L’accordo della Turchia con Finlandia e Svezia dà il via libera all’invasione del Rojava
L’accordo consente l’invio di armi alla Turchia e l’estradizione dei curdi esiliati nei Paesi scandinavi. Intanto prosegue la guerra dei turchi contro il Kurdistan, che si aspetta un’invasione su vasta scala. Il campo profughi di Makhmour è stato nuovamente bombardato da droni turchi nel silenzio dell’UNHCR, agenzia ONU per i rifugiati. Ad Ankara si è svolto il congresso dell’HDP, il Partito Democratico dei Popoli, principale oppositore del partito di Erdogan, per cui potrebbe essere messo al bando. La campagna Rise Up For Rojava lancia un appello internazionale alla mobilitazione, nel decimo anniversario della rivoluzione curda a Kobane
Lo Stato turco ha siglato un memorandum con Finlandia e Svezia con la mediazione del segretario generale della NATO. Un’accordo che ha incontrato una diffusa condanna e opposizione in Kurdistan e in Europa, in cui, tra le altre cose, impegna Svezia e Finlandia a ricominciare a fornire armamenti alla Turchia facendo cadere il blocco imposto nel 2019. In un momento storico in cui il Rojava subisce pesanti attacchi e si prepara ad una nuova invasione su larga scala, e mentre è in corso una campagna internazionale per la rimozione del PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche che ha raggiunto milioni di firme ed è supportata da diverse sentenze della Corte Europea, il documento riafferma la visione dei 2 paesi e indirettamente della NATO, secondo cui il partito sarebbe giustamente nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il PKK è il Partito dei Lavoratori del Kurdistan fondato dal leader Abdullah Öcalan, detenuto in una prigione di massima sicurezza nell’isola di Imrali dal 1999. Il presidente turco Erdogan ha chiesto ai due Paesi scandinavi l’estradizione di numerosi curdi in esilio. Nella lista figurano curdi, turchi, giornalisti, intellettuali di sinistra, islamisti e il poeta curdo Mehmed Sirac Bilgin, nonostante sia morto nel 2015 a 71 anni. Sono tutti accusati di essere membri di PKK o seguaci dell’imam Fethullah Gulen, ex alleato dell’Akp, il partito della Giustizia e dello Sviluppo fondato da Erdogan.
La Turchia prosegue con le persecuzioni
Intanto la Turchia prosegue con arresti e condanne politiche e arbitrarie. Un tribunale turco a Diyarbakır ha condannato il fotoreporter Abdurrahman Gök a 18 mesi e 22 giorni di carcere per propaganda terroristica. Gök aveva fotografato nel 2017 il momento in cui la polizia turca uccideva a colpi di pistola alle spalle un ragazzo curdo durante il Newroz, il capodanno zoroastriano celebrato da molte religioni e anche dai curdi. Le fotografie di Gök furono usate per smontare la falsa dichiarazione della polizia secondo cui il ragazzo fosse un attentatore suicida. A causa di questo la polizia lo ha arrestato assieme a tre collaboratori e accusato di essere membro del PKK. Inoltre, 29 anni fa, 35 persone, per lo più di fede alevita, furono uccise in un pogrom nazionalista islamista al Madımak Hotel di Sivas in Turchia durante un festival culturale tenuto in onore del poeta popolare alevita Pir Sultan Abdal. La folla, con il pretesto tra gli altri della presenza del dichiarato ateo e noto scrittore Aziz Nesin, bloccò le uscite e appiccò fuoco all’hotel. Nonostante siano stati allertati polizia, militari e vigili del fuoco intervennero diverse ore dopo mentre gli eventi venivano mostrati in diretta sulla TV nazionale. Solo alcuni dei responsabili sono stati perseguiti, molti vivono come richiedenti asilo in Germania. Il procedimento penale è stato ritardato e infine mandato in prescrizione. In uno dei processi il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha descritto la prescrizione come un “evento gioioso per il popolo” e nel 2020 ha graziato uno dei principali colpevoli. Infine, il campo profughi di Makhmour, che ospita circa 12.000 curdi fuggiti dalla repressione dello stato turco negli anni 90′, è stato nuovamente bombardato da droni turchi, per distruggere il modello del confederalismo democratico che si è creato. Il campo profughi di Makhmour è riconosciuto e sotto formale responsabilità dell’UNHCR, agenzia ONU per i rifugiati, che fino ad ora non ha mai commentato i continui bombardamenti sul campo che costituiscono un crimine di guerra.
