Strategia indo-pacifica statunitense, accordo con la Cina nell’ambito delle nuove vie della seta, intese con la Russia nel settore energetico
Jakarta si prepara a ospitare il G20, tra fragili equilibri e pressioni esterne
Washington mira all’Impero del Centro
Per gli Stati uniti, la visione strategica dell’Indo-pacifico, con l’obiettivo di contenere l’espansionismo economico e geostrategico cinese, passa anche per Indonesia e Tailandia, dove il segretario di Stato Antony Blinken si recherà in visita dal 7 luglio in poi. Anzitutto, a Bali, dove parteciperà all’incontro tra i capi della diplomazia del G20 e, a margine, incontrerà il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il suo omologo indonesiano Retno Marsudi. In preparazione del vertice delle prime venti economie mondiali, previsto per il prossimo novembre, secondo il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Blinken tenterà di rafforzare la cooperazione con gli alleati, per affrontare le sfide globali, come la sicurezza alimentare ed energetica e la «minaccia russa» all’ordine mondiale. Quindi, volerà a Bangkok, dove è atteso per un colloquio con il suo omologo tailandese, con il primo ministro e con il vice primo ministro, per discutere del prossimo vertice della Asia-Pacific Economic Cooperation, che si terrà nel 2023 in Tailandia, e della situazione in Myanmar dopo il colpo di Stato del febbraio 2021. Frattanto, gli Usa attendono gli esiti del prossimo vertice del Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, fissata per settembre, in Uzbekistan, dove Russia e Cina delineano la loro politica asiatica. La Tailandia, infatti, potrebbe essere un attore chiave per il controllo indiretto del Myanmar, parte dell’area di profondità strategica cinese. L’Indonesia, invece, è un tassello fondamentale per la cintura marittima dell’Impero del Centro, a sua volta essenziale nell’iniziativa delle nuove vie della seta.
La «cultura» del dialogo
Al punto che, il 4 luglio, il China’s Silk Road Fund (Srf) ha firmato un accordo con la Indonesia Investment Authority (Ina), per investire 20 miliardi di yuan, ossia 2,99 miliardi di dollari, nel fondo sovrano indonesiano. L’Ina, peraltro, lanciata nel 2021, cerca di attrarre investitori stranieri per finanziare lo sviluppo economico di Jakarta, siglando accordi con i fondi pensionistici di Canada e Paesi bassi e con l’Autorità per gli investimenti di Abu Dhabi, che ha messo sul piatto 10 miliardi di dollari. Lo stesso interesse, secondo Jakarta, è stato espresso dalla International Development Finance Corporation statunitense e dalla Japan Bank for International Cooperation. D’altra parte, all’incontro di Bali tra i ministri degli esteri del G20, parteciperà anche il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov, mentre ha suscitato qualche irritazione l’invito mandato dal presidente indonesiano Joko Widodo al suo omologo russo Vladimir Putin per il vertice di novembre, cui prenderà parte anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Del resto, per Jakarta, secondo paese al mondo per le importazioni di grano, il conflitto ucraino rappresenta un rischio per la sicurezza alimentare. Queste le motivazioni delle visite diplomatiche di Widodo a Kiev e Mosca, dove si è proposto come mediatore e ha ricevuto da Putin garanzie sulle esportazioni di grano ucraino e di fertilizzanti russi. Inoltre, gli incontri con Zelensky e Putin fanno parte della cosiddetta «via asiatica», di cui ha parlato il ministro della Difesa indonesiano Prabowo Subianto nel suo intervento all’incontro per lo Shangri-La Dialogue, organizzato ogni anno a Singapore dall’International Institute for Strategic Studies britannico. Subianto ha dichiarato infatti che la «via asiatica» è radicata nella «cultura» di ricorrere ai negoziati, alle interazioni, come strumento per risolvere i conflitti nell’interesse comune e in modo vantaggioso per tutte le parti coinvolte.
Il nodo russo
Con la Russia, d’altronde, l’Indonesia ha storiche relazioni sin dal 1945 e, come l’India, da Mosca importa non solo fertilizzanti, ma anche armi. Parimenti, agli inizi di luglio, nonostante l’intenzione delle cancellerie euroatlantiche di indurre Putin al cessate il fuoco mediante l’isolamento economico e finanziario internazionale, Jakarta ha siglato con Mosca importanti accordi per diversi progetti, tra i quali una raffineria di petrolio a Tuban, nella provincia di Giava orientale, per la cui realizzazione è stato stimato un costo di 22 miliardi di dollari. Il progetto è della joint-venture Pertamina Rosnef Pengolahan dan Petrokimia, formato dalle due rispettive compagnie di stato, l’indonesiana Pertamina e la russa Rosneft. La produzione dovrebbe essere di 229 mila barili al giorno di benzina, diesel e cherosene, che dovrebbero ridurre la dipendenza di Jakarta dalle importazioni, in un periodo di insicurezza energetica globale, che si riflette nei cospicui rincari. Per Widodo, dunque, gli equilibri geopolitici globali contano per i loro riflessi sull’economia, sulle condizioni sociali e, di conseguenza, sulla stabilità interna del paese. Pertanto, le minacce di Stati Uniti, Australia e Giappone di boicottare il G20 se Putin sarà presente, o le possibili reazioni di Washington all’investimento di Pechino nel fondo sovrano indonesiano, rappresentano per Jakarta un rischio che va oltre la geopolitica. La reintegrazione nel mercato globale di generi alimentari e fertilizzanti provenienti da Mosca e Kiev, infatti, comporterebbe una riduzione dei prezzi, mentre, più in generale, la stabilità geostrategica globale rappresenta un terreno fertile per un’economia emergente come quella indonesiana (Jakarta è anche membro del G7). Come l’India, dunque, benché su scala minore, l’Indonesia cerca un proprio ruolo nella ridefinizione degli equilibri mondiali, ma non tanto per conquistare posizioni di comando, quanto per proteggersi dalle sue ripercussioni economiche. La stessa ragione che è alla base dell’accordo sul libero scambio tra Indonesia ed Emirati arabi uniti (Eau), siglato il 1 luglio.