poco dopo una vita passata a studiare per trovare lo stesso lavoro che tuo nonno faceva senza laurea e con una paga il doppio della tua che aveva il quadruplo del potere d’acquisto, lui a 20 anni aveva i soldi per l’anticipo del mutuo, tu a 30 è tanto se puoi mettere la caparra della casa ipercostosa in cui stai andando a vivere rigorosamente in affitto con altri 3 o 4 estranei. 

Sei giovane, ma non così tanto e non hai mai avuto modo in vita tua di fare nulla, sia perché studiavi, sia perché non avevi soldi. È perfettamente normale provare a godersi qualche anno davanti, soprattutto se sei consapevole che il tuo stipendio, magari sufficiente a far vivere te con alcune (o parecchie) rinunce, non potrà mai essere sufficiente nemmeno per comprare una casa, figurati per crescere un bambino, sei lontano da casa, lontano da amici e parenti che potrebbero aiutarti, lontano dai tuoi genitori, da zii e cugini coi figli, saresti solo tu, forse avresti un’altra persona al tuo fianco, e poi il bambino, un bambino che richiede (giustamente) una quantità smisurata di tempo, attenzioni e denaro. E un figlio solo a testa significherebbe comunque un calo demografico, per una crescita 0 ne servirebbero due a testa, quindi per crescere (cosa che lo stato si auspica, c’è bisogno di qualcuno che paghi le pensioni?) demograficamente servono tre figli.

Tre. 

Vi immaginate crescere tre figli in un contesto lavorativo e familiare come quello sopracitato?

Quello sarebbe il vero egoismo: fare figli che non puoi mantenere. 

Volete che le persone (non solo le donne, ricordiamolo: i figli si fanno in due) abbiano bambini? Mettete loro nelle condizioni di farlo, tutti, non solo gli uomini, perché se un uomo non rischierà mai il licenziamento ma sua moglie sì, anche lui uomo non diventerà padre, il problema è di tutti, non solo delle donne.

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