Il congresso dell’HDP
Ad Ankara si è intanto svolto il 5° Congresso Ordinario dell’HDP, il Partito Democratico dei Popoli che unisce forze filo curde e forze di sinistra della Turchia. Il Congresso ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone da tutta la Turchia e dal Kurdistan. I delegati e le delegate al congresso hanno ribadito la volontà di continuare la battaglia politica contro il regime di Erdogan, nonostante la repressione che ha portato all’arresto di migliaia di militanti del partito, inclusi sindaci eletti, deputati e i due Ex Co-Presidenti del partito Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Il congresso ha visto un’ampia partecipazione anche di partiti e organizzazioni di sinistra da tutto il mondo. In questo contesto si è anche tenuto un incontro separato tra donne del Medio Oriente e nord Africa presenti al congresso. Dopo l’elezione, tenutasi al termine del congresso, Pervin Buldan e Mithat Sancar sono stati rieletti all’unanimità come co-presidenti del partito insieme a una nuova Assemblea del Partito. Potrebbe essere, tuttavia, l’ultimo congresso del Partito Democratico dei Popoli. Dopo le incarcerazioni di leader e militanti – oltre 4 mila si trovano attualmente in prigione, oltre a 40 deputati e i co-presidenti Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag – l’HDP potrebbe essere messo al bando dalla Corte Costituzionale, essendo il principale partito di opposizione al governo AKP-MHP di Erdogan. Non sarebbe la prima volta nella storia politica delle organizzazioni politiche e sindacali filo-curde in Turchia: dal 1991 in avanti, sono stati circa 6 i partiti costruiti dalle forze politiche curde per estendere la lotta di liberazione e democratizzazione del Paese anche nell’ambito della rappresentanza e delle istituzioni. Partiti e organizzazioni che sono stati puntualmente repressi e dichiarati illegali, quasi sempre con l’accusa di essere “fiancheggiatori di terroristi”. Ora, la repressione sistematica che dal 2015, anno non solo della vittoria di Kobane, ma anche della proclamazione dell’autonomia democratica in molte città curdo-turche e del successo elettorale dell’HDP, può giungere alla definitiva messa fuorilegge del partito e delle sue organizzazioni collegate, forte anche del memorandum d’intesa tra il governo turco e quelli di Finlandia e Svezia per il loro ingresso nella NATO, che comprende la legittimazione de facto e dei iure delle politiche autoritarie dell’AKP in patria e all’estero, sia in Medio Oriente, dove è in corso la mobilitazione delle milizie jihadiste in Siria, ma anche in Europa, con le estradizioni promesse dai paesi scandinavi.
L’appello a una mobilitazione internazionale
RiseUp4Rojava, rete internazionale che sostiene la rivoluzione curda, ha lanciato una mobilitazione globale per il 19 luglio, giorno in cui dieci anni fa la popolazione di Kobane ha dato inizio alla rivoluzione e all’autogoverno, per contrastare la minaccia dell’invasione turca che è sempre più pressante. Il messaggio, che arriva direttamente dalla Siria del Nord-Est, recita così:
“A tutte le reti di Rise up for Rojava, a tutti gli amici della rivoluzione e a tutti i compagni e le compagne che combattono contro il fascismo. Il 7 luglio 2022, l’amministrazione autonoma ha dichiarato lo stato generale di emergenza per tutte le regioni del nord est della Siria. Nelle ultime settimane gli attacchi dello stato turco su tutti i fronti del Rojava, bombardamenti massicci sia aerei sia di artiglieria, sono intensamente aumentati. Allo stesso tempo quotidianamente militanti e civili vengono presi di mira e uccisi dai droni. Dopo l’ultimo incontro NATO a Madrid è diventato chiaro come la NATO e i suoi attori principali: USA, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia hanno dato il via libera alla Turchia per una nuova invasione del Rojava- Siria del nord. Al momento la situazione sta diventando quotidianamente più critica, i mercenari turchi sono mobilizzati al confine, armi pesanti vengono portate al confine e grandi convogli militari sono stati mandati nella regione. Non possiamo dire esattamente quando ci sarà un’escalation della situazione, ma una cosa è chiara, l’escalation è imminente. Dobbiamo capire cosa significa ciò. In pochi giorni celebreremo il decimo anniversario della rivoluzione.
Dieci anni fa, il 19/07/2012, il popolo di Kobane ha preso il proprio destino in mano, liberato il proprio territorio e ha dato il via alla rivoluzione del Rojava. Da allora il popolo del Rojava, nelle più difficili condizioni e con enormi sacrifici, ha costruito la propria vita e il proprio territorio a mani nude. Questa rivoluzione ha generato una ripresa dell’internazionalismo nel 21esimo secolo e ha creato una realtà di lotta che è ispirazione per noi tutti. Tutti i successi degli ultimi dieci anni sono a rischio in questo momento. Una nuova invasione della Turchia in Rojava significherà o la fine del progetto socialista del Rojava o diventerà il motivo del collasso del fascismo turco. La regione qui cadrà in un’era buia oppure il sole della libertà splenderà alto nel cielo e brillerà di speranza nell’orizzonte verso le quattro direzioni del mondo. Per questa ragione facciamo appello a tutti perché capiscano la gravità della situazione e perché si preparino di conseguenza. Mandate la vostra solidarietà al Rojava il 19 luglio, preparatevi per il giorno X, costruite iniziative locali di rise up for Rojava e siate voi stessi creativi. Insieme ci alziamo contro la NATO, insieme distruggeremo il fascismo turco, insieme difenderemo la rivoluzione e insieme lotteremo per il Rojava. Vi diciamo serkeftin e vi mandiamo i nostri saluti rivoluzionari e il nostro rispetto dal Rojava”